Nuove tecnologie… Nuove problematiche
La decostruzione del messaggio sociale nell’agire educativo [Quarta Parte]
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A differenza dei primi tre articoli di questa serie, dove si è affrontata l’influenza implicita dei messaggi sociali sull’agire educativo, in quest’ultima parte si metterà in evidenza come alcuni cambiamenti tecnologici abbiano alterato profondamente alcuni comportamenti e concezioni di noi esseri umani e che hanno una ricaduta evidente sui processi di apprendimento ed in particolare ci soffermeremo su come sono cambiate le abitudini relative alla lettura, alla scrittura, all’ascolto e alla temporalità.
Disturbi dell’attenzione
Diverse ricerche hanno evidenziato come nell’ultima decade vi sia stato un aumento di problematiche legate al deficit dell’attenzione che non riguarda unicamente bambini ed adolescenti, ma anche giovani ed adulti (Goleman 2013). Specifichiamo subito che questi disturbi non corrispondono alla diagnosi di ADHD il cui acronimo sta per “Attention Deficit Hyperactivity Disorder” (che in italiano corrisponde al DDAI, ovvero al Disturbo da Deficit dell’Attenzione ed Iperattività) e per questa ragione la diffusione della problematica sopra esposta è epidemiologicamente molto più ampia anche se molto meno grave rispetto alla diagnosi specifica di ADHD. I disturbi a cui si fa riferimento in questo articolo sono caratterizzati dal non riuscire a rimanere concentrati per più di tre minuti su di uno stesso focus, dal non riuscire, o riuscire a fatica, a comprendere il contenuto di testi letterari e dall’essere facilmente distraibili.
Abbiamo visto tutti come le comunicazioni che gravitano sul web non siano molto lunghe e che quando si effettua una ricerca, in genere non si va oltre la terza pagina di ricerca. Sembra anche che vi sia la tendenza a ridurre la durata dei seminari e dei workshop in presenza proprio per questa ridotta capacità di attenzione nel lungo termine (Levy 2024).
L’e-Book
Fino ad ora la lettura si configurava come uno sviluppo ad andamento lineare che si focalizzava su di un unico punto o contenuto. Ma la lettura di un testo usando una piattaforma digitale tende invece ad indebolire l’aspetto di focalizzazione su di un unico punto o contenuto, perché le operazioni disponibili nei sistemi elettronici permettono azioni alternative e complementari alla semplice lettura quali evidenziare, scartare, ricercare nuovi contenuti, ecc.: “Leggo un determinato passo, poi salto ad un altro, poi decido di tornare dove stavo prima, però quell’ultimo contenuto me ne ha fatto venire in mente un altro, quindi anziché tornare al punto iniziale vado a cercare un altro riferimento bibliografico, e poi un altro ancora” e così via. Tutto ciò oltre ad essere un dispendio di energia è anche molto distraente perché è come se parlassero quattro persone contemporaneamente ed in questo modo si rischia di perdere il filo del discorso. Questa lettura altalenante può apparire come un’apertura verso una maggiore libertà di pensiero, in realtà si è constatato che questa alternanza, oltre ad un maggior dispendio di energia, provoca anche l’aumento di errori.
Libro versus podcast
Delle ricerche americane hanno stimato che negli Stati Uniti il 57% legge appena un libro in un anno e forse neanche quello e che a 17 minuti di lettura si oppongono 6 ore passate davanti al proprio cellulare. Molti pensatori ipotizzano che lo sviluppo, sia intellettivo che coscienziale degli ultimi quattro secoli, sia stato sostenuto proprio dalla lettura della carta stampata che, se da una parte ha diminuito le nostre capacità mnemoniche legate alla trasmissione orale dei saperi, dall’altra ha permesso una più ampia divulgazione di molte conoscenze prima appannaggio solo ad una piccola élite culturale.
