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Il castello dei destini incrociati

Il castello dei destini incrociati​ recensione marialuisa ferraro

Image by Marc Marchal on Unsplash.com

Foglietti di carta di tradizioni antichissime e origini dibattute che suscitano, ancora oggi, timore reverenziale, paura, scetticismo oppure, al contrario, idolatria e dipendenza. YouTube, Instagram e TikTok sono pieni di video nei quali lettori e lettrici di tarocchi girano le carte, dalle raffigurazioni tradizionali oppure con disegni moderni, disponendole in schemi che risultano oscuri ai più. Nell’immaginario comune sono strumenti di predizione e lettura del futuro, a causa forse, di una certa televisione con numeri a pagamento che ci ha cresciuto negli anni 90.

Fortunatamente da qualche tempo si sta diffondendo una visione meno scaramantica, più esoterica forse e sicuramente più equidistante, che rende giustizia a questo strumento che, per chi ci crede, ha qualche componente magica e il potere di incanalare energie. Per chi ha un approccio razionale all’esistenza, sono comunque simboli che creano immagini, collegano idee, attivano meccanismi psicologici più o meno consci. I tarocchi diventano così un mezzo per conoscere se stessi, investigare meglio una certa situazione, poter eventualmente ipotizzare il clima emotivo attorno al quale si evolverà un dato evento. Tra numerologia e semiologia, i disegni diventano simboli da interpretare, attraverso suggestioni e rimandi. Se osservando una carta mi viene in mente una precisa frase o circostanza, che significato ha per me? Cosa ho bisogno di sapere per poter vivere al meglio questo momento? Non è un caso che sia crescente il numero di psicologi che oggi usano i tarocchi durante le sedute di psicanalisi. Non è neppure un caso che, nella lettura dei segni sulle carte, ci si rifaccia spesso agli archetipi junghiani.

Insomma. I tarocchi sono qualcosa di ben più serio che un magico strumento da film fantasy e offrono qualcosa di ben più profondo di una profezia da 99 centesimi al minuto con lo scatto alla risposta.

C’è stato un periodo della mia vita in cui mi facevo leggere i tarocchi, di tanto in tanto, da amiche che lo sapevano fare. Ho sempre detto che non avrei mai toccato un tarocco nella mia vita, finché, un pomeriggio al mare, un mazzo di napoletane da gioco lasciato sotto l’ombrellone ha attirato la mia attenzione. L’ho preso, ho iniziato a scorrere le carte e a un certo punto fanti, re, regine, bastoni, spade, coppe e denari non hanno iniziato a raccontarmi una storia.

Deve essere capitato qualcosa di simile anche a Italo Calvino, quando ha avuto l’idea per scrivere “Il castello dei destini incrociati”.

La narrazione si apre con una cornice di ambientazione medievale: un maniero immerso nella notte, dove i protagonisti (di diverso sesso, età ed estrazione sociale) si ritrovano come pellegrini in cerca di rifugio. A cavallo tra il Decamerone di Boccaccio e un romanzo distopico, si scopre in fretta che i convenuti non sono in grado di parlare. Volendosi quindi raccontare e volendo condividere la propria storia, si ritrovano a disporre sul tavolo dei tarocchi, lasciando che siano le immagini a tracciare biografie e tratti psicoemotivi dei presenti. Al termine del racconto di un personaggio, il successivo aggiunge carte o rimaneggia quelle già disposte sul tavolo, andando a creare una tela di relazioni e interconnessioni tra sconosciuti che si pone come una splendida metafora dell’esistenza umana.

Non mancano considerazioni dell’autore nascoste tra le pieghe dell’Io narrante, che invitano apertamente alla riflessione personale (svelando quale ruolo Calvino attribuisca alle carte): «Le generazioni si guardano torve, si parlano solo per non capirsi, per darsi a vicenda la colpa di crescere infelici e morire delusi» oppure, parlando dell’Appeso «Il mondo si legge all’incontrario. Tutto è chiaro».

È raro, nel corso de “Il castello dei destini incrociati”, che ci si attenga alle interpretazioni da manuale delle carte, tutt’al più lo scrittore sfiora alcune tra le più diffuse e accreditate, lasciando che sia la sua immaginazione, il suo sentire, a fornire al lettore la descrizione del senso. Non ci si trova, pertanto, davanti a un testo per appassionati che vogliono approcciare lo studio dei tarocchi. Proseguendo tra le pagine, poi, ci si accorge di come le sfumature siano molteplici e di come uno stesso arcano possa ritrovarsi a cambiare significato a seconda delle carte vicine. Chi bazzica un po’ l’universo dei tarocchi sa bene come la disposizione dei foglietti di carta incida sul senso complessivo della lettura e come positivo e negativo siano concetti molto labili e indipendenti dalla singola carta.

Non si fa leggere facilmente questo romanzo, almeno se paragonato ad altri dello stesso autore. La scrittura è volutamente antica, un po’ per la cornice, un po’ per la tematica trattata e risulta quindi poco scorrevole. Ci sono senza dubbio elementi di grande interesse per chi è appassionato di tarologia, mentre i digiuni possono comunque trovare spunti e suggestioni e, perché no, la spinta ad ampliare le proprie possibilità di esplorazione del sé attraverso questo strumento.

Buona lettura!
Marialuisa Ferraro

Il castello dei destini incrociati

Valutazione
3.5/5

Autore: Italo Calvino
Editore: Mondadori
Genere: Romanzo, Fiction speculativa
Anno: 2016
Pagine: 180
ISBN: 978-8804772927

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