Benevolenza cosmica

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Il mio approccio alla lettura è cambiato considerevolmente negli anni. Invecchiare e assumere ruoli sociali che prevedono lavorare, gestire una casa e via dicendo, non hanno portato solo un’ovvia riduzione della quantità di libri letti in un anno, collocandomi comunque in una fascia dignitosa nelle indagini statistiche a riguardo, ma anche una selezione delle motivazioni per approcciare un libro. C’è stato un tempo in cui leggere era per me un atto esplorativo: nella letteratura c’erano, a seconda della mia età e indipendentemente da questa, vite che non avevo ancora vissuto, esperienze che non avevo fatto, luoghi che non avevo visitato e persone che non avevo conosciuto. Nei libri, per me, c’era la profezia di quello che avrebbe potuto essere, per me, vivere. E mi piaceva. Riducendosi il tempo, ho fatto della letteratura un luogo dove cercare risposte a domande impellenti e necessarie e i libri sono diventati l’attestazione del mio stato, la conferma del mio sentire, la spiegazione ovvia di dinamiche solo apparentemente oscure.
Verosimilmente, se non me l’avessero consigliato, non mi sarei mai ritrovata a leggere Benevolenza cosmica, per il semplice fatto che non avrei pensato rientrasse in nulla che mi fosse utile. Ma il caso non esiste e non sempre abbiamo la lucidità per capire cosa ci possa o non possa servire, così mi sono ritrovata a divorare il romanzo di Fabio Bacà con l’approccio che apparteneva alla mia adolescenza. Concluso il tomo, mi sono chiesta che cosa diamine avessi letto, con gli occhi sgranati, la testa piena di suggestioni e un senso di piacere dato dallo stile di scrittura che difficilmente posso rendere a parole.
A Kurt, il protagonista del romanzo, va tutto bene.
E potremmo chiudere qui il libro: non c’è storia. Sembra l’inizio del mito di Orfeo: lui ama Euridice, ricambiato, si sposano. Non c’è dramma, non c’è tensione. Poi, per fortuna, Euridice muore. E allora la vicenda può iniziare e acquista un senso. E in Benevolenza cosmica, per fortuna, a Kurt non piace affatto quella storia per cui tutto, ma veramente tutto, gli vada bene. Comincia ad osservare gli accadimenti della sua vita, cercando qualche neo, qualche imperfezione. Niente. Di contro, attorno a lui, le altre persone sembrano essere un bersaglio della sorte, inanellando drammi e sciagure e confermandogli che sia in realtà il solo davvero baciato dalla fortuna. Quando durante una visita gli si riscontra qualche difettuccio fisico, rientra in quella percentuale statistica di benedetti per cui quel problema, in realtà, non è affatto un problema. Le donne flirtano con lui in maniera amorevole e gratuita. La sua relazione sembra in crisi, ma si rivelerà uno stratagemma che rivela profonda complicità e intimità. I soldi arrivano a lui senza che debba sforzarsi. Insomma: Kurt è preoccupato. Molto. Si aspetta un contrappasso karmico da un momento all’altro, ma non arriva nulla di diverso da un continuo flusso di abbondanza e serenità. Inizia, pertanto, a fare tutte quelle cose che faremmo anche noi quando tutto ci va male, rivolgendosi a chi potrebbe eventualmente avere una spiegazione che travalichi il razionale e ottenendo, come tutti noi quando tutto ci va male, risposte vaghe ed esoteriche, che sembrano delineare l’ipotesi dell’esistenza di un senso che va aspettata ed esperita perché si possa realmente comprendere.
Arriverà una risposta anche per Kurt. Necessaria e puntuale, a riequilibrare il tutto, senza giusto o sbagliato.
Il cosmo è davvero benevolo? Il karma e il destino, la sorte e la fortuna sono la stessa cosa? I concetti di male e bene sono assoluti o relativi? Gli eventi positivi o negativi che ci accadono sono oggettivamente tali o dipendono dalla nostra percezione individuale?
Kurt-Bacà sembra suggerirci una differenza sostanziale tra karma e destino: «il karma, in realtà, è la somma dei comportamenti di un essere umano e dei crediti (o debiti) spirituali che ne derivano […]. Il destino, invece, evoca un caos imperscrutabile da cui erompono accidentali premi e punizioni». Un contrappasso c’è in entrambi i casi, quindi, ma è diversa l’attitudine di chi si interfaccia con la situazione: alla ricerca di un senso o affidati (e soggetti) al caso. L’autore ci dice anche, però, che «la vita è una faccenda incomprensibile e nessuna religione, superstizione o legge fisica è in grado di spiegarne il significato. […] Ci sono cose per le quali pretendere una spiegazione è impensabile».
A Kurt va tutto bene, ma non riesce neanche a godersi la situazione perché è stordito dalla successione di eventi positivi e dell’abbondanza. Si pacificherà quando avrà trovato il suo segnale, il simbolo che attesti che tutto è perfetto così com’è.
E viene da pensare, così, che la scelta di cercare un senso, sia più un appiglio raziocinante del singolo che non un efficace e reale strumento di comprensione e conoscenza delle dinamiche della vita.
Certo è che mi sono imbattuta in questa storia stramba qualche mese fa, in un momento della mia vita di apparente normalità cosmica, ritenendo l’incontro con Bacà, la sua scrittura ironica e fresca e la vicenda di Kurt, un atto leggero e curioso, del tutto casuale; mi ritrovo a scriverne (e quindi averci pensato) in un momento di avversione cosmica, tra la fine di un amore, un grave male che affligge mia madre e qualche problema di salute che attanaglia anche la sottoscritta. E mi verrebbe da dire – appigliata al raziocinio nell’irrazionale, che il caso non esiste, che un senso, magari non a tutto, lo si può trovare: dovevo leggere questo libro perché dovevo confidare in un contrappasso positivo quando ne avessi avuto bisogno. E credere che ha senso, a questo punto, che io mi aspetti, a suo tempo, un momento di benevolenza cosmica, un segno anche piccolo piccolo, come quello che conclude il romanzo: «Un rutto, credo. Ma bisogna sapersi accontentare».
Buona lettura!
Marialuisa Ferraro
Benevolenza cosmica
Autore: Fabio Bacà
Editore: Adelphi
Genere: Romanzo, narrativa
Anno: 2019
Pagine: 225
ISBN: 978-8845933448
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Insegnante di yoga, chitarrista, docente di musica
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