Vulvodinia: l’invisibile dolore affilato
L’impatto quotidiano di questa patologia tanto invalidante quanto sottovalutata
“Quella mattina, all’improvviso senza averne mai avuto sentore, mi sono svegliata con un fortissimo bruciore nell’area vestibolare della vulva, proprio all’ingresso della vagina. La sensazione che ho provato è stata simile a un’ustione, proprio come quando stai cucinando o stirando e ti scotti. [..] Da quel giorno la mia vita è diventata un inferno, viaggiando da specialista a specialista alla ricerca di una diagnosi e di una soluzione, nessuno sapeva dirmi che cosa avessi. Ancora oggi pochissimi medici sanno cosa sia la vulvodinia”. (8)
L’International Society for the Study of Vulvovaginal Disease (ISSVD) definisce la Vulvodinia come un dolore vulvare possibilmente grave e debilitante della durata di almeno tre/sei mesi, che al momento attuale non presenta una chiara ed univoca causa scatenante ed identificabile (9).
Descritto per la prima volta da I.G. Thomas nel 1880 e nominato per la prima volta da Skene nel 1889, questo disagio cronico multifattoriale che interessa la vulva viene riferito come bruciore, prurito, irritazione, con sensazioni simili a scariche elettriche o fitte come coltellate.
Tale dolore però, seppur continuo o intermittente, spontaneo o provocato, generalizzato o localizzato, non è accompagnato da evidenti lesioni clinicamente identificabili, infezioni dermatologiche o patologie neurologiche; dunque, la diagnosi avviene per esclusione (10, 11, 7, 4).
Prevalenza
La prevalenza di tale patologia è sottostimata: si stima sia fra il 10% ed il 28% (1 donna di 4), prevalenza che varia al variare di localizzazione del dolore, situazioni scatenanti dolore, esordio e pattern temporale.
Tale prevalenza però tenderebbe ad aumentare: le donne, infatti, grazie agli importanti studi e riconoscimenti necessari e doverosi circa questa impattante patologia, sentendosi legittimate e tutelate, tenderebbero a rivolgersi più facilmente al medico lamentando tali dolori lancinanti e, laddove accolte e sostenute, avrebbero modo di indagarli e trattarli.
Se questo riconoscimento non avviene, queste donne son portate all’evitamento, al silenzio, subendo il dolore invalidante di tale patologia invisibile ancora oggi poco analizzata, il che porta ad una serie di gravi conseguenze che impattano il quotidiano.
Risulta quindi essenziale ascoltare ed accogliere il dolore che le donne segnalano a chi di dovere, senza scetticismo o giudizio alcuno, per poter dare loro diagnosi, cura e sollievo che meritano.
A tal proposito interessante risulta sapere che secondo alcuni studi solo l’1,4% di donne che si son rivolte ai medici hanno poi ricevuto la diagnosi corretta (9, 7, 4, 3).
Eziologia
Una causa che spiegherebbe l’insorgenza della Vulvodinia è poco chiara: le ipotesi proposte sono molteplici e complesse.
Vengono infatti chiamati in causa fattori neurologici, infiammatori, disfunzioni del pavimento pelvico, predisposizione genetica, fattori ormonali, alterazioni morfologiche e fattori psicosociali come traumi, abusi sessuali.
Nello specifico si osserverebbe una molteplice presenza di possibili lesioni o irritazioni ai nervi che trasmettono il dolore dalla vulva al midollo spinale, maggior numero e sensibilità delle fibre nervose della vulva, elevati livelli di sostanze infiammatorie, risposta anormale a fattori ambientali, suscettibilità genetica, debolezza muscolare, spasmo o irritabilità del pavimento pelvico (9, 10, 7, 4, 5, 3, 5).
Fisiopatologia
Per meglio comprendere tale patologia, è importante conoscere l’anatomia della vulva e del vestibolo vulvare.
La vulvodinia, infatti, può interessare la vulva ed i genitali femminili esterni in modo generalizzato o localizzato, quindi colpire il vestibolo vaginale con una infiammazione detta “vestibolite vulvare”; le grandi e piccole labbra, spesso post intervento; il cappuccio del clitoride ed il clitoride con la clitoralgia; il mons pubis.
Tale area è innervata di nervi ileo-inguinale, genitofemorale e dal fondamentale nervo pudendo.
È necessario indagare perciò le varie cause biologiche del dolore, concentrandosi sulla fisiopatologia ed istologia del tessuto che circoscrive la vulva, in quanto interamente interessato (10, 9, 4).
