La relazione tra paziente e terapeuta: appunti di viaggio
Il paziente decide la strada, il terapeuta incoraggia a scoprire come percorrerla
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Ogni vetta viene raggiunta quando, immaginando di essere lì, cominci ad allacciarti le scarpe uscendo dalla comodità di ciò che conosci.
Zaino in spalla il viaggio mi riporta in India, in Sikkim precisamente, un mondo permeato dal buddismo, bandiere, incensi, canti di meditazione e preghiere spuntano da ogni pertugio, un pensiero mi attraversa, in ogni partenza un sentimento di nostalgia mi ha sempre accompagnato per ciò che stavo lasciando misto ad un senso di curiosità per quello che mi sarei apprestato a vivere.
Nel tempo ho imparato l’importanza di entrambi questi sentimenti, a offrigli lo spazio giusto nel mio essere, a farli convivere dentro di me, rappresentano il mio modo di amare le persone che mi circondano, i luoghi a cui appartengo, i diversi ruoli che svolgo nella vita.
Già da bambino avevo una propensione al viaggiare, a spostarmi, a perdermi, la natura, i boschi i miei compagni preferiti e al tempo stesso curioso mi immergevo completamente nell’ ascoltare la storia delle persone. Il dolore la sofferenza mi hanno sempre spinto a cercare un rimedio in una comprensione, mal tolleravo l’ingiustizia, il sopruso.
Non mi sono mai accontentato, intransigente con me stesso, cercando di trovare il modo di esprimere ciò che avevo dentro, ho cambiato tante volte pelle e la mia scelta di diventare psicoterapeuta è emersa proprio da questa spinta che voleva trovare il modo di includere parti diverse. Come un diamante grezzo ho imparato a togliere per trovare, ho dovuto attingere a risorse sconosciute quando il dolore sembrava diventasse insopportabile, apprendendo che imparare cosa è l’amore passa attraverso tante prove anche dure e difficili.
Un filosofo poeta, Alexander Jollien, aggiungendosi ad una schiera di mistici, poeti, ha detto che…
non si nasce liberi ma impariamo ad esserlo nella nostra vita se ci dedichiamo il tempo necessario.
In questo percorso tre torrenti sono confluiti in un unico fiume, la meditazione, l’arte di vivere, scoprendo l’essenziale togliendo il superfluo, come essere in pace anche in mezzo alla tempesta, le costellazioni familiari, offrire dentro di me un posto al passato che ci arriva dalla storia dei nostri genitori, e la terapia sistemica familiare, attraverso le relazioni che viviamo scopriamo chi siamo e chi vogliamo diventare.
Anna e Marco, arrivano in terapia, hanno già perso un bambino, e quello che lei porta adesso nella sua pancia, che più di ogni altra cosa vorrebbe partorire, crea mille difficoltà. Ansia, paura, dolore, rabbia sono gli ingredienti che mi sottopongono. Gli chiedo cosa si aspettano da me, neppure loro lo sanno, gli ho qui di fronte nello studio perché da soli non c’è la fanno e le persone che hanno intorno non li aiutano ne li tranquillizzano.
Imparare a vivere le proprie emozioni senza oscillare negli estremi, vuol dire scoprire dentro di sé un centro che ha la consapevolezza di poter trovare e usare risorse per rispondere alla vita, sapendo che ciò che possiamo fare è mettere tutto quello che abbiamo, poi è la vita che segue il suo ordine.
Ogni scalino che saliamo, ci restituisce un pezzettino del valore che stiamo cercando.
Le difficoltà, anche grandi, che incontriamo lungo il percorso della vita, ci costringono a cambiare, modificarci, includendo significati nuovi e necessari per il nostro camminare, spesso scossi come alberi dalla tormenta, ci ritroviamo nudi di fronte all’esistenza.
Ed è proprio in quel momento che si possono aprire nuove possibilità.
Mattia arriva in studio distrutto, la sua compagna, mamma dei due bellissimi figli così mi dice, ha deciso di interrompere la relazione. Nove anni insieme, non se lo aspettava, credeva in quel per sempre che si erano promessi tanto tempo fa. Negli ultimi mesi sentiva che il loro rapporto si era raffreddato, ma non credeva fino a quel punto, incredulo, arrabbiato, spaventato. Sostenere Mattia ha voluto per me dire ricontattare alcune mie ferite, scendere con lui nel dolore della perdita che conoscevo bene, l’avevo provato tempo prima.
