Smettila di credere in te stesso: fai il “morto”!
Tre regole d’oro per sopravvivere a noi Motivatori
Torno a scrivere dopo molto tempo, forse troppo.
Negli ultimi mesi sono stato letteralmente travolto dagli eventi, e contro ogni aspettativa, soprattutto contro ogni aspettativa e credenza che letture superficiali o consigli altrettanto inconsistenti sulla scia dell’arcinoto e giustamente bistrattato “andrà tutto bene” possono nutrire in noi, ho semplicemente deciso di abbandonarmi all’onda che stava arrivando e di lasciarmi trasportare a riva… una nuova riva tutta da esplorare, tutta nuova… tutta sconosciuta.
Questa è la storia di un abbandono tenace e di una lotta silenziosa.
Nel giro di due mesi 2 mi sono trovato a (in ordine sparso) a: lasciare la mia vecchia casa e trovarne una nuova (figo); acquistare un’auto (addio risparmi); chiudere definitivamente un rapporto di lavoro (ecco appunto); essere Figlio con la “F” maiuscola per il mio babbo malato oncologico in ospedale con una polmonite ed una grave infezione in corso e per la mia mamma che non poteva che aspettare a casa (e ‘sticazzi)… ed eravamo solo agli inizi di Agosto e non immaginavo cosa sarebbe successo ad Ottobre… ancora un cambiamento… ancora un nuovo territorio da esplorare.
Ve lo giuro: non si tratta di magiche pilloline che aiutano a dormire e nemmeno di un nuovo meraviglioso cocktail che il buon vecchio Negroni sembra acqua aromatizzata… semplicemente il mio compagno, con cui finalmente vivo e convivo ufficialmente dal mese di Agosto, sta seguendo un suo meraviglioso sogno che gli ha regalato un nuovo lavoro ed una nuova brillante carriera… in una altra città (figo davvero, sono così fiero di lui)! Ok, ma… e adesso?
Nuovi approdi: quello che la toxic positivity ti nasconde, la fiducia
Una delle mie canzoni preferite cita: “Quando la vita si distrae, cadono gli uomini…“, ecco… la vita si è distratta e sono caduto.
Sono caduto nella tentazione di annichilirmi in uno dei mantra più pericolosi degli ultimi tempi: “andrà tutto bene“; “ce la farai! Se ti impegni e se veramente lo vuoi ce la farai a superare tutto questo“; “sii positivo! Tutto quello che ti sta succedendo nasconde un insegnamento potente!“; “Credi in te stesso e nel tuo potenziale! È lì… dentro di te, lascialo esplodere in tutta la sua bellezza“; … e via discorrendo.
Che culo… e chi ce l’ha il tempo di fare tutto questo?
Mi è capitato spesso, con i miei clienti di studio e con i gruppi in azienda, di affrontare situazioni simili a quella che vi ho appena descritto: un vero e proprio tsunami di emozioni, pensieri ed eventi che sembra non solo non lasciarti prendere fiato, ma soprattutto non lasciarti spazio nell’animo per:
- affrontare dolore ed incertezza in modo pieno (sigh), razionale, lucido e costruttivo lasciando che la paura faccia quello che deve fare e basta senza paralizzarti (la paura è un segnale forte di attenzione e “presenza” al reale);
- godere di nuovi traguardi e successi in modo altrettanto pieno (sigh): sia i tuoi che quelli delle persone che ami;
- essere consapevole ed accettare che le nostre vite, quelle dell’adesso, del qui ed ora e non quelle sbattute in rete sui social, sono anche questo: un “riff” travolgente e dodecafonico a mille decibel che manco Slash.
Sono questi i punti mi soffermo più a lungo di ogni altro elemento nei miei percorsi e progetti di lavoro con i miei clienti.
Per molti di noi, me compreso, è difficile e complicato affrontare questo “riff” e la prima cosa che facciamo è rifugiarci in credenze e convinzioni che tendono a negare, nascondere e soffocare tutto quello che “non va bene“… ma cosa vuol dire che “non va bene“?
Non lo so, ognuno di noi ha il suo sistema valoriale e di credenze, alcune di queste architetture risuonano con le mie, altre meno ma non per questo mi sento in dovere di giudicarle seccamente:
- “non va bene” perché i miei amici e le persone che frequento hanno vite che non sono toccate da queste emozioni e non è giusto che io li tormenti con le mie paturnie;
- “non va bene” perché in famiglia non si parla mai di cose brutte ed io ho il diritto di ignorare il lato brutto delle cose, tanto non ci posso fare niente… succedono e basta;
- “non va bene” perché non mi merito di essere tristǝ, preoccupatǝ ed arrabbiatǝ, in nessun caso;
- “non va bene” perché non “si fa”;
- “non va bene” perché…
Ed ecco che il “non va bene” si trasforma in un meccanismo di difesa che si avvale della negazione dell’emozione ed impedisce alle sensazioni che si stanno davvero provando di scorrere libere; il “non va bene” soffoca in un certo qual modo il nostro pensiero e si trasforma tutto in un “andrà tutto bene“… a prescindere.