Comorbilità e Diagnosi differenziale
La Vulvodinia presenta comorbilità con patologie mediche quali endometriosi, infezioni vulvovaginali, distrofie e neoplasie vulvari, sindrome premestruale, dermatiti da contatto, fibromialgia, sindrome del colon irritabile, cistite interstiziale, cefalea, ansia, depressione, patologie neurologiche, carenza di estrogeni, mialgie e fattori iatrogeni. In aggiunta possono svilupparsi anche disturbi sessuali (4, 10, 3, 1).
Ai fini della valutazione e del trattamento della vulvodinia, è importante riconoscere inoltre con quali patologie può essere in diagnosi differenziale, ovvero: Endometriosi vulvo-vaginale, Candidosi atipica, Vaginosi batterica, Herpes simplex, Lichen planus, Lichen sclerous, Tricomoniasi, Nevralgia del pudendo, Bruciore/irritazione/atrofia vulvare (11, 9).
Valutazione e Trattamento
Successivamente all’anamnesi e dopo aver valutato i sintomi, è importante procedere con un accurato esame pelvico, per definire l’entità del dolore: se vestibolare esterno generalizzato, interno e localizzato, e se son presenti eritemi vulvari.
Una volta appurato ciò ed escluse le altre possibili diagnosi, si analizza in modo specifico la “mappa del dolore”, ricreabile in base ai dati raccolti, così da poter fare una diagnosi il più corretta possibile (9, 11, 4).
Una volta diagnosticata, la vulvodinia è bene trattarla seguendo un approccio multidisciplinare, idealmente con l’aiuto di un’equipe di professionisti che abbia sempre cura di ascoltare e comunicare assertivamente e sinceramente con la donna.
È poi importante che la stessa segua una buona igiene personale, che non utilizzi indumenti irritanti e stretti, che esegua degli esercizi che allenino il pavimento pelvico (come massaggi, yoga).
Viene indicata anche la Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale per la consapevolezza di sé e la gestione del dolore.
In aggiunta a questo è possibile optare per il trattamento farmacologico da mantenere e valutare per almeno due/tre mesi, che prevede l’uso di farmaci topici come creme a base di lidocaina, estrogeni, testosterone e gabapentin; altra opzione prevede l’uso di antidepressivi triciclici, (TCA), inibitori della ricaptazione della serotonina-norepinefrina (SNRI) e anticonvulsivanti.
Ultime ed estreme opzioni risultano le infiltrazioni sottocutanee vulvari ed il trattamento chirurgico o vestibolectomia vulvare, laddove le precedenti opzioni di trattamento non abbiano portato alcun sollievo, con successiva fisioterapia post-operatoria (10, 9, 11).
Vulvodinia ed impatto sulla qualità di vita
Sulla base di quanto descritto circa la vulvodinia quale patologia complessa, risulta essenziale delineare le impattanti conseguenze che la stessa può avere nel quotidiano.
La qualità della vita della donna con tale patologia è infatti indubbiamente compromessa, in quanto il dolore che prova, una volta divenuto cronico, può comportare una sensibilizzazione del sistema nervoso centrale, il che causa una elaborazione alterata del dolore stesso.
Questo scatena una serie di risposte spontanee e vari disagi quotidiani a livello emotivo, cognitivo, affettivo, comportamentali e sessuale.
Una donna con sintomi così debilitanti, tanto da non riuscire a camminare, sedersi, indossare certi indumenti, con fastidi e dolori esacerbati nel periodo mestruale (tanto da rendere impossibile l’utilizzo dei tamponi), idealmente e con difficoltà segnalerebbe al suo medico tali disagi, il quale la invierebbe a degli specialisti per poterle dare cura e sollievo, una volta ricevuta la corretta diagnosi.
Purtroppo però spesso accade che tale donna intraprenda un pellegrinaggio negli studi medici, senza ricevere alcun tipo di risposte mirate, essendo i medici stessi i primi a conoscere ancora poco tale problematica e, non essendo evidente ad occhio nudo, spesso possono ricevere una diagnosi di tipo esclusivamente psicogeno.
Tale modalità di feedback esente da ascolto ed empatia porta la donna a sentirsi incompresa e frustrata quindi ad aver timore di parlarne, spesso anche con il partner, ed a questo ne conseguono una serie di risposte psicosociali che impattano la generale qualità di vita quali vergogna, senso di inadeguatezza, ingiustizia percepita, bassa autostima, ansia, depressione, evitamento, limitazioni nelle attività sociali, ipervigilanza, paura, catastrofismo e scarsa accettazione del dolore (7, 10, 3, 1).
