Lavorare a maglia e uncinetto: un’arte come antidoto contro lo stress
Ritrovare la concentrazione con un gomitolo
Negli anni del grande consumismo, nell’era di Amazon, dove tutto ciò che si vuole comprare lo si ottiene in un giorno di spedizione, c’è ancora un angolino di mondo che si dedica con pazienza alla creazione di capi fatti a mano, con ferri o uncinetto.
L’origine storica e geografica del lavoro a maglia si fonde con numerose leggende, ma una cosa è certa: da quando l’uomo ha iniziato ad usare le mani per intrecciare fili, da allora è stata posta idealmente la “prima pietra” di un’arte destinata a evolversi e crescere sempre di più nei secoli.
Camminando nel Museo dell’Acropoli di Atene, ci si imbatte in una statua in marmo del IV secolo a.c. di una giovane donna (Kore n. 670) che indossa un maglione simile a quello che potremmo indossare nei nostri giorni.
Se ciò che spingeva gli uomini a tessere abiti e coperte già nell’era Preistorica era soprattutto la necessità, oggi, cosa ci spinge ancora a creare?
Il lavoro a maglia come nuova forma di meditazione
Betsan Corkhill, psicoterapeuta specializzata in neurofisiologia, autrice del libro “Knit for Health & Wellness-How to Knit a Flexible Mind and More“1, nel 2005 inventa “Stitchlinks“, un punto di raccolta di informazioni sugli effetti terapeutici del lavoro ai ferri.
Grazie a questa idea pionieristica, la Corkhill ha incoraggiato ad usare questo approccio in molti campi, dalla psicoterapia alla clinica.
Nel suo libro, trovate diversi punti chiave che riassumono il potere benefico del lavoro a maglia: il movimento delle mani, che “impegnano” il nostro cervello durante l’esecuzione e lo distraggono dal resto; le gestualità ripetitive, che possono aiutare i soggetti particolarmente stressati o affetti da disturbo post-traumatico e, soprattutto, che promuovono un maggiore rilascio di serotonina, l’ormone della felicità, che regolarizza l’umore e riduce l’ansia.
Fa inoltre bene ai sensi, continua l’autrice: siamo immersi visivamente in una cascata di colori, di sensazioni tattili, che inviano feedback al nostro cervello.
Nei mesi dell’inizio della pandemia di COVID-19, unito ad un allarmante aumento di disturbi psichici nella popolazione mondiale già nei precedenti anni, è stato lanciato un sondaggio online su diversi social media in cui le persone che hanno partecipato, prevalentemente donne, hanno riportato che lavorare ai ferri o all’uncinetto migliorava lo stato di benessere pisco-fisico in situazioni di dolore cronico e stress2.
In molti tendono a paragonare i ferri o l’uncinetto alla meditazione.
La frase dei moderni knitters sul web è infatti: “Knitting is the new yoga“.
Ma, mentre la pratica Yoga è oggetto di attenzioni da parte della comunità scientifica già dagli anni ’70, fino a studi recenti3, la comprensione dei meccanismi neuronali coinvolti nella pratica del lavoro a maglia e dei suoi possibili effetti sul cervello sono ancora un campo inesplorato.
Knitting: da “hobby” casalingo a possibile trattamento riabilitativo?
Chi crede che il “knitting” possa davvero essere una “cura per l’anima” e per il fisico e vuole portare ad un livello più alto queste conoscenze è l’associazione “Gomitolorosa“, nata nel 2012 dal Dott. Alberto Costa, che, tra le numerose attività di solidarietà, attenzione al benessere e ambiente, promuove il lavoro a maglia tra i pazienti ricoverati negli ospedali, soprattutto oncologici, per aiutarli nel loro complesso percorso.
Il progetto si chiama: “Correlati Neurologici del lavoro a maglia” ed è stato affidato ad un team di ricercatori della Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano4.
Questo studio ha come obiettivo identificare l’influenza del lavoro manuale ai ferri e uncinetto sui ritmi prodotti a livello della corteccia cerebrale, sede di immagazzinamento ed elaborazione di tutti gli input sensoriali, motori e percettivi.
In questo modo, 40 volontari di entrambi i sessi verranno sottoposti a magneto/elettroencefalogramma, utilizzato per registrare i cambiamenti dell’attività magnetica ed elettrica corticale, prima e dopo l’attività manuale.
L’ambizione più grande per chi si occupa di questo studio?
Probabilmente il poter utilizzare questo hobby come una sorta di riabilitazione, fisica e mentale.
Ultimo vantaggio, non meno importante, che sottolinea la Corkhill nel suo libro: è un hobby “portatile“.
Ovunque voi siate, in treno, al mare o su una panchina al parco, vi bastano due ferri (o uno solo), un gomitolo e tanta voglia di creare.
Buona divertimento a tutti.
Bibliografia
1- Knit for Health & Wellness: How to knit a flexible mind & more- Betsan Corkhill, 2014.
2- Burns P, Van Der Meer R. Happy Hookers: findings from an international study exploring the effects of crochet on wellbeing. Perspect Public Health. 2021 May;141(3):149-157.
3- Novaes MM, Palhano-Fontes F, Onias H, Andrade KC, Lobão-Soares B, Arruda-Sanchez T, Kozasa EH, Santaella DF, de Araujo DB. Effects of Yoga Respiratory Practice (Bhastrika pranayama) on Anxiety, Affect, and Brain Functional Connectivity and Activity: A Randomized Controlled Trial. Front Psychiatry. 2020 May 21;11:467.
4- Correlati neurologici del lavoro a maglia; www.gomitolorosa.org.
Giorgia Giansante
Ricercatore post-dottorato
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