L’ho aiutato a trovare risposte, significati e risorse non sempre facili da contattare, nel percorso le emozioni sono state irruente talvolta anche violente, una violenza che ha lasciato Mattia incredulo di se stesso. In fondo, dentro di sé aveva nascosto molti vissuti, quasi dimenticati.
I profumi dell’India le sue montagne, le montagne dell’Himalaya mi affascinano, spezie, fiori, incensi, bandiere, una moltitudine di macchine e camion e moto che si muovono su strade indecenti, scansando persone ed animali. Ad ogni angolo un tempio, un monastero trasandato, nuovo, in mezzo al niente oppure proprio in mezzo.
Non c’è un criterio per noi occidentali, per come vengono fatte le cose in India eppure funziona anche così.
Mi affascina questo continente, caos e saggezza, millenari entrambi, urla e voci in un luogo in cui c’è scritto silenzio, i telefonini, le foto qui sono usati sempre in ogni posto, luogo ed angolo. Eppure un fiume sotterraneo, una linfa vitale scorre nel profondo. Ho sempre avuto la sensazione che c’è qualcosa d’altro che non si può vedere con i soliti occhi, va scoperto con gli occhi del cuore.
Ed è proprio questa una chiave che cerco di condividere con i miei pazienti, oltrepassare i giudizi della mente e incominciare a guardare e vivere con il cuore.
Lì dove la mente ha paura di andare il cuore ha già lo zaino sulle spalle.
Aprire gli occhi del cuore vuol dire riconoscere i propri limiti, le proprie paure, imparare ad amarle o se vogliamo imparare ad amarsi e provare a conoscersi. Una frase che ho letto mi sta accompagnando in questo viaggio, cerco di migliorarmi come essere umano non cerco di essere il migliore.
Le persone che si rivolgono alla terapia non sanno bene cosa vogliono da questa vita, cosa cercano, immerse in schemi che fagocitano, li vedo spesso arrancare, come se avessero perso la propria bussola.
Francesca e Valerio due brillanti e affermati professionisti, in crisi da sempre, la loro storia è nata sulle ceneri di due fallimenti, separati da tre anni, non si sono mai potuti lasciare. C’è la figlia di trent’anni che con il suo modo di essere, disfunzionale, ha tentato il suicidio tre volte, ma mai veramente, li tiene lì a doversi confrontare e litigare e ritirare fuori quei sospesi, tanti, che ancora premono.
Non sono d’accordo o meglio hanno versioni diverse su tutto, anche del perché si sono sposati, lei che attacca a testa bassa, lui che dal suo angolo risponde squalificandola sempre.
Che viaggio stupefacente è la coppia, assolve a più compiti, uno sicuramente è di riparazione di vissuti dolorosi derivante dalle rispettive infanzie e l’altro di crescita individuale, ci costringe a guardare dentro di noi e trovare modi diversi per affrontare la vita, insomma in una parola cambiare.
Alessandro è un manager che prende decisioni estremamente importanti coinvolgendo e determinando la vita di tante persone. Eppure quegli attacchi di panico non se li spiega proprio. Il covid, una malattia di poco conto, e si è ritrovato con un se stesso fragile e vulnerabile che non vuole sentire o conoscere. Si rivolge a me con il piglio che lo contraddistingue da sempre c’è un problema voglio la soluzione.
Ci sono volute più sessioni perché Alessandro si fidasse e si aprisse mostrando una storia ed una sensibilità che aveva imparato a celare dietro ad una maschera rigida e perfetta. Aprire gli occhi del cuore vuol dire avere il coraggio di incontrarsi scoprendo lati, parti di noi nascoste, attraversando un percorso, un viaggio che guiderà verso il cambiamento. Talvolta proprio quello immaginato altre volte no.
Clacson che suonano anche alle 6 del mattino in questa cittadina a 2000 metri vicino al confine con il Tibet, oggi Cina, ed il Nepal. Cani che abbaiano, tra di loro, a qualcuno che cammina, forse a fantasmi perché in realtà non c’è nessuno, le montagne si mostrano dopo una notte di pioggia, offrendomi una visione di eternità. La neve, i ghiacciai che le ricoprono sembrano essere lì da sempre.
Comprendo perché tanti uomini e donne, esseri umani come me, hanno deciso di ritirarsi proprio su queste vette, alla ricerca di un silenzio, di una profondità che il mondo non può offrire. Incensi bruciano e i canti dei monaci che provengono dal monastero qui vicino, invadendo la valle mischiandosi ai tanti rumori, indicano che la vita quotidiana si sta velocemente riavendo.
Dott. Stefano Cotugno
Psicoterapeuta Sistemico Relazionale
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