Ancora più nello specifico è possibile delineare delle successive limitazioni ed evitamento delle attività intime e sessuali, con problematiche e disfunzioni sessuali, le quali riflettono il disagio provato: rapporti sessuali dolorosi ed insoddisfacenti anche durante il petting, comportamento erotico e sessuale modificato, ridotto desiderio sessuale, difficoltà nel raggiungimento dell’orgasmo, visione negativa della sessualità, ansia/evitamento dell’esposizione corporea, possibile ostilità e sollecitudine del partner (2, 7, 4, 5, 3, 1).
Dispareunia e Vaginismo
Tutto ciò può portare quindi allo sviluppo di Dispareunia e Vaginismo, disturbi ulteriormente complessi e multifattoriali.
La Dispareunia è un disturbo molto frequentemente associato alla Vulvodinia ed anche all’Endometriosi, caratterizzato da dolore coitale persistente o ricorrente, superficiale, introitale o profondo che comporta perdita del piacere sessuale, secchezza vaginale, anorgasmia.
Il Vaginismo è un disturbo anch’esso associato alla Vulvodinia, caratterizzato da difficoltà persistente o ricorrente, avvertita dalla donna nell’accettare la penetrazione (pene, dito o dildo), nonostante il desiderio; tale ipertono del muscolo elevatore dato da contrazioni difensive, con possibile fobia del coito, può rendere la penetrazione molto dolorosa, addirittura impossibile (2, 4, 5, 6, 1).
Vista la complessità e totalità dell’impatto di una tale patologia ancora oggi purtroppo poco conosciuta e studiata, risulta essenziale una comunicazione aperta, accogliente, empatica circa la Vulvodinia ed i suoi sintomi, che si tratti del medico, di qualunque altro professionista o del proprio partner.
Allo stato attuale in Italia, grazie ad impegno e testimonianze di molte donne, è stata avanzata la proposta di legge ai fini del riconoscimento da parte del Sistema Sanitario Nazionale di Vulvodinia e Neuropatia del pudendo quali patologie croniche ed invalidanti e per il momento solo nel Lazio, nel Piemonte ed in Veneto è stata approvata tale mozione, perciò non bisogna desistere.
Per la donna che decide di parlarne, è fondamentale poter dare un nome al proprio dolore, riconoscerlo, analizzarlo ed alla luce delle difficoltà circa eziologia, diagnosi e trattamento, si evidenzia la necessità di un approccio multidisciplinare, bio-psico-sociale per poter studiare le migliori strategie di coping atte ad addolcire il dolore, a sollevare la donna dai disagi provati quotidianamente e troppo allungo sottaciuti ed incompresi.
Bibliografia
1. Arnold L.D., Bachmann G.A., Kelly S. (2006). Vulvodynia: Characteristics and Associations with Co-Morbidities and Quality of Life. Obstetrics and Gynecology Journal, 107 (3)
2. Chalmers K.J., Catley M.J., Evans S.F., Lorimer Moseley G. (2017). Clinical assessment of the impact of pelvic pain on women. Pain, 158 (3)
3. Chisari C., Monajemi M.B., Scott W., Moss-Morris R., McCracken L.M. (2020). Psychosocial factors associated with pain and sexual function in women with Vulvodynia: A systematic review. European Jurnal of Pain, 25, 39-50
4. Graziottin A., Murina F. (2011). Strategie di diagnosi e cura. Milano: Springer-Verlag.
5. Graziottin A., Serafini A. (2010). Vulvodinia: semeiotica differenziale del dolore coitale con focus su dispareunia e vaginismo. Lavoro presentato al 86° Congresso nazionale della Società Italiana di Ginecologia ed Ostetricia (SIGO), IT.
6. http://digital.casalini.it/10.3280/RSC2020-002003
7. https://apiedinudiasd.it/public/vulvodinia-un-dolore-invisibile/
8. https://fondazioneisal.it/terapia-del-dolore-cronico/la-vulvodinia-e-un-inferno-di-fiamme-che-si-vive-in-silenzio/
9. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/books/NBK430792/
10. Martínez-González M.C., Fernandez Tejedo L., Telenti Iglesias M., Martinez-Gonzalez R.A. (2020). Vulvodinia. Más Dermatología, Editorial Glosa, S.L. 32, 7-16
11. Zeledon Rojas N. (2016). Vulvodinia. Revista Médica Sinergia(5).
Dott.ssa Vanessa Nardelli
Psicologa, Dott.ssa Magistrale in Psicologia Cognitiva Applicata
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