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Esisto eppure talvolta mi ritrovo perduto

Orizzonti che si dischiudono

Image by gabriel E b on Unsplash.com


Libertà non ha che vedere con il fare quello si vuole, bensì intraprendere quella strada possibile rispetto al momento che stiamo vivendo.

Rimango ancora meravigliato di come nella stanza di terapia le persone arrivino così apparentemente indifese nei confronti degli eventi della vita. Sembra che capacità, risorse, riflessioni forgiati in anni di esperienze risultino come vani di fronte ad una verità che da sempre è di fronte ai loro occhi, l’esistenza è un continuo cambiamento, la nostra stessa coscienza muta istante dopo istante. Lo sgomento, la paura, il disorientamento che spesso si accompagnano ai vissuti delle persone risuonano dentro di me in un misto di tenerezza e  compassione.

Eppure arrivano nello spazio terapeutico proprio per concedersi la possibilità di raccontare la loro vulnerabilità, le loro fragilità, le loro contraddizioni, togliendosi per un istante quelle solite maschere, che nel quotidiano sembrano funzionare, provando ad aprirsi con sincerità e onestà ad un sè nascosto dentro di loro. Perdita, mancanza, sentirsi senza via di uscita, la percezione di vuoto a cui sembra impossibile rispondere, sono tra le tante motivazioni, derivanti da eventi spesso dolorosi, che guidano l’individuo verso la terapia, nella ricerca di chiavi di coscienza nuove per rispondere in maniera altra alla vita. Le domande che ci poniamo diventano allora, semi e riflessioni che ci aiutano a camminare in maniera diversa sul sentiero che stiamo percorrendo.

Niente se ne va prima di averci insegnato ciò che dobbiamo imparare – Budda

Anna ha una malattia che non lascia speranze, arriva in studio disperata perché sente di non avere più tempo da dedicare a ciò che  ama di più, suo figlio. È spaventata, devastata, arrabbiata con la vita, non ha un compagno, madre single, da sempre, si è arrangiata da sola. Ed ora che può fare?  Si rivolge a me non perché ma perché non sa dove altro andare a sfogarsi, raccontarsi urlare. Comincia così una storia toccante, dove la malattia, il cancro, verdetto tante volte che non concede appello, apre orizzonti su temi come la vita, la morte, la paura, l’amare, il lasciare andare il controllo, il dover salutare chi ci è accanto, guidandoci nel riconoscere la differenza tra essenziale e superfluo, perché il tempo che rimane non è così infinito.

Il dialogo con le emozioni che Anna prova, apre ad un confronto serrato, vero, intenso, da cui ne è nato un viaggio che ha cambiato la sua idea di essere sola, recuperando significati, ricordi, trovando un ordine, un posto a tanti vissuti che erano rimasti lì in sospeso nel caos dentro di lei. Nel  ritrovarsi a ridere, piangere Anna troverà la forza di ricontattare persone importanti che erano state cancellate apparentemente dalla sua esistenza.

La morte non è l’opposto della vita, ma parte di essa – H. Murakami


Dialoghi su significati diversi, io esisto, tu esisti

Quante volte la perdita improvvisa, prevista, inaspettata, di una persona, di un ruolo, ha messo in crisi la nostra idea di vita, pensieri caotici, contraddittori, dove anche il non farcela, il gettare la spugna diventava una possibilità. Eppure quella crisi così dura può trasformarsi in una sfida che la vita ci dona per evolvere, crescere, per  cogliere, conoscere aspetti di un io altro, facendo emergere parti di un se nascosto.

Credo profondamente che ogni essere umano aspiri ad un senso di gioia, ad una vita appagante, soddisfacente dove l’ anima possa esprimersi giocando con l’esistenza.

Stefania e Marco vengono in studio hanno un bambino di 22 mesi. Dalla nascita del piccolo lei ha sentito Marco allontanarsi, da quello che lei avrebbe avuto bisogno, presenza e vicinanza. Marco per lavoro poteva esserci solo nei weekend e neanche sempre. Marco ha fatto i salti mortali, il lavoro lo portava spesso fuori città, provava ad esserci con la convinzione di non essere mai abbastanza presente. Marco tratta le emozioni di Stefania come fastidi da sistemare, non le comprende, non riesce a capirle e soprattutto a gestirle. Sarà un incidente che li porterà da me, la morte della sorella di lei, improvvisa, inaspettata, sorella che si era sostituita ai due genitori portatori di una diversità importante, la sordità.

La perdita di rituali consolidati, costruiti nel tempo, la telefonata, il progettare condiviso, il poter contare sulla presenza dell’altro, costringe in un senso di mancanza, una percezione di fragilità e vulnerabilità.

La morte, in tutte le sue forme, non concede repliche, non concede altre possibilità se non quella di essere inclusa nella vita.


Ogni inizio una sua conclusione

Lascia che la vita sia bella come i fiori in estate e la morte come le foglie in autunno (R. Tagore)

Se osserviamo bene tutto è in continuo cambiamento, il bambino lascia il posto all’adolescente, che diventa un adulto che invecchiando si prepara a morire. è nell’ordine delle cose, che non sempre procedono come ci immaginiamo.

L’essere umano scopre nel  proprio vivere come imparare a confrontarsi con continue piccole e grandi trasformazioni, tante volte volute, tante volte subite, entrando in contatto con la sensazione di qualcosa più grande di noi, che se non compresa spaventa.

è nell’entroterra culturale della famiglia d’origine che si costruiscono i significati profondi che ci accompagnano nel confronto con la  vita. La morte in questo  è una delle esperienze più toccanti, profonde, intense.

Adele, da quando ha cambiato mansione nel lavoro, diventando responsabile per il nord Italia di un importante azienda, vive con la paura costante degli attacchi di panico. Sente un’inadeguatezza sconosciuta, troppa visibilità , troppa esposizione. Saranno proprio queste due parole che guideranno la nostra terapia, verso una rappacificazione con se stessa e con la storia delle donne della sua famiglia. La nonna materna nel rimanere vedova, con una figlia a carico, la mamma di Adele, consegnerà tutto il dolore, la rabbia, la paura, la disperazione  provata per quel lutto improvviso, sulle spalle della figlia, imponendole un regime quotidiano di privazioni e rinunce. La mamma di Adele troverà nel papà di Adele l’unica possibilità per fuggire da quel mondo familiare così impoverito, triste, doloroso. Adele diventa per lei il suo riscatto, e senza accorgersene,  cercando  di essere una mamma diversa da quella ricevuta, le chiederà di essere una figlia speciale, di vivere quello che lei non si è potuta permettere. Quel lutto antico, e ciò che ne è conseguito costituirà’ il terreno incerto, fragile, su cui Adele ha imparato a camminare.

Tutto ciò che amiamo profondamente diventa parte di noi – H. Keller


Stefano Cotugno Autore presso La Mente Pensante Magazine
Dott. Stefano Cotugno
Psicoterapeuta Sistemico Relazionale
Bio | Articoli | Video Intervista
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