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Attenzione e Misdirection

Introduzione alla manipolazione dei processi attentivi


Non esiste la mossa perfetta, esiste il momento perfetto per eseguirla. Anonimo ne “Il Baro al Poker” di G. Preverino (2010)

Come abbiamo accennato negli articoli precedenti, oltre al priming, anche l’attenzione gioca un ruolo fondamentale nell’effetto della sparizione della pallina.

Il termine attenzione, deriva dal latino “attentio-ōnis“, da attendere, ovvero rivolgere la mente, non esprime un concetto globale e unitario, bensì una pluralità di fenomeni differenti.

Una tra le prime definizioni del concetto di attenzione è di William James (1890), padre della psicologia moderna:

Ognuno di noi sa cos’è l’attenzione. L’attenzione è la mente che si impossessa, in modo chiaro e vivido, di uno solo tra quelli che ci appaiono come oggetti, o collegamenti di idee, tutti ugualmente possibili. La focalizzazione, la concentrazione della coscienza sono suoi aspetti essenziali. Essa comporta il ritrarsi della mente da alcune cose per poter operare su altre con grande efficienza; si tratta di una condizione che è l’esatto opposto di uno stato mentale confuso stordito e svagato.

James non ci dice molto, tuttavia, su come questa si generi nel nostro cervello o su come questa si presenti nelle esperienze quotidiane. Per tutto il secolo successivo molti furono gli esperimenti per approfondire e dare spiegazioni su questo fenomeno.


Effetto Cocktail Party

Tra questi venne studiato l’effetto cocktail party.

Il nome è dato dal fatto che il nostro cervello ci permette di sentire il nostro nome anche se questo viene percepito dall’altro capo di una rumorosa pista da ballo piena di persone.

I primi esperimenti sull’attenzione selettiva iniziarono facendo ascoltare ai soggetti delle registrazioni in cuffia con due messaggi sovrapposti registrati dalla stessa persona.

Nell’esperimento veniva chiesto di ripetere ad alta voce, parola per parola, uno dei due messaggi ascoltati.

Anche ascoltando i messaggi molte volte, il soggetto trovò un’eccessiva difficoltà nel portare a termine quanto gli era stato richiesto.

In una variazione, in cui si chiese ai soggetti di trascrivere il messaggio ascoltato, si notò come questi facevano molta meno fatica nello svolgimento dell’esercizio.

Nella seconda serie di esperimenti, venivano, invece, fatti ascoltare sempre due messaggi sovrapposti, ma con sostanziali differenza: questa volta i messaggi non erano composti da discorsi di senso compiuto, ma contenevano sequenze di frasi cliché unite tra di loro da particelle grammaticali.

Per i soggetti risultò impossibile tentare di seguire uno solo dei due discorsi.

Nella maggioranza dei casi, infatti, si limitarono a ripetere catene di parole da uno o l’altro dei due messaggi.

Ascolto dicotico

A questo punto Cherry inserì una procedura chiamata “ascolto dicotico“: le cuffie indossate dai soggetti mandavano messaggi differenti, uno per l’orecchio sinistro e uno per l’orecchio destro.

In questo caso l’attenzione del soggetto veniva spontaneamente diretta verso uno dei due messaggi che era poi in grado di ripetere senza troppe difficoltà, tuttavia venne riscontrato come ai soggetti sfuggisse il significato del messaggio ripetuto (D’Urso e Giusberti, 2000).

I risultati di questi studi, insieme a quelli di Broadbent (1958), Treisman (1964) e Deutsch e Deutsch (1963) sono di significativa importanza perché ha anticipato sulla base di semplici considerazioni logiche ciò che ora dimostrano le neuroscienze: che vi sono varie modalità di attenzione.


Attenzione e processi cognitivi

L’attenzione coinvolge più processi cognitivi e si può distinguere in:

1. Attenzione bottom-up. Viene attivata dagli stimoli esterni, in particolar modo da un elemento che risalta dallo sfondo75 e si impone all’attenzione del soggetto.

2. Attenzione top-down. l soggetto cerca attivamente qualcosa che ha già in mente, nell’ambiente.

A livello neurofisiologico si è scoperto che in entrambi i casi si ha il coinvolgimento dell’area frontoparietale, e che i due tipi di attenzione tendono a integrarsi e a interagire l’un l’altra nella vita pratica. (Wolf, 2010; Bisley e Goldberg 2010; Serences e Yantis 2006, Katsuki e Costantinidis, 2014).

Inoltre, anche se le due vie dell’attenzione bottom-up e dell’attenzione top-down hanno origine in aree diverse del cervello (rispettivamente la corteccia superiore, le aree periferiche della sensazione) e utilizzano meccanismi diversi, hanno comunque in comune le vie dorsali e ventrali, oltre a processi integrati come nel caso della ricerca visiva.

Recentemente, si è notato che le aree di elaborazione prefrontali deputate alla creazione delle mappe di significato nell’interpretazione di stimoli siano le stesse.

Pertanto, si sta oggi affermando una tendenza a considerare l’attenzione bottom-up e top-down come intrinsecamente connesse.

I neuroscienziati non hanno ancora stabilito in modo univoco se esista un solo centro dell’attenzione o se, all’interno del nostro cervello, vi siano molteplici centri di attenzione che lavorano in concerto.

Certamente, quando spostiamo l’attenzione nello spazio intorno a noi, si attivano anche i