Che cosa puoi fare per esprimere tutto il tuo potenziale?
Sei passi per una crescita personale
Ognuno di noi mette in atto determinati comportamenti in determinate situazioni e con determinate persone con cui entra in contatto.
Che cosa significa?
Ti sei accorto che di fronte a certi tipi di persone reagisci e ti comporti sempre nello stesso modo? Che in certe situazioni e in certi contesti metti in atto sempre gli stessi comportamenti?
Sicuramente sì!
Ognuno di noi porta dentro di sé uno schema o copione (Berne, 1979: “Un piano di vita che si basa su di una decisione presa durante l’infanzia”) appreso nei primi anni di vita all’interno della sua famiglia; là-e-allora questo copione è stato funzionale alla sopravvivenza, perché ci consentiva di massimizzare il contatto con le nostre figure di accudimento, con i nostri genitori o aventi funzioni genitoriali.
È come un repertorio di reazioni che ci portiamo dietro da una vita e che tendiamo a “tirare fuori” nelle situazioni in cui ci troviamo, soprattutto nelle relazioni con gli altri che incontriamo nella nostra quotidianità e che ci ricordano per alcuni aspetti (di solito in maniera inconsapevole) figure importanti della nostra vita, in particolare della nostra infanzia.
Un esempio può chiarire meglio questo concetto: se hai avuto un padre severo e critico ed hai imparato a compiacerlo per ottenere riconoscimenti e affetto da parte sua e per evitare valutazioni negative o punizioni, utilizzerai la stessa modalità di reagire quando ti relazionerai con persone altrettanto critiche e giudicanti, o che presumi siano tali.
Di fronte ad un datore di lavoro che alza la voce facilmente o ti rivolge una critica per come hai svolto un incarico, tenderai a rimanere in silenzio e a tentare in tutti i modi di “rimediare“, di compiacerlo per corrispondere alle sue aspettative e ottenere il suo apprezzamento.
Il passato fa breccia nel presente
Questo significa che ognuno di noi tende a dare delle risposte “preconfezionate” e a reagire in maniera copionale, automatica e predeterminata dalla sua storia di vita.
Spesso si tratta di risposte incongruenti ed eccessive rispetto a quanto accade: offendersi e sentirsi molto dispiaciuti quando la persona con cui ci rapportiamo mostra un parere diverso dal nostro; reagire in maniera aggressiva, perché qualcuno non ha rispettato la fila per entrare al cinema e così via.
Senza accorgercene, veniamo catapultati nel passato, sperimentando gli stessi pensieri, le stesse emozioni e sensazioni, gli stessi comportamenti di allora (si parla di Elastico: “Quando qualcosa nella situazione presente fa scattare (…) una risposta che appare fuori luogo o esagerata rispetto alla situazione, questo è un indizio (…) che forse si trova di fronte ad un sentimento arcaico; c’è uno scatto indietro, o “Elastico“, verso un vecchio e familiare sentimento dell’infanzia, che si sta esprimendo nel “qui ed ora”; Kupfer e Haimowitz, 1971).
Solitamente mettiamo in atto le stesse reazioni anche in particolari situazioni che ci troviamo a vivere: di fronte ad un pubblico qualcuno potrebbe avere difficoltà a parlare e ad esporsi, potrebbe sentirsi intimidito, mostrando un comportamento goffo e impacciato; quando si ferma l’auto per strada, c’è chi si sente estremamente preoccupato e ansioso, perché pensa di non essere in grado di cavarsela, o di chiedere aiuto.
Sotto a queste nostre reazioni automatiche si celano delle credenze che abbiamo su noi stessi, sugli altri e sulla vita (sistema ricatto: Erskine e Zalcman, 1979) che riproponiamo in qualsiasi contesto e che sono il risultato dell’introiezione dei messaggi genitoriali e delle figure significative della nostra vita.
Conseguentemente i comportamenti che teniamo sono “guidati” da tali credenze e convinzioni, che non hanno una corrispondenza con la realtà, non sono veritiere.
La gabbia dei nostri limiti
Rimanendo “incastrati” e rigidi su tali credenze, sulle conseguenti emozioni e sensazioni e sui comportamenti che ne scaturiscono, rimaniamo ingabbiati e non esprimiamo tutto il nostro potenziale.
