Felici a lavoro: da sogno a realtà
Il potere della scelta
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Ho sempre pensato che il lavoro non fosse solo un dovere, ma anche il luogo in cui esprimere il proprio potenziale, crescere e trarne soddisfazione.
Per molti di noi, me compresa, il lavoro è la fonte di sostentamento, ma non per questo deve essere associato ad emozioni negative e visto solo come fatica, dovere e “tempo sottratto alla nostra vera vita”.
Spesso nella scelta del lavoro teniamo conto solo di parametri relativi al guadagno, cediamo ad aspettative di familiari o alla pressione sociale. In queste condizioni è facile sentirsi schiavi di un lavoro che non amiamo.
In realtà non siamo schiavi perché non abbiamo scelta, ma perché non abbiamo tenuto conto dei giusti fattori nelle decisioni di carriera.
Non sempre possiamo scegliere il “lavoro ideale” ma abbiamo comunque la possibilità di agire per rendere il posto di lavoro un posto in cui stare bene.
Come? Attraverso il potere di:
- Giuste domande;
- Personalizzazione;
- Riqualificazione.
1. Le giuste domande
Il potere delle domande è quello di mostrarci ciò che non vediamo, sfidare le credenze radicate, aprirci a nuove possibilità.
Invece di abbandonarsi al lamento contro un lavoro che non ci piace, è molto più efficace affidarsi a interrogativi tipo
- A lavoro provo prevalentemente emozioni positive o negative?
- Sono soddisfatto?
- Come posso migliorare soddisfazione ed emozioni positive?
- Quali sono le attività, i progetti, le interazioni, da cui traggo maggiore soddisfazione?
Può sembrare un’idea banale, in realtà è un forte strumento di consapevolezza.
Se siamo troppo impegnati a reagire alle esigenze del giorno per giorno rischiamo di perdere l’opportunità di capire i nostri reali bisogni.
Una persona non può scegliere con cognizione di causa un certo tipo di vita a meno che non osi ascoltare sé stessa, il proprio io, in ogni momento della propria esistenza. – A. Maslow
L’azienda può creare le condizioni che favoriscono la soddisfazione e la realizzazione personale, ma sapere cosa è “giusto” per noi è nostra responsabilità.
2. Un lavoro “che ti calza a pennello” con il job crafting
Una volta capito cosa ci fa stare bene a lavoro, non possiamo limitarci a sperare che ci venga affidato il lavoro che soddisfa tutti i requisiti, dobbiamo impegnarci attivamente e creare significato giorno per giorno.
Una ricerca condotta da Richard Hackman ha evidenziato le 3 componenti del lavoro “ideale”:
- Riesce a far emergere talenti e capacità individuali;
- La mansione è svolta dall’inizio alla fine;
- Ha impatto sugli altri.
Cosa possiamo fare per tendere a questa situazione?
Anche se non possiamo “dettare le condizioni” riguardo al tipo di lavoro da fare, possiamo agire promuovendo piccoli cambiamenti intenzionali al nostro lavoro.
Questo processo, teorizzato dalla psicologa organizzativa Amy Wrzesniewski, rientra nella naturale personalizzazione del proprio lavoro e ha impatto positivo sulle persone e sulle organizzazioni in quanto aumenta motivazione, significato e felicità nel lavoro.
Tre sono le aree su cui poter agire:
- Area delle attività: personalizzando il tipo delle attività o il modo di svolgimento;
- Area delle relazioni: cambiando il tipo e la frequenza delle relazioni con colleghi, clienti e fornitori;
- Area del significato: cambiando il modo di interpretare le attività in termini di impatto sul risultato finale o sull’organizzazione;
Questo meccanismo, denominato Job Crafting, può essere assimilato all’attività del sarto nel personalizzare i vestiti in modo che “calzino a pennello”.
3. Riqualificare guardando il quadro globale
Stando ai risultati della ricerca di Amy Wrzesniewski, ci sono tre possibilità di percepire la propria attività:
- LAVORO: chi considera la propria attività come lavoro non ha altre aspettative oltre lo stipendio;
- CARRIERA: chi vede il lavoro come carriera è motivato da fattori estrinseci come il prestigio e lo status;
- VOCAZIONE: chi vede il proprio lavoro come vocazione lo percepisce come fine in sé traendone soddisfazione, oltre che sostentamento economico.
I risultati della ricerca non hanno evidenziato correlazione tra tipo di lavoro e modalità di percezione, evidenziando la possibilità di interpretare in termini di vocazione anche lavori semplici e di routine.
Questo ci dimostra ancora una volta il potere della nostra percezione: il modo in cui decidiamo di percepire il nostro lavoro ha influenza sul nostro benessere più che il lavoro in sé.
Essere consapevoli di questo potere e utilizzarlo al meglio può essere la chiave per coltivare esperienze ed emozioni positive anche a lavoro.
Abbiamo un grande potere nelle nostre mani, sta a noi utilizzarlo al meglio!
Bibliografia
– Più felice. Come imparare a essere felici nella vita di ogni giorno. Tal Ben-Shahar
– Vantaggio della felicità. Shawn Achor
– Imparare l’ottimismo. Martin Seligman
Simona Bargiacchi
Internal Communication & University Relations Manager
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