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Stress relief: che cosa significa davvero?

Multitasking non ti temo – Episode 3


Siamo alla fine… nel senso che con questo articolo si chiude il mio primo ciclo di scritti dedicati allo stress management, al suo valore ed ai suoi significati. Ho cercato, come mio solito durante i miei workshop o durante il mio lavoro in studio, di essere il più asciutto possibile… semplice… al limite della scoperta dell’acqua calda, perché asciugare e riportare “le cose” alla loro essenza più semplice credo sia un buon inizio di cambiamento e di svolta in un’epoca caratterizzata ormai da un costante overload di informazioni e stimoli.

E se proprio siete dei lettori accaniti, e se non lo siete vi consiglio di diventarlo, de “La Mente Pensante” e della nostra community potete recuperare gli altri due episodi di questa due passi nello stress qui:

Episodio 1: davvero lo stress è sofferenza?

Episodio 2: alla costante ricerca di un equilibrio… ma cerchiamo nel posto giusto?


Quindi di cosa stiamo parlando alla fine dei conti?

Stress relief e stress management: il miglior rapporto con noi stessi

Quello di cui stiamo parlando è in realtà qualcosa di molto semplice che si nasconde dietro termini complessi e spesso “di moda”, soprattutto nei corridoi delle aziende per cui lavoriamo e fra le chiacchiere con amici e colleghi (guai a parlarne con il capo se no poi chissà in che casini ci mette… sai che figura ci facciamo se ne parlassimo con il capo?).

Oggi, parlare di stress relief e stress management in ufficio, come a casa, significa semplicemente parlare di quelle strategie che mettiamo in campo per non farci travolgere dall’eccesso di informazioni per esempio, o dalla fastidiosa sensazione di non essere più padroni delle nostre vite, costantemente impegnate a fare di meglio per noi stessi e per coloro nei confronti dei quali sentiamo un certo livello di responsabilità: ed il senso di responsabilità piccolo o grande che sia è davvero un elemento portante delle nostre azioni quotidiane, non credete?

Già ho accennato alle strategie di coping ed al loro significato, ma quello che voglio sottolineare oggi è come queste siano inusitatamente orientate tutte verso un unico punto di fuoco e di come questo fuoco sia costantemente alimentato (nda, a volte fino a perderne il controllo) prima di tutto da noi stessi.

Sto parlando del fuoco sacro del multitasking, vera icona incontrastata della contemporaneità, a partire dal famosissimo spot il cui claim, che oggi potrebbe anche far sorridere, ancora risuona nelle orecchie di molti di noi: “Perché io vivo con il mio tempo, con la performance!”, non vi dicono niente queste parole?

Che sia davvero questa ossessione per il multitasking il muro da abbattere per vivere le nostre vite senza stress, anzi siamo onesti, “senza troppo stress”?

A dire il vero non c’è una risposta secca e definitiva a questa domanda, ma quello che posso dirvi è che rinunciare a questa ossessione, e se proprio non rinunciarvi darle una disciplina, è davvero un buon inizio. Negli articoli precedenti ho lasciato semplici esercizi e suggerimenti se non per rallentare la nostra corsa alla vita, per averne maggiore consapevolezza e pienezza (Li avete provati? Cosa ne pensate?), e credo che farò lo stesso anche fra poco.

A questo proposito vi consiglio di leggere, proprio qui, l’articolo del collega Gabriel Tibaldi proprio su questo tema: Stress da eccesso di informazioni: come gestirlo?


Stress Management e Multitasking… la fine di un amore?

Essere multitasking pare una delle caratteristiche essenziali della contemporaneità ed un punto fermo (notate il paradosso) di molte culture imprenditoriali, addirittura in alcuni casi una sorta di medaglia d’onore per molti di noi da esporre in bella vista nei nostri carnet professionali.

E ci sta, ci sono periodi in cui davvero essere impegnati contemporaneamente su più fronti, da quello professionale a quello personale e senza soluzione di continuità, sembra essere ed è l’unica cosa che si possa fare.

Ma quanto durano questi “periodi”? Hanno una scadenza esattamente come le mozzarelle nel nostro frigorifero? Oppure no… e possono addirittura essere talmente dilatati nel tempo da diventare parte integrante delle nostre giornate?

Ovviamente hanno una scadenza, anzi devono avere una scadenza, o meglio dobbiamo imporgliela noi una scadenza e per un motivo molto semplice: il multitasking è una delle fonti principali di stress.

Vivere costantemente in modalità multitasking comporta innanzitutto un notevole impegno cognitivo (e ditemi che non è vero) e provoca di conseguenza un incremento della produzione di cortisolo – che regola lo stress e che può portare ad atteggiamenti aggressivi – e di adrenalina, l’ormone che ci mantiene in allerta.

