Sempre per sempre, un debito d’amore
Il mare della vita, puoi solo imparare a nuotarci dentro
Sempre per sempre, in una società fluida, dove i punti di riferimento, cambiano, si trasformano, si evolvono ed evaporano velocemente, gli individui che si uniscono per formare una coppia, una famiglia si confrontano con una molteplicità di stimoli, possibilità, imprevisti, personali ed esterni.
Si ritrovano immersi in un sacco stracolmo di informazioni, spesso privo del manuale di istruzioni.
L’idea di costruire il nido oggi attraversa una crisi strutturale, derivante da diversi fattori, uno su tutti la velocità.
Tutto e subito, questo è lo slogan che governa le vite delle persone, c’è un estrema difficoltà a immaginare un percorso, a sudare per ottenere, a fare quella fatica per comprendere e costruire, a essere resilienti e pazienti rispetto ai risultati anche quando, questi faticano ad arrivare.
Siamo immersi in un mare di occasioni, ma spesso, proprio perché così tante, ci sfuggono non sapendo quale prendere, vivere, non sappiamo a quale tra le tante possibilità dare la nostra attenzione, e la nostra priorità.
Nella vita dell’individuo, nella storia di una coppia due aspetti sostanziali si confrontano e si scontrano, da un lato libertà, autonomia, indipendenza e dall’altro desiderio di appartenere, essere parte, riconoscersi nell’altro.
Queste due ali dell’essere umano se battono sincroniche permettono di alzarsi in volo giocando tra orizzonti vasti, scoprendo territori sconosciuti, addentrandosi con fiducia in spazi nuovi, imparando ad imparare a costruire, sostenere, esplorare.
Dentro alla stanza di terapia queste due ali mi vengono presentate come un insieme di vissuti, comportamenti, richieste che più che la sincronicità, mostrano il conflitto.
Angelo e Irene, sono una coppia giovane, lui fuggito da casa, realtà del sud, che non offriva sbocchi, aveva trovato in Inghilterra la sua possibilità di rivincita, scoprendo una professione, facendo carriera in breve tempo.
Lei lo ha seguito dopo, vedendo in lui la possibilità di trovare finalmente un porto sicuro rispetto alla storia che portava.
Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi.
Sono bastati pochi mesi perché l’eredità, la storia affettiva, familiare, che entrambi portavano, emergesse con tutta la sua intensità, trovandosi a confliggere, rinfacciandosi le promesse non mantenute urlandosi che sicuramente stavano meglio prima.
Bisogno di appartenere, desiderio di autonomia.
Costruire la coppia, semplici storie familiari
Il lavoro su se stessi, è diventato oggi un punto centrale nella vita di molte persone, scoprire chi siamo, quali risorse possono essere elaborate e usate per affrontare le sfide che la vita ci mette di fronte, permette di uscire da quella confusione e da quelle zone d’ombra che accompagnano la quotidianità.
Sessualità, genitorialità, desideri individuali, crescita, incertezza.
Troppe relazioni finiscono perché nessuno si è dato la possibilità di aprirsi, mostrarsi, chiuso in ruoli e copioni obsoleti, ripetitivi, stretti.
In studio ritrovo coppie abilissime a far funzionare, girare la macchina del quotidiano, separate da un schermo di pochi centimetri a tavola, nella camera da letto al ristorante, comunicano ormai solo attraverso social.
Propense a ridere con uno sconosciuto mai incontrato, ad esaltarsi per un mi piace sul cellulare.
Andrea e Gianna sono una coppia che comunica litigando, urlandosi, consapevoli di offrirsi solo come dicono loro il peggio di sé, neanche la vacanza lì ha fatti ritrovare, anzi.
Lei non perdona lui, lui è stufo di lei.
Vite così lontane che solo un filo le lega, il figlio di tre anni.
Troppi tradimenti veri, fittizi, troppa distanza, eppure si sono amati follemente nei quattro anni che hanno preceduto la nascita di Filippo.
La genitorialità, la responsabilità ha riaperto una voragine in lui, bambino adottato, e in lei l’incapacità di farsi ascoltare, crocerossina da sempre, impossibilitata ad affermare i suoi bisogni se non con la rabbia.
Finché erano da soli era perfetto, la crocerossina che si prendeva cura del dolore assoluto del figlio non voluto.
Perdono, l’arte di offrirsi in dono delicatezza, amorevolezza.
Sciogliere il cordone ombelicale
Costruire, realizzare un progetto comune comporta la capacità di attingere a capacità, risorse profonde, un percorso che mette di fronte alle mancanze che portiamo, ci costringe a scoprire quelle qualità non allenate o semplicemente celate.
La storia della famiglia di origine, contiene un copione così vasto, di vissuti, con camere, stanze che custodiscono segreti.
Ogni essere che nasce diventa parte della “famiglia” offrendoci quel posto che in funzione della sopravvivenza, chiede un sacrificio.
Sacrificare parti di sè che in quel contesto non possono essere vissute, espresse.
Francesco è un bambino che ha perso la mamma senza piangere, non si ricorda di aver pianto neanche al funerale, aveva 12 anni, ricorda la mano di suo papà, la ricorda perché mai fino a quel momento aveva avuto un gesto tenero, fisico verso di lui.
Ha imparato a nascondere, non ricorda un altro gesto del padre. Ha imparato a vivere di certezze e regole rigide, un’etica rigorosa.
Chiara ha un padre assente da anni, presente con qualche una tantum economico, con una madre che su di lei ha riversato ogni responsabilità per una relazione andata male.
Va tutto bene si amano, il matrimonio è alle porte, galeotta quella uscita nel weekend con le amiche.
Alle volte per riscoprire la propria identità, per riappropriarsi di sè stessi, un atto di follia è necessario.
C’è un profondo desiderio, istinto, bisogno che ci attraversa vivere.
Nella stanza di terapia si accavallano storie, desideri lasciati a metà, possibilità o sogni mai realizzati, increduli scopriamo come abbiamo interrotto l’arte di immaginare altre vie, sentieri che l’anima vorrebbe percorre.
L’incontro tra il terapeuta e il paziente diventa allora la costruzione di un luogo sacro, dove il primo accogliendo la sofferenza dell’altro restituisce come un genitore, senza esserlo, la fiducia, la capacità, il valore apparentemente dimenticato.
Si definiscono significati legati alla responsabilità, autenticità, verità, integrità dando vita ad un contenitore che restituirà per entrambi un viaggio unico, misterioso, aprendo porte su possibilità sconosciute prima.
Non c’è la verità, non ci sono vissuti buoni e vissuti cattivi, ma bensì c’è la curiosità e la consapevolezza di conoscere come un essere umano sia fino a quel momento riuscito con la sua intelligenza, forza, a restare in piedi sul ponte della sua barca anche quando il mare era solo tempesta.
Dott. Stefano Cotugno
Psicoterapeuta Sistemico Relazionale
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