L’intento, più che umano e comprensibile, di allontanare da sé quello che “non va bene” trasforma in alcuni casi le nostre esistenze in un circolo vizioso di positività tossica, dominato da un tipo di “pensiero positivo” che assomiglia più a un ordine che a un consiglio, che obbliga piuttosto che ispirare, che fa sentire sbagliati invece che felici: “andrà tutto bene“, punto.
Nasce in noi l’idea che dovremmo concentrarci solo sulle emozioni positive e sugli aspetti positivi della vita, è la convinzione che se ignoriamo le emozioni difficili e anche le parti della nostra vita che non funzionano, saremo molto più felici.
– Heather Monroe, assistente sociale clinico e direttrice del programma di sviluppo Newport Institute
Nasconderci nell’ossessione ed ostinazione ad essere felici ad ogni costo, o se non felici non essere infelici è una situazione che abbiamo già vissuto durante i primi tragici mesi della pandemia, ma non è certo una “novità“, soprattutto da quando le nostre vite sono più “social“, da quando tutto è affrontato in modo così immediato, veloce e per forza di cose semplicistico attraverso post e stories che ci insegnano a “vivere la vita che meritiamo” o meglio “vivere la vita che vogliamo“.
E sono stati questi due articoli che mi hanno suggerito di attuare una delle fughe e degli abbandoni più wow che potessi vivere:
- How to avoid ‘toxic positivity’ and take the less direct route to happiness
- When the pursuit of happiness backfires: The role of negative emotion valuation
Chissà che non funzioni anche per voi.
Non andrà tutto bene: smettila di “credere in te stesso” e fai il morto
Quello che è stato importante per me, per non cedere io stesso alla “toxic positivity”, è stato il riconoscere quanta energia mi stava richiedendo il concentrare la mia mente ed il mio pensiero non su quello che stavo provando in quel momento quanto piuttosto su come quello che stavo provando mi sarebbe servito per stare meglio dopo… poi… sì ok, ci sta, va bene… ma quando sarebbe arrivato quel “poi“?
Continuare a “credere in me stesso” e convincermi ogni volta che mi guardavo allo specchio… Cazzo quanto sono invecchiato!!!
Da dove arrivano tutti questi capelli bianchi!!!!?!?! Ommerda ho la barba più bianca di Babbo Natale e borse sotto gli occhi che manco Carpisa!!! Dove cavolo sono finito!… che se davvero volevo ce l’avrei fatta e che non dovevo fare altro che pensare positivo, etc… etc… mi stava logorando.
Mi stavo logorando ad impormi un futuro immaginario mentre il mio presente reale mi stava scivolando via fra le dita. Cosa potevo fare?
Potevo scegliere, scegliere di essere presente nell’adesso… scegliere di avere fiducia in quello che ero e che provavo in quei giorni e non perché fosse tutto “bello“, ma semplicemente perché era positivo! poṡitivo agg. [dal lat. tardo positivus, propr. «che viene posto» (usato soprattutto nel sign. grammaticale), der. di ponĕre «porre», part. pass. posĭtus]. – 1. In generale, che è posto come dato sul piano della realtà oggettuale… [omissis] (Treccani)
A volte, fermarsi alla prima definizione da vocabolario serve, eccome se serve.
Immaginarci e percepirci nel presente, nel qui ed ora, ed estremamente connessi con il reale, e non con un immaginario, attraverso tutti i nostri sensi è la cosa migliore che possiamo fare… per noi stessi soprattutto.
Avete presente quando, le prime volte che si stava al mare o in piscina, abbiamo scoperto la bellezza e la magia del “fare il morto“?
Quella strana sensazione di abbandono e contemporaneamente di “presenza” che annullava la paura e ci faceva sentire così potenti e rilassati? Ecco… quella.
“Fare il morto” nello tsunami della vita, avere fiducia non in noi stessi nel futuro perfetto che ci aspetta ma in noi stessi nell’imperfetto presente dell’adesso è un regalo che dovremmo farci più spesso… anche adesso.
Perché? Perché non andrà tutto bene, alcune cose andranno come vogliono andare e non avremo nessun potere su di loro… Perché non sempre se “credi in te stesso” e se “ti impegni veramente” ce la farai… fuori da noi ci sono eventi e situazioni che non potremmo mai controllare e direzionare.
Ma c’è una cosa che puoi fare, sempre e comunque. Leggere questo bellissimo articolo di Ilaria Campana per esempio.
Parla della fiducia in sé stessi e negli altri… concentrati sulla fiducia in te stessǝ come prima cosa: cioè sulla capacità che hai non di controllare gli eventi ma di conoscere come tu reagisci agli eventi; sulla tua capacità di amare di te anche quello che “non va bene“, semplicemente perché sei tu.
