
Una poesia per educare: i bambini hanno bisogno di esempi
I bambini imparano da quello che vivono
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Dorothy Law NOLTE, consulente familiare statunitense, racchiude con parole semplici ma piene di significato, in una sua raffinata poesia dal titolo Children learn what they live, un componimento delicato ma incisivo, che tutti i genitori dovrebbero leggere attentamente, tenere sempre bene a mente e considerarlo quasi un “decalogo” da seguire, se veramente si vuol comprendere veramente cosa occorre per la cura di un bambini, per educare con consapevolezza e la piena responsabilità che il ruolo genitoriale impone:
Se i bambini vivono con le critiche, imparano a condannare.
Se i bambini vivono nell’ostilità, imparano a combattere.
Se i bambini vivono con la paura, imparano ad essere apprensivi.
Se i bambini vivono con il ridicolo, imparano ad essere timidi.
Se i bambini vivono con la gelosia, imparano a provare invidia.
Se i bambini vivono con l’onestà, imparano ad essere sincero.
Se i bambini vivono con la correttezza, imparano cos’è la giustizia.
Se i bambini vivono con la gentilezza, imparano il rispetto.
Se i bambini vivono con la lode, imparano ad apprezzare.
Dunque, i bambini sanno adeguarsi, si riconoscono e imparano tutto quello che gli viene trasmesso, percepiscono ogni sfaccettatura della voce, ogni sguardo o movimento che non sia coerente con quanto ascoltano dalla voce del genitore. L’ esempio dell’adulto è la base da cui partire per arrivare al cuore del bambino, che deve poter leggere innanzitutto un chiaro nesso tra quel che il genitore dice e quel che in mette in pratica; il genitore deve credere in quello che vuole che il bambino riceva, degli insegnamenti che corrispondano a concrete azioni e comportamenti quotidiani.
Educare significa sintonizzarsi con il bambino
Daniele Novara nel suo libro Nessuno si educa da solo, una vita da pedagogista (Prima edizione maggio 2023, Edizioni Sonda) parla di sintonizzazione con la mente infantile, che spesso sembra essere molto lontana dalla quotidianità, dalla relazione tra genitori e figli; come D. Nolte, seppur in altre espressioni, ma altrettanto mirate a divulgare i medesimi contenuti, intitola un breve paragrafo del suo testo Perché i bambini imparano con le buone esperienze e non con le spiegazioni verbali e poi afferma quanto segue: “L’adulto che pretende di incalzare il bambino con tutto quello che deve e non deve fare, quello a cui deve o non deve sottoporsi, pare lontano anni luce dalla possibilità di sintonizzarsi con la mente infantile. Al mattino ha due minuti per uscire di casa, ma questi due minuti non coincidono con i tempi infantili, e allora ecco le arrabbiature e i discorsi. Il compito educativo deve essere quello di predisporre invece che di imporre […]”.
Se veramente si vuol comprendere cosa occorre per la cura di un bambino, una cura che non passi solo ed esclusivamente per il riparo e il nutrimento, per quello che più di basilare e primario si possa pensare di fare, è necessario non sottovalutare il bisogno di ogni bambino di essere compreso, ascoltato, di essere seguito durante la scoperta della sua sfera emotiva, la sua interiorità, accompagnato nel suo sviluppo psicoaffettivo.
La capacità del genitore di essere empatico, di creare una sintonia con il proprio figlio è fondamentale, affinché il bambino diventi consapevole e impari a gestire al meglio tutte le emozioni confuse e ancora sconosciute nella sua prima fase di crescita; un garbuglio da districare, che ha bisogno di risoluzioni, spiegazioni e sostegno, perché un bambino compreso nei propri sentimenti e nelle proprie emozioni sarà un bambino più sereno.
Educare alle emozioni e non solo…
Nella prima infanzia le emozioni, tutte, comprese le più difficili da gestire ed elaborare, come la rabbia o la tristezza, hanno un loro valore e hanno necessità di essere curate e seguite dall’adulto, che può e deve far sì che queste diventino per il bambino chiare e leggibili. Se comprendere le emozioni di un bambino, immedesimarsi in quel che prova, assicurarsi che impari nel tempo a distinguere ogni diversa emozione ed accettarla, è un requisito imprescindibile, tra i compiti principali dell’adulto c’è anche quello di condurre il bambino, guidarlo nel suo percorso di crescita attraverso una educazione che sappia coniugare anche autorevolezza e un forte senso di responsabilità.
Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta, nel suo libro Allenare alla vita (Prima edizione aprile 2024, Mondadori), spiega che educare significa essere responsabili del proprio ruolo, si appella ai doveri che i genitori sono chiamati ad ottemperare, evitando quindi di far ricadere colpe inesistenti sui propri figli per il loro comportamenti, perché inevitabilmente riflettono ciò che gli viene trasmesso; auspicando il ritorno di adulti, genitori in possesso non di autorità, ma di autorevolezza e responsabilità:”[…] riconquistare quell’autorevolezza affettiva e affettiva che è necessario rimettere al centro della relazione con i nostri figli. […] come adulti, dobbiamo diventare testimoni, protagonisti, esempi e promotori, in un’assunzione di responsabilità che non possiamo delegare a nessun altro”.
Non esistono bambini nati con un carattere già formato, impostato e definito per sempre; secondo A. Pellai, sono i genitori che imprimono una prima forma, sono come scultori davanti ad un “blocco di marmo” e per questo devono riuscire a comprendere l’importanza di una sana ed efficace educazione. Pellai scrive: “Nulla come l’educazione necessita di avere una visione rivolta al futuro: ciò che facciamo con i nostri figli e studenti avrà conseguenze su ciò che loro faranno della loro vita nel medio e lungo termine. La crescita necessita della stessa cura di un giardino”.
Roberta Favorito
Laureata in Lettere, Specializzazione in Scienze Pedagogiche
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