Un altro aspetto da porre in evidenza è che alla diminuzione della lettura del libro cartaceo si affianca l’aumento dell’ascolto di podcast che in genere non hanno durate troppo lunghe. Anche in questo caso, rispetto alla lettura di un testo cartaceo, la profondità appare alterata, innanzi tutto perché quando leggiamo un libro non possiamo fare altro, mentre invece nell’ascolto del podcast facciamo sempre altro; inoltre, mentre in una lettura canonica siamo noi a decidere i tempi di lettura, quando e dove soffermarci e riflettere, con i podcast i tempi sono determinati da altri perché raramente andremo a bloccare il podcast ogni volta che vogliamo fermarci e riflettere in quanto verrebbe meno la motivazione per cui stiamo ascoltando un podcast piuttosto che leggere un libro.
Scrivere o digitare?
Anche il passaggio dallo scrivere a mano su un vetusto quaderno a righe allo scrivere su una tastiera ha le sue conseguenze. Infatti nella scrittura canonica componiamo una singola lettera alla volta e dobbiamo trovare delle strategie grafiche per collegarla alla successiva; ciò fa mettere in moto circuiti sinaptici diversi da quelli che si attivano usando una tastiera di un computer. Infatti oltre ad attivare dei processi relativi alla psicomotricità fine, bisogna prima immaginare la lettera per decidere la sua forma e grandezza oltre a considerare in quale spazio del foglio inserirla. Tutti questi processi nel caso della scrittura digitale vengono delegati al sistema informatico.
La velocità
Fin dall’inizio dell’era industriale la dimensione temporale subì profonde alterazioni psico-sociali che andarono ad estremizzarsi con l’introduzione dei veicoli a motore. L‘estetica della velocità ebbe nel manifesto futurista del 919 di Marinetti la sua prima “esaltazione ufficiale”:
Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova; la bellezza della velocità. (Marinetti 1919)
Ma questo processo di velocizzazione può avere come antecedente culturale la musica di Perotinus della scuola di Notre Dame, (fine XII secolo) che introdusse nelle sue opere la ripetizione e l’accelerazione del canto delle sillabe del testo. Secondo Laneri,
Questa accelerazione non è soltanto una contrazione del tempo musicale ma corrisponde a un generale dinamizzarsi della coscienza Occidentale […] I suoni armonici, che nascono e si sviluppano [naturalmente] vengono emarginati sempre più dal contesto musicale ufficiale. (Laneri, 2002, pag. 26).
L’era dei computer non ha fatto altro che accelerare ancor di più questa dimensione, cosicché la lentezza non è più auspicabile, anzi è da “condannare” tanto che in diverse aziende la velocità di risoluzione di un problema, associato ad una capacità multitasking, è uno dei prerequisiti per l’assunzione di nuovo personale. Delle ricerche hanno anche dimostrato che parliamo e camminiamo più velocemente rispetto a 50 anni fa (Levy 2024). così la velocità, anche se permette di “fare” più cose e muoversi in minor tempo, ha minato la possibilità di entrare in profondità in ogni singola situazione comprese le relazioni umane. Di fatto più si è nella lentezza più si amplia la possibilità che accadano cose sottili.
Piu’ informazioni… meno formazione
Associato al concetto di velocità si trova il concetto di informazione: più c’è rapidità, più informazioni arrivano, più si crede di essere in connessione con il mondo. Ma la velocità nell’accumulo di informazioni non è una garanzia di evoluzione, anzi, può rappresentare proprio il contrario per sottrazione di qualità. Oltre al consumo istantaneo di qualsiasi cosa o relazione, si ipotizza che questa spinta verso la velocità associata all’uso dei computer, dei cellulari e di tutto ciò che vi gravita attorno, abbia determinato l’abbassamento delle capacità mnemoniche e di concentrazione. Ma il paradosso è che anche se la velocità produce abitudini negative, nell’immaginario collettivo è stata invece propagandata come desiderabile e necessaria.