E se proprio non ti fidi di me (oops)… eccoti un altro bellissimo articolo per approfondire questo tema, sempre della mia amica Ilaria.
Andrà tutto bene: credi in quello che sei realmente
Ma è anche vero che in un certo senso “Se ti impegni e lo vuoi veramente ce la farai“… in un certo qual modo. E qual è questo modo?
Il “modo” è solo uno: rivolgere il tuo sguardo non solo fuori da te ma sull’effetto che hanno su di te gli eventi che ti circondano e costruire dalle informazioni che ottieni un tuo personale “albero della fiducia” con radici profonde e solide nel mare dei tuoi sentimenti e delle tue emozioni, con rami e foglie e frutti che sono veri, reali e concreti.
Se ti impegni a definirti, raccontarti e narrarti non per assomigliare ad un modello preconfezionato o imposto, allora ce la farai davvero: ce la farai una persona migliore oggi di quello che sei statǝ in passato e pronto ad essere una persona migliore domani di quello che sei oggi. Che è quello che conta… no?
Anche perché come dice la mia amica e collega Lidia B. in questo suo articolo “La sfida della fiducia“: La fiducia… [omissis] Non si vede, ma c’è.
E la sua mancanza si sente.
Tre regole d’oro tre per fuggire da noi motivatori
Esistono quindi delle regole da seguire per “fare il morto” come si deve e non affogare nel mare delle nostre emozioni ed acquisire maggiore consapevolezza del sé, quella vera e non quella delle pagine instagram?
Sicuramente una lettura interessante sul tema della consapevolezza del sé è l’articolo della collega Giulia Rota Biasetti, proprio qui, su questo magazine: “15 leggi che ti aiutano…” , quello che mi sento di proporti io è quello che propongo ed affronto con i miei clienti: tre semplici regole per fuggire da questa sorta di iper-motivazione.
1] FAI IL “MORTO”
diventa consapevole della quantità di energia che hai accumulato nel magazzino del tuo cuore e della tua mente e fai quello per cui il nostro cervello è programmato: risparmiare energia fisica e mentale, il più possibile.
La forza di volontà e l’impegno sono ingredienti essenziali per tutti, ma vanno usati poco e con cura, perché si esauriscono in fretta rallentando notevolmente la soluzione dei problemi di “adesso”.
2] FAI IL “MORTO”
Parlati in modo diverso e più gentile. Le parole che usiamo per raccontare e per raccontarci sono carburante emotivo potente e… sempre a disposizione!
Anziché un pressante “Dai! Dai! Dai!“, cosa che sfiancherebbe persino Gianni Morandi, trova modi, parole e forme gentili per sostenerti a galla mentre fai il morto, ricordati cosa ti diceva la tua mamma o il tuo papà quando ti vedevano “stanco” e pronto ad abbandonare…
Prova ad elaborare strategie che ti aiutino a fare “dolcemente” quel che devi fare, a piccoli passi… non devi saltare nessun gradino di nessuna scala… devi farli uno alla volta… tanto gli altri gradini non si muovono…gli altri che corrano pure e che si affannino… tu non sei obbligato ad essere come loro.
3] FAI IL “MORTO”
Esattamente come in mare o in piscina: lascia che il tuo cuore e la tua mente siano liberi di andare dove cavolo vogliono mentre galleggi consapevolmente… pronto a tornare qui ed ora, presente a te stesso e agli altri.
Abbandonarsi alle proprie emozioni, lasciarle andare, non significa esserne in balia, lasciare che la vita ti scorra addosso non significa votarsi all’ignavia e all’atarassia: significa sapere quello che si è in quel preciso momento e scegliere come trattarlo.
Permettere alle proprie emozioni di nascondersi, di fuggire, di lasciare un vuoto… quello sì che ti distrae dalla vita.
Ho fatto il “morto” e…
Ma alla fine… cosa mi è successo?
Magari non ti interessa ma voglio dirtelo lo stesso: è successo che il mio babbo è tornato a casa dall’ ospedale e adesso sta “bene“, come può stare un vecchietto di 85 anni quasi 86 con un cancro, un defibrillatore e qualche naturale acchiacco… la mia mamma è contenta che può passare le sue giornate a litigare con il suo uomo… io sto scrivendo questo articolo su un terrazzo enorme circondato dal verde nella mia nuova casa e mentre mi godo il tepore di questo ultimo sole d’estate dalla cucina arriva un profumo inebriante di biscotti appena sfornati dal mio compagno… la prossima settimana inizieremo una nuova vita insieme ma non insieme… ma è la prossima settimana, non è adesso… adesso voglio fare merenda con i suoi biscotti.
E tu? Farai merenda oggi?
Massimo Chionetti
HR Trainer | Consultant | Attore
Bio | Articoli | Video Intervista
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