
Logoterapia: la Teoria Esistenzialista Di Viktor E. Frankl
Tra autotrascendenza e senso della vita
Viktor E. Frankl, padre dell’esistenzialismo e della Logoterapia, teorie che poi diedero vita alla Psicologia Umanistica, è stato un filosofo, neurologo e psichiatra austriaco, che nel 1942 fu deportato in un campo di concentramento in cui passò più di tre anni.
Dopo questa durissima esperienza pubblicò un’opera intitolata L’uomo alla ricerca di un senso – Uno psicologo nei lager: testimonianza cruda di un esperto di salute mentale che, di fronte a violenza e privazioni, non ha mai perso il senso della sua vita.
Questo libro spiega proprio perché è importante trovare un senso.
Frankl racconta infatti che in quegli anni, gli uomini che riuscivano a sopravvivere tendenzialmente erano quelli che avevano uno scopo da realizzare fuori dal contesto infernale in cui si trovavano.
Il senso della vita non è universale e uguale per tutti; ognuno di noi ha la possibilità di trovarne uno: il motivo per continuare ad andare avanti.
Ciò che ha spinto Frankl a creare la logoterapia è proprio la pietà per le vittime del cinismo che hanno perso il senso della loro vita a causa delle tendenze disumanizzanti e spersonalizzanti che dilagavano nell’Europa del dopoguerra.
Nel 1991, nel giornale britannico Times, fu chiesto ai lettori quale fosse per loro un libro che aveva fatto davvero la differenza.
Tra i primi 10 si posizionò “Man’s search for meaning” (titolo inglese del libro citato nelle righe precedenti).
Excursus storico sul “senso della vita”
Già Platone, nella sua Opera “Apologia di Socrate” sostenne che “una vita senza ricerche non è degna per l’uomo di essere vissuta“.
Dunque il tema della ricerca di un senso ha origini molto antiche.
Successivamente, Freud teorizzò che invece è sintomo di malattia interrogarsi sul significato e sul valore della vita poiché entrambe le cose oggettivamente non esistono e la loro ricerca è solo la manifestazione di una libido insoddisfatta che ha condotto alla tristezza e alla depressione.
Il filosofo Kierkegaard, in “Aut-Aut” scrive poi che trovare il senso della vita nel godimento vuol dire sottoporre la propria vita ad una condizione esterna dall’individuo che ha poi effetto interno, ma non può essere il vero scopo in quanto non appartiene per natura all’individuo.
Perciò il senso della vita non può essere limitato alla mera ricerca del piacere.
Miguel Benasayag e Gérard Schmit, entrambi psichiatri, con “L’epoca delle passioni tristi” affrontano il tema del dibattito tra nichilismo ed esistenzialismo.
Secondo gli autori, la scienza si pone come la disciplina in grado di rispondere alla domanda sul senso della vita.
L’uomo viene sedotto e abbandonato: crede a questa promessa della scienza ma in realtà questa sicurezza non esiste.
E la scienza si difende dicendo che non può spiegare tutto.
Per questo l’uomo si trova in preda alle passioni tristi.
E a questo punto subentra l’esistenzialismo: bisogna imparare a convivere con l’angoscia esistenziale e la precarietà, solo in questo modo può essere raggiunta la felicità.
Anche Jung parla nella sua teoria di senso della vita con il concetto di Sé Archetipo: il mio sé che cammina verso il Sé Archetipo rappresenta l’ultimo passo del processo evolutivo dell’uomo.
Adler, maestro di Frankl, concettualizza il piano di vita ipotizzando che il senso della vita si trovi nella tensione propria dell’individuo all’affermazione di sé (in relazione al complesso di inferiorità) e al senso del Noi (contro l’individualismo).
Infine, Yalom, altro autore molto celebre, sostiene che siamo creature in cerca perenne di significato in un universo che non ha significato (qui la grande differenza con Frankl che ritiene invece che sia proprio l’universo a possedere molteplici significati).
