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Scrittura Terapeutica: definizione e benefici

Conoscersi e curarsi attraverso l’arte della scrittura


La scrittura è la fissazione di uno o più segni linguistici in una forma esterna più o meno durevole.

Impariamo ad utilizzarla alle elementari, prima lo stampato maiuscolo, poi il minuscolo e per ultimo il corsivo.

A differenza del linguaggio parlato, che è presente naturalmente con strutture biologiche specifiche, la scrittura è un processo tecnologico che non ritroviamo necessariamente in tutte le culture.

Tuttavia, essa resta un metodo fondamentale di comunicazione umana ed è il mezzo finora più efficace per la conservazione e la trasmissione della memoria storica.

L’avvento della scrittura, secondo Jack Goody,  ci ha permesso un addomesticamento del pensiero tale da consentire processi quali l’astrazione, la formalizzazione, la logica, l’analisi, la classificazione, la sintesi e l’ipotesi e quindi la formazione di nuove teorie.

Grazie alla scrittura è possibile sperimentare l’innovazione, l’oggettività e il distacco. Quest’ultimo aspetto è particolarmente rilevante come vedremo più avanti.

Nonostante i benefici che gli adulti riconoscono alla scrittura quando si tratta di “cose da bambini“, come tenere un diario segreto, spesso vi è una maggiore resistenza nell’utilizzare questa opportunità nel mondo adulto.

Le motivazioni portate possono essere diverse, la mancanza di tempo, la perdita di creatività, il sentirsi ridicoli, l’aver perso l’abitudine di scrivere, ecc.

È noto come molti autori di ieri e di oggi abbiano dichiarato di aver utilizzato la scrittura artistica come strumento per esorcizzare le proprie paure o rielaborare l’esperienza di alcuni eventi della propria vita.


La scrittura terapeutica

La scrittura terapeutica può aiutarci a confrontarci con i nostri sentimenti nocivi e dolorosi che, se ascoltati, possono offrirci una maggiore comprensione del nostro mondo interiore, può essere il tramite che dà via libera alle nostre emozioni, permettendoci di esprimerci senza timori, in modo da conoscere noi stessi.

Ci consente di esplorare il nostro mondo emotivo, i nostri pensieri, sentimenti ed entrando in contatto con il nostro dialogo interno, incluse le emozioni negative.

La scrittura si può considerare come un viaggio interiore che offre la possibilità di ascoltarsi e conoscersi meglio.

Si tratta di imparare a parlare di emozioni e sentimenti senza sentirsi giudicati, costruire il nostro sé aiutandoci ad intravedere nuove strade di consapevolezza, orizzonti che non conoscevamo.

A livello terapeutico possiamo distinguere diverse tipologie di scrittura:

Scrittura creativa

Con questo termine si intende quel genere di scrittura che va oltre l’attività professionale, il semplice seguire le regole imposte dalla grammatica e dall’obiettivo da raggiungere dal punto di vista tecnico. È la scrittura che libera la potenzialità creativa di una persona, che esplora ambiti e soluzioni inediti, che vanno oltre la scrittura professionale, giornalistica, accademica, e tecnica.

Scrittura consapevole

Consente di mettere a nudo le proprie emozioni, di svelare traumi celati nell’inconscio, di evidenziare disagi e blocchi del vivere quotidiano. Diventa una forma quasi di meditazione, un modo per ritrovare la propria vera voce, la parte più profonda e interiore di noi stessi che ha bisogno di essere portata alla luce.

Scrittura espressiva

La scrittura espressiva è una strategia di scrittura ideata dallo psicologo sociale James W. Pennebaker, capace di dare voce alle emozioni. Attraverso la scrittura espressiva l’individuo entra in contatto con il proprio mondo interiore, intraprende un percorso di introspezione e presa di coscienza di sé.


Lo studio Pennebaker

James W. Pennebaker, professore dell’Università del Texas, viene considerato lo scopritore dell’effetto terapeutico della scrittura.

Egli, a causa di una serie di eventi personali sperimentò dapprima su sé stesso i benefici di questo gesto.

Pennebaker si sposò subito dopo il college nei primi anni del ’70 ma dopo tre anni, lui e sua moglie iniziarono ad avere i primi problemi.

Egli divenne confuso e incerto, sprofondando pian piano nella depressione. Iniziò a mangiare meno ed a bere di più, isolandosi.

Dopo un mese dalla crisi, una mattina, Pennebaker saltò letteralmente giù dal letto e si sedette davanti alla macchina da scrivere.

Si fermò lì per un po’ a riflettere poi, iniziò a scrivere del suo matrimonio, dei suoi genitori, della sua sessualità, della sua carriera ed anche della morte.

