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San Valentino e l’amore per sé stessi

Ricorrenza consumistica o opportunità per innamorarci?


Prima di tutto, chi era San Valentino?

Tutti conosciamo e parliamo di San Valentino unicamente per riferirci alla festa degli innamorati, ma in pochi sappiamo chi è davvero e perché è considerato il protettore degli innamorati.

San Valentino è il santo per eccellenza degli innamorati perché fu il primo a unire in matrimonio una donna cristiana ed un soldato romano, nonostante le leggi di quell’epoca lo vietassero. Fu arrestato diverse volte in seguito alla scoperta di tutti i matrimoni segreti celebrati, finché fu decapitato il 14 febbraio 273 d.C. dal legionario Furius Placidus, morendo alla veneranda età di 97 anni.

La festività invece, nacque originariamente il 15 febbraio per celebrare il dio della fertilità Luperco, in cui si praticavano riti poco consoni e immorali rispetto ai sani principi dell’amore cristiano. Proprio per questo, nel 496 d.C., fu papa Gelasio I a sostituire la festa al 14 febbraio, in onore di San Valentino  in quanto protettore degli innamorati.


La festività ai giorni nostri

Dopo questa breve intro culturale, possiamo affermare che San Valentino è la festa per antonomasia degli innamorati, in cui ogni anno migliaia di coppie si ritrovano in preda al panico per scegliere quale regalo possa apprezzare maggiormente la persona amata.

Sembra che si faccia a gara per vedere chi spende di più, chi osa di più e sono sempre meno apprezzati pensieri come una scatola di cioccolatini, una lettera scritta a mano o dei biscotti preparati con le nostre mani, il nostro tempo e il nostro amore.

Dunque, il rischio è di alterare un gesto così semplice e puro in obbligo e stress, attribuendo maggior valore al regalo (denaro) anziché al motivo (sentimento) cadendo nel materialismo. È bello che esista una ricorrenza in cui si celebri l’amore, ma credo si sia persa di vista la vera profondità di questo sentimento e di ogni suo gesto. Pertanto, siamo sicuri di non confondere San Valentino con una festa consumistica  piuttosto che considerarla la festa degli innamorati?


San Valentino non è (solo) per le coppie

Innanzitutto, quando si fa riferimento alla “festa degli innamorati” non è da sottintendere che l’amore sia ricambiato e siamo liberi di essere innamorati di un lui, una lei, perfino del nostro adorato animale domestico, eppure (anche) chi non è impegnato potrebbe considerare questa ricorrenza come una celebrazione per l’amore verso se stessi.

Ma perché questo pensiero è poco comune? Forse perché ci hanno sempre indotto a pensare che chi è solo è una persona sfigata? Forse.

In questi mesi di isolamento, un po’a tutti, è capitato di avvertire quel senso di solitudine che ci ha fatto rendere conto di quanta libertà avevamo a disposizione prima e, per quanto mi riguarda, avere più tempo da trascorrere da sola mi ha fatto riflettere più di quanto già non facessi.

Tuttavia, la solitudine è uno stato d’animo, una condizione e un sentimento ma siamo noi a scegliere in quale forma viverla.


L’amore e la solitudine: un ossimoro?

Ad esempio, ad alcuni individui può capitare di essere emarginati e ritrovarsi soli ed altri che invece ricercano la solitudine per una libertà propria o per esperienze spiacevoli vissute in passato. C’è anche chi ne ha la “fobia” e riempie il proprio tempo di cose da fare o, peggio ancora, di persone con cui non vorrebbe condividere nemmeno l’aria.

Lo so, sembra che io tratti esclusivamente argomenti un po’ “spenti”, ma voglio soltanto esporre e normalizzare delle emozioni che la società di oggi denigra e sottovaluta tanto per pura congettura.

In questo fatidico giorno, ci sono migliaia di persone che vivono con tristezza questa festa, perché sentono di più la mancanza di una persona al proprio fianco, ma non bisogna demoralizzarsi poiché dietro la solitudine si nascondono molti aspetti positivi.