Per evitare il nichilismo, gli individui si inventano un progetto che dia significato alla vita e poi dimenticano quest’atto di invenzione e si convincono di non aver inventato, bensì scoperto il progetto che dà significato alla vita.
Arriviamo quindi a Viktor Frankl che sostiene fermamente che l’uomo sia strutturato in maniera tale che non possa sopravvivere senza un senso, in “In principio era il senso. Dalla psicoanalisi alla “logoterapia”.
Qual è, dunque, il vero senso della vita?
Secondo Frankl, la domanda “qual è il senso della mia vita?” è riduzionistica, sarebbe più opportuno chiedersi “cosa la vita chiede a me in questa particolare situazione?“.
Dunque, il senso della vita è la ricerca stessa, poiché la focalizzazione non è sulla meta, ma sulla strada.
Bisogna dire “sì” alla vita nonostante tutto, perché la vita ha sempre un senso, anche nel dolore.
Avere un senso di autotrascendenza, infatti, vuol dire anche questo: riuscire ad integrare la sofferenza ineliminabile nella nostra concezione del vivere.
Dunque non conta la sofferenza in sé, ma l’atteggiamento che ognuno di noi assume davanti alla sofferenza in base al senso della propria vita.
La differenza tra senso e significato
“Senso” e “significato” spesso sono visti come sinonimi, ma soprattutto nell’ottica di questa teoria hanno accezioni diverse che sono importanti da precisare.
La persona «scopre» un significato (decisione / valore) in ogni singolo evento alla luce di un senso della propria vita (scopo / opzione fondamentale).
Tale dinamica opera nella persona una progressiva autoconfigurazione.
Il senso infatti può essere visto come un sovra-significato poiché è unico mentre i significati sono molteplici.
Per Frankl, i «valori» non sono altro che significati individuali convergenti nel tempo e nello spazio che, pertanto, assurgono a «significati universali».
In tal senso, l’approccio frankliano evidenzia il ruolo della tradizione come condensato della saggezza dell’umanità che, non in maniera deterministica o costringente, me con libertà e responsabilità può rappresentare un supporto ai processi decisionali della persona (che tra l’altro ha il significato di «soggetto in relazione con altri e altro da sé»).
Eugenio Fittozzi, colui che ha portato la Logoterapia in Italia, sostiene che l’uomo è in una condizione di ricerca perenne del senso della propria vita, e potrà realizzare pienamente sé e le proprie potenzialità, la pace e la gioia nonostante le inevitabili sofferenze di cui parlavo prima arrivando all’autotrascendenza.
In terapia, l’approccio Frankliano logoterapico è molto diffuso in Europa, si basa sulla concezione dell’uomo che ho descritto nelle righe precedenti e punta a portare il paziente verso la scoperta del senso della propria vita e l’autotrascendenza.
Per concludere, secondo Frankl, l’uomo non è più solo istinti, controllo o ricerca di prestigio, ma una creatura che cerca un significato.
Come persona (spirituale) non è né determinata dalla psicodinamica di Freud, né dalla sola capacità di apprendere di Adler, bensì da libertà, responsabilità e caratterizzato da una innata “volontà di significato“.
La volontà di significato è la primaria forza motivazionale umana.
Bibliografia
BENASAYAG, M., SCHMIT, G. (2014). L’epoca delle passioni tristi. Roma: Feltrinelli.
FIZZOTTI, E. (2002). Logoterapia per tutti. Roma: Rubbettino.
FRANKL, V. (1995). In principio era il senso. Dalla psicoanalisi alla logoterapia (a cura di E. Fizzotti). Brescia: Queriniana.
FRANKL, V. (2017). L’uomo in cerca di senso. Uno psicologo nei lager e altri scritti inediti. Milano: Franco Angeli.
KIERKEGAARD, S. (2016). Aut-aut (a cura di R. Cantoni). Roma: Mondadori.
PLATONE (2007). Apologia di Socrate. Poeti e scrittori della letteratura greca (a cura di L. Suardi). Milano: Principato.
Dott.ssa Beatrice Visco
Dott.ssa in Psicologia Clinica e di Comunità
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