Scrisse a lungo finché accadde qualcosa di sorprendente. Si sentì più leggero, la depressione pian piano svaniva lasciando il posto alle emozioni più piacevoli.

Pennebaker, iniziò a sentire nuovamente l’unione affettiva e profonda che provava per sua moglie.

L’aver attraversato questa fase complicata fece sì che Pennebaker investisse 40 anni della sua vita nella ricerca, con lo scopo di comprendere al meglio le connessioni fra lo scrivere e le emozioni.

Analizzò a lungo gruppi di persone a cui chiedeva di scrivere di avvenimenti emotivamente significativi ed altri cui chiedeva di scrivere di cose comuni come le scarpe o le macchine che attraversavano il viale. Entrambi i gruppi scrivevano per circa 20 minuti al giorno, 3 giorni consecutivi.

In queste sezioni di scrittura alcuni partecipanti scrissero di abusi sessuali, alcuni di fallimenti, altri ancora della devastazione della perdita sentimentale, legata a malattie o alla morte.

Una donna scrisse del profondo senso di colpa per un incidente occorso quando aveva 10 anni. Aveva lasciato un gioco sul pavimento e sua nonna inciampò e cadde, infine morì.

Un altro uomo scrisse di una calda notte estiva di quando aveva 9 anni. Suo padre lo prese da parte e con calma gli disse che avere dei bambini era stato il suo errore più grande. Detto questo andò via.

In ogni sperimentazione Pennebaker notò che chiunque avesse scritto episodi carichi di emozioni riusciva, in seguito a ad avere miglioramenti psichici e fisici.


Quanto fa bene scrivere

A cosa mi serve scrivere?

L’efficacia del potere terapeutico della scrittura si manifesta quando impariamo a lavorare su noi stessi senza reticenza superando i blocchi, i pesi e gli squilibri del nostro vissuto.

La scrittura diventa un utile strumento da afferrare con consapevolezza per esplorare e conoscere la nostra interiorità.

Chiede di intraprendere un percorso di conoscenza di sé sicuramente faticoso e talvolta doloroso ma certamente rigenerativo, in quanto ci consente di sciogliere i molti dei nostri nodi interiori.

Da un punto di vista psicologico, ci aiuta ad entrare nel trauma (di cui talvolta portiamo inconsapevolmente evidenti segni esteriori) e a liberarcene, ad affrontare e superare i sensi di colpa che spesso ci accompagnano condizionando le nostre scelte, ad elaborare lutti difficili, ad affrontare e convivere con la malattia.

La possibilità di scrivere a mano, di riportare su un foglio di carta le proprie emozioni, esperienze e pensieri, sembra favorire un movimento che va nel profondo.

C’è un periodo della vita, solitamente durante le scuole elementari, in cui molti bambini di ieri e di oggi sono stati e sono tuttora incoraggiati a tenere un “diario segreto“.

Che sia un semplice quaderno o un vero e proprio diario con il lucchetto, il diario segreto ha rappresentato per molti, nella fase di rapidi cambiamenti tra l’infanzia e l’adolescenza uno spazio significativo di gestione delle emozioni.

Il diario segreto raccoglie sfoghi, arrabbiature, confidenze, speranze, rimpianti, obiettivi per il futuro.

Aiuta a spaziare con la mente tra il passato, le pagine già scritte, ed il futuro, quelle bianche. Il diario segreto per il bambino o ragazzo rappresenta un utile supporto alla capacità di “elaborare, riconoscere, descrivere e gestire le proprie emozioni“.

Spesso dopo aver scritto pagine e pagine, magari a fiume, ci si sente “scaricati“, come se parte delle proprie emozioni fossero fluite dalla propria interiorità al foglio tramite la penna.

Tante volte rileggere le frasi scritte, aiuta a rimettere in prospettiva, relativizzare certi avvenimenti, riguardarli con una giusta distanza. In alcune occasioni rileggere il diario permette di individuare dei nodi ricorrenti, delle tematiche che ritornano, che in qualche modo ci appartengono.

Dalla vaghezza ed incertezza verso una maggiore chiarezza.

Mettere per iscritto aiuta infatti a definire, a specificare, a mettere dei confini alle nostre emozioni.

Aiuta a mettere più a fuoco i propri vissuti e pensieri, a guardarli da fuori, ad osservarli con una maggiore chiarezza, a metterli in ordine dando la sensazione di maggior controllo.

La scrittura non è magia ma, evidentemente, può diventare la porta d’ingresso per quel mondo che sta nascosto dentro di noi. La parola scritta ha la forza di accendere la fantasia e illuminare l’interiorità.  – Aharon Appelfeld


Giulia Rota Biasetti Autrice presso La Mente Pensante Magazine
Dott.ssa Giulia Rota Biasetti
Life Coach e Tecnico della Riabilitazione Psichiatrica
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