Innanzitutto bisogna considerare che questo stato d’animo riguarda molte persone ma genera emozioni diverse in ognuna di loro. Possiamo riassumere l’elaborazione della solitudine in 3 fasi:

1)    Rifiuto

  • Tristezza
  • Depressione
  • Senso di inutilità

2)   Sperimentazione

  • Resilienza
  • Benessere
  • Spirito di osservazione

3)   Accoglimento

  • Rivalutazione
  • Rinascita
  • Crescita personale

Quindi, se vi trovate ancora alla prima fase, non preoccupatevi; prima o poi capita a tutti di trovarsi soli, che sia per scelta propria oppure degli altri, ma nonostante potrebbe sembrare spiacevole, perché sprecare il proprio tempo vivendosi male questa esperienza?

In tal caso, potrete cogliere l’occasione di imparare ad ascoltare meglio le vostre esigenze, il vostro corpo, la vostra mente e vi ritroverete presto ad essere voi a ritagliarvi intenzionalmente del tempo da trascorrere in solitudine. Ciò vi condurrà ad una serie di riflessioni e quesiti, a cui solo il tempo saprà darvi delle risposte.

Chi sceglie la solitudine come stile di vita perché “meglio soli che male accompagnati” inizia un lungo percorso in salita, guidato dalla voglia di mettere costruttivamente in discussione se stesso.

Personalmente faccio parte di questa categoria di persone. Sono sempre stata una persona solitaria in quanto nonostante io ami la compagnia e la socialità, non ho mai gradito le amicizie a convenienza, le falsità, le invidie, tante parole e pochi fatti e specialmente i finti valori morali. Così, ho iniziato a prendere le distanze da molte persone che ritenevo “tossiche” per me e mi sono resa conto che non era cosi male la mia compagnia, anzi!

La solitudine può portare a forme straordinarie di libertà.
– Fabrizio De Andrè


Imparate a conoscervi

Non accontentatevi di trascorrere il vostro tempo con persone che vi trasmettono sensazioni negative, ma iniziate a migliorare la percezione che avete di voi e la qualità del tempo che trascorrete in solitudine.

Fate tesoro di questa opportunità che servirà a formare e consolidare il carattere. Ciò comporterà un miglioramento anche nelle relazioni sociali; più vi conoscete e meglio vi rapporterete con le persone. Se non state bene in primis con voi stessi, perché pretendere che gli altri stiano bene con voi?

Anche se inizialmente avete accolto con difficoltà questa fase di transizione, il tempo vissuto in solitudine non è mai inutile e perso, anzi vi insegna ad esercitare l’arte della pazienza  ma soprattutto vi aiuta ad avere più amor proprio.


Amarsi è un work in progress

Ricordate che siete voi gli artefici del vostro destino, con la vostra forza e le scelte che decidete di fare.

I progressi che fate, vi fanno rendere conto di ciò che siete, ciò che volete e come ottenerlo, di conseguenza realizzate che tutte le certezze in cui credevate, erano solo illusioni.
Nel momento in cui raggiungete questa consapevolezza personale, non vi accontentate più del tempo di poca qualità che trascorrete con le persone e non sarà difficile smussare alcuni vostri aspetti caratteriali, in quanto state imparando, giorno per giorno, a migliorare e a star meglio con voi stessi.

È sempre in ottima compagnia chi sta bene con se stesso.
– Omar Falworth

Se all’inizio vi è sembrato tutto cosi desolante, è normale; il lavoro più doloroso e difficile da fare è quello su se stessi, ed è proprio da ogni sofferenza che s’impara una lezione.

Quindi disprezzatori della solitudine, non demordete, non affannatevi a cercare persone che colmino il vostro vuoto, le persone arriveranno poi col tempo e con l’esperienza saprete riconoscere chi merita davvero il vostro tempo ma soprattutto la vostra compagnia.

Non accontentatevi, perché non è vero che chi si accontenta gode. Chi si accontenta ha ciò che si merita.


Federica Brancato Autrice de La Mente Pensante   Federica Brancato – Autrice | Email

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