È proprio come farebbe un canarino cresciuto in cattività: conosce solo quella gabbia in cui è rinchiuso da sempre e non si azzarda ad uscirne, neanche quando la porticina viene spalancata.
Il mondo esterno sconosciuto e imprevedibile lo spaventa, così come a noi spaventa uscire da questi schemi, copioni che ci portiamo dietro da una vita e che mettiamo in atto in maniera automatica. Uscendo dal “conosciuto” temiamo di perdere il controllo e di sentirci sopraffatti e intimoriti dalle risposte degli altri.
Tornando all’esempio di prima, se hai avuto un padre severo e critico, manifestando le tue idee e le tue opinioni al datore di lavoro riguardo all’incarico che hai svolto, potresti temere di essere giudicato negativamente e, di conseguenza, di sentirti inadeguato e sopraffatto.
Potresti essere convinto che sarai valutato in maniera negativa ed è questo ciò che ti aspetterai, per via della tua esperienza passata in famiglia con tuo padre.
Cosa fare per cambiare e imparare ad esprimere il proprio potenziale? Cosa fare per allargare (Romanini, 1988) il proprio copione di vita incorporando nuovi schemi e nuovi modi di agire?
Sei passi per esprimere te stesso e il tuo potenziale
Ecco sei passi da seguire per esprimere il tuo potenziale:
- Innanzitutto, cominciare a prendere consapevolezza delle tue reazioni automatiche, delle convinzioni, delle emozioni e delle sensazioni sottese che le alimentano;
- Ricollocare convinzioni, emozioni e comportamenti automatici nel passato, nel rapporto con le tue figure di riferimento significative;
- Trovare opzioni di comportamento (Karpman, 1971) diverse da quelle automatiche ed usuali che metti in atto, sperimentandoti in modalità diverse, uscendo dalla tua zona di confort, affrontando le tue paure e preoccupazioni e dando dignità e valore alle tue idee ed opinioni, al tuo modo di essere al di là e indipendentemente da quello che dicono e pensano gli altri;
- Cambiare il dialogo interiore per renderlo positivo: darti riconoscimenti, prenderti cura di te, valorizzare e dare importanza alla tua esistenza, accogliendoti con amorevolezza (cfr. Compassion Focus Therapy: Gilbert, 2012; https://www.compassionatemind.it/) e accettandoti con i tuoi punti di forza/pregi, così come con i tuoi punti di debolezza/difetti;
- “Fare centro“, centrarti: rallentare, ascoltare il tuo respiro, rendendolo più profondo; prendere contatto con le tue sensazioni e con il tuo corpo nel qui-ed-ora, prendere distacco da tutto ciò che è esterno per sintonizzarti con il tuo sé e con la tua anima, facendo scivolare via i pensieri (cfr. Mindfulness psicosomatica: https://www.neuropsicosomatica.com/pnei/; https://www.benessereglobale.org/; https://www.villaggioglobale.eu; https://progettogaia.eu/).
- Entrando “dentro di te“, nel tuo mondo interiore, puoi contattare ciò che vuoi veramente: allontanandoti dalle aspettative, dai giudizi e dalle valutazioni dell’altro puoi esprimere il tuo potenziale e i tuoi desideri.
Bibliografia
BERNE E. (1979). “Ciao!”…e poi?, Milano, Bompiani.
ERSKINE R. e ZALCMAN M. (1979). The racket system: a model for racket analysis, T.A.J., 9, 1, 51-59.
GILBERT P. (2012). La terapia focalizzata sulla compassione. Caratteristiche distintive, edizione italiana a cura di PETROCCHI N., Franco Angeli.
KARPMAN S. (1971). Options, T.A.J., I, 1, 79-87.
KUPFER D. e HAIMOWITZ M. (1971). Rubberbands Now. Part I, T.A.J., I, 2, 10-16.
ROMANINI MT. (1988). “Curare” con l’Analisi Transazionale, Rivista Italiana di Analisi Transazionale e Metodologie Psicoterapeutiche, VIII, 15, 5-16.
Dott.ssa Claudia Cioffi
Psicologa e Psicoterapeuta Analitico Transazionale
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