L’illusione di poter fare più cose contemporaneamente, e di poterle fare bene, aumenta inoltre la produzione di dopamina, che ci fa sentire momentaneamente soddisfatti e ci induce a produrre un’ulteriore “dose” grazie ad una nuova serie di compiti svolti in rapida successione e alternanza.

Nel 2009 uno studio dell’Università di Stanford ha dimostrato che il nostro cervello non è programmato per processare più attività nello stesso momento e quindi è più produttivo se si affronta una cosa alla volta.

In realtà con il multitasking peggioriamo nel medio-lungo periodo il nostro livello di efficienza, perché diventiamo più lenti nel passare da un’azione all’altra (context switch) ed incapaci di distinguere, nel bombardamento di stimoli che riceviamo, le informazioni importanti da quelle irrilevanti, ecco perché qualche riga sopra ho iniziato uno dei precedenti paragrafi con “L’illusione di poter fare…”.

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Fun Fact: multitasking e marijuana

Secondo una ricerca della University of London, dedicarsi a più attività nello stesso momento riduce il quoziente intellettivo del nostro cervello, come se stessimo fumando marijuana.

Tra gli adulti esaminati i ricercatori hanno osservato che il QI si abbassava al livello di quello di un bambino di 8 anni.

P.S.: la ricerca considera “multitasking” anche controllare lo smartphone, rispondere e mandare messaggi mentre si guarda la tv (mentre non ci sono notizie che gli adulti coinvolti nell’esperimento siano stati monitorati mentre facevano la cacca).

Questo non significa che il multitasking sia il nostro nuovo nemico in virtù di una nuova “era dell’acquario” all’insegna della lentezza e dello sciamanesimo… non possiamo permettercelo, il mondo corre veloce, cambia ancora più velocemente e non ha nessuna intenzione di aspettare che noi si sia in grado di far fronte a questo… è la sua natura e la sua essenza e la sua ontologia… non possiamo opporci.

Cosa fare allora?

Siccome stiamo parlando di noi non come numeri e dati di produzione, ma come espressione di sentimenti, emozioni, pensieri e filosofie ovviamente non esiste una soluzione del tipo “one size fits all”, ci mancherebbe pure, ma qualcosa che potrebbe adattarsi all’unicità di ciascuno di noi possiamo sicuramente evidenziarla.

Vi lascio qui una check list che spero possa esservi utile:

  • Provate a riflettere per esempio sulle vostre abitudini digitali facendovi delle domande semplici
    (non siate troppo duri con voi stessi, non è giusto)
    1. Quanto tempo passo in una giornata con il telefono in mano?
    2. Quanto è davvero produttivo il tempo trascorso on line?
    3. Quanto tempo ci metto a riconcentrarmi di nuovo dopo che ho controllato una notifica?
    4. Al mattino… dopo quanto tempo dal suono della sveglia metto mano allo smartphone?
    5. Quando sto chiacchierando con un amico o durante una riunione di lavoro e sto parlando… mi infastidisce che qualcuno nel frattempo “butti l’occhio” al cellulare?
  • Provate a definire chiaramente il ruolo che secondo voi la tecnologia dovrebbe avere nelle vostre vite ed in che modo vorreste davvero integrarla nel vostro quotidiano (Ed in questo carta e penna sono davvero d’aiuto).
  • Provate a monitorare l’uso che state facendo della tecnologia con una delle app di monitoraggio che sia IOS che Android offrono (non abbiate timore… sono gratuite e rispettano la privacy della vostra vita digitale).
  • Provate se del caso a modificare le abitudini digitali che risultano non essere in linea con i vostri obiettivi.

One Minute Multitasking: un esercizio di attenzione e focalizzazione

Prima di tutto una breve spiegazione.

Credo che il maggiore ostacolo ad un approccio più corretto e funzionale al multitasking ed al digital wellbeing, non sia solo una radicazione culturale dell’imprenditoria contemporanea quanto piuttosto si possa riferire ad una più generica resistenza al cambiamento; alla difficoltà di imporre nuove discipline alla nostra routine; al piacere quasi perverso dell’abitudine.

Vi faccio un esempio:

Massimo Chionetti Esercizio Photo 1Se volessimo provare a modellizzare l’andamento del nostro livello di stress nel tempo questo grafico ben disegnerebbe una vita decisamente normale (sul concetto di normalità potremmo aprire un dibattito ma non qui e non adesso), se non da manuale: una adeguata alternanza di periodi di iperattività a periodi di riposo e carica delle batteria… non fa una grinza vero?

La vita che tutti vorremmo, ma che sembra un poco noiosa in fondo… no?

Massimo-Chionetti Esercizio Photo 2Questi invece siamo noi, persone con una vita piena, forse un po’ sconclusionata, ricca di momenti di iperattività a cui alterniamo momenti e periodi più o meno lunghi dedicati al riposo, alla ricompattazione, alla disintossicazione dal mondo e dalle sue pressanti richieste. È impossibile al giorno d’oggi immaginare una vita che risponda a canoni e modelli quasi zen come quello del grafico precedente… ma questo non vuol dire che non si possa dire “NO” quando serve, quando ne sentiamo la necessità, quando il senso di responsabilità si orienta verso noi stessi e non solo e sempre verso gli altri.