Ora torniamo sui banchi di scuola: quanti di noi si sono sentiti inadeguati perché “lenti” nell’effettuare determinati compiti? Ricordo ancora che per me avevano trovato l‘escamotage di definirmi un tipo “riflessivo” per non definirmi lento, che poi equivaleva a “lento di comprendonio”. Ma dentro di me capivo perfettamente che quella definizione era solo una copertura del reale giudizio negativo legato alla mia “riflessività”. Purtroppo questa sacralizzazione della velocità è ora incarnata dagli stessi adolescenti che diventano i primi giudici dei “lentoni” e di loro stessi.
Il cambiamento possibile
In quest’ultima parte abbiamo visto come, oltre ai messaggi sociali impliciti, anche lo sviluppo tecnologico sia andato ad influenzare i nostri comportamenti e concezioni ed hanno contribuito allo sviluppo di abitudini indotte. Senza entrare ora nel merito del perché siano state indotte possiamo escogitare degli “antidoti” per liberarci da esse? Ciò è possibile ma richiede uno sforzo volontario e costante ponendo attenzione ai nostri automatismi mentali e comportamentali.
- Innanzi tutto bisognerebbe ridimensionare l’apprezzamento delle capacità di multitasking per ripristinare il valore della lentezza, perché il soffermarsi lungamente sui vari aspetti della realtà, a partire dalle relazioni umane, facilita il raggiungimento di una profondità di connessione con l’esperienza in atto.
- L’uscire fuori dalla schiavitù della velocità a tutti i costi offre l’opportunità di attivare un ascolto profondo, sia di sé che degli altri. Troppo spesso infatti quando si dialoga con un’altra persona si ha la sensazione di non sentirsi ascoltati, perché il proprio interlocutore è preso dalla velocità dei suoi pensieri interni che si rincorrono l’un l’altro. Se non vi è un’attenzione focalizzata non ci può essere ascolto profondo.
- Anche la fruizione della musica è stata coinvolta in questo processo di velocizzazione infernale. Il filosofo Adorno Adorno già aveva preconizzato il fatto che sarebbe arrivato un momento in cui non avremmo più avuto (o voluto) trovare il tempo per ascoltare una sinfonia intera per accontentarsi dell’ascolto di soli brevi spezzoni, (basti pensare alla moda di fare concerti con le sole aree delle opere). Quindi un altro stratagemma per andare in controtendenza a questa deriva culturale (e cognitiva) potrebbe essere quello di avere un atteggiamento di vero ascolto della musica, oltre a scegliere coscientemente quale musica ascoltare, ma su questo aspetto si vedano i miei quattro articoli sulla musica pubblicati in questa stessa rivista online (Papadopoulos 2023a, 2023b, 2023c, 223d). Per spiegare cosa intendo qui posso solo accennare al fatto che il porre l’attenzione ai micromovimenti tonali della musica indiana, per esempio, riattiva e migliora la capacità di ascolto profondo e di attenzione, oltre a far rallentare il flusso dei nostri pensieri.
In sostanza, si tratta di ricentrarci, svegliarci da questo torpore cognitivo o attenuare l’ipereccitazione della sovrastimolazione ambientale e soprattutto, ricordarci della nostra Vera Natura Umana.
Bibliografia
Goleman D. (2013), Focus: perchè fare attenzione ci rende migliori e più felici, Rizzoli, Milano 2014.
Levy D., 2024 (Comunicazione personale)
Laneri R., La voce dell’arcobaleno. Origini e applicazioni pratiche del canto armonico, Edizioni Il punto d’in-contro, Vicenza, 2002.
Marinetti 1919 https://www.studenti.it/manifesto-del-futurismo-di-marinetti-testo-analisi-e-commento.html
Papadopoulos 2023a – https://lamentepensante.com/la-doppia-faccia-della-musica/
Papadopoulos 2023b – https://lamentepensante.com/aspetti-psico-sociali-della-musica/
Papadopoulos 2023c – https://lamentepensante.com/le-potenzialita-della-musica-e-la-via-dellascolto/
Papadopoulos 2023d – https://lamentepensante.com/frequenze-onde-sonore-e-controllo-sociale/
Dott. Ivo Papadopoulos
Psicologo Clinico | Sociologo
Bio | Articoli | Intervista Scrittori Pensanti | AIIP Novembre 2023
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