Massimo-Chionetti Esercizio Photo 3Questo invece è lo stesso “grafico” dei precedenti, che mette in relazione stress e tempo e ci racconta una storia molto, molto diversa… quella di un soggetto drogato di multitasking, drogato di performance, nella cui vita professionale e personale non trova spazio il concetto di “riposo”. I motivi? Non possiamo saperlo a priori: vanno dal semplice – qualcuno deve pur farlo – al più sofisticato – “Non posso tirarmi indietro difronte a questa nuova sfida, non è da me”. Ma questo grafico ci racconta anche molto altro… ci racconta di come sia difficile dire di “No”, soprattutto a noi stessi; ci racconta di come lo stress diventi facilmente la normalità delle nostre vite e di come possa facilmente prenderne il controllo.

Faccio coming out (come se ce ne fosse bisogno) e vi confermo che il grafico verde è quello che meglio mi rappresenta, non sono fatto per la perfezione e la ripetitività chirurgica di quello blu e ad un certo punto della mia vita ho detto stop alla sfrontatezza del grafico rosso… e voi? Quale grafico stress/tempo rappresenta meglio questo periodo della vostra vita?


L’esercizio del “qui ed ora”

Si potrebbero dire mille e mille cose in conclusione di questo articolo per parlare di tecniche e strumenti di miglioramento del nostro rapporto con le pressanti richieste del mondo esterno e tornare a percorrere (o continuare a percorrere) una curva dello stress che sia quanto meno accettabile e rispettosa di noi e di quelli che fanno parte del nostro intorno.

Alcuni suggerimenti ed esercizi ve li ho proposti negli articoli precedenti, se avete avuto modo di sperimentarli cosa ne pensate?

L’arousal, condizione temporanea del nostro sistema nervoso, è presente negli animali e nell’essere umano, ad esempio durante i momenti dove vengono richieste maggiori prestazioni psicofisiche di abilità come, ad esempio, una verifica, un esame, una competizione agonistica, l’attacco a una preda o durante una sfida…

L’obiettivo è sempre e comunque quello di imparare nuovamente a dare un senso ed un valore al tempo che stiamo vivendo, e non il tempo inteso come fenomeno culturale e filosofico, ma proprio il tempo di adesso: i minuti ed i secondi che scorrono implacabili mentre state leggendo queste righe, arrivano mail e notifiche sullo smartphone e qualcuno richiede la vostra attenzione.

La domanda è semplice: sappiamo dare il giusto valore al “tempo presente”? O meglio… sappiamo davvero vivere il “qui ed ora” per affrontare al meglio il demone del multitasking? Vogliamo farla più manageriale e chiederci: “Quanto il tempo che realmente dedichiamo ad una attività è tempo di valore?”

La risposta altrettanto semplice: probabilmente NO.

Mettetevi alla prova con questo semplice esercizio per capire quanto sei “predisposto” a direzionare l’attenzione, a focalizzarti, sul qui ed ora

Lancia il filmato cliccando sulla foto qui a sinistra , dura solo un minuto, giusto il tempo segnato dalla clessidra bianca, quella a sinistra, proprio davanti ai pini.

Osserva adesso la sabbia dentro la clessidra bianca che scorre, il minuto passare ed il tempo scorrere.

Concentrati sulla clessidra e sulla sabbia che scorre, se ti distrai prova a riportare con gentilezza la tua attenzione allo scorrere del tempo.

Fatto?

Grazie…. prova adesso a rispondere a queste domande:

  1. Quante volte durante questo minuto ti “sei distratto”?
  2. È stato difficile se ti sei distratto riportare l’attenzione alla clessidra ed allo scorrere del tempo?
  3. Quanto ti sei sentito sciocco nel fissare una clessidra e per un minuto uno della tua vita, non pensare a niente se non a quello che stavi facendo?
  4. Che sensazioni ti ha lasciato lasciare che la mente non fuggisse dove voleva ma rimanesse concentrata su una ed una sola cosa per volta?

Ma soprattutto… se non sei riuscito a rimanere con l’attenzione ferma sulla clessidra per tutta la durata del filmato… prova e riprova l’esercizio fino a che non ci riesci… senza distrazioni… senza che la tua mente vada da altre parti, da qualunque altra parte che non sia la clessidra ed il qui ed ora.

Davvero è così complicato rimanere attenti per 1 minuto uno?

Se ti va… commenta qua sotto oppure scrivimi, ne parleremo insieme, in attesa del prossimo articolo.

Grazie.


Massimo Chionetti Autore presso La Mente Pensante Magazine
Massimo Chionetti
HR Trainer | Consultant | Attore
Bio | Articoli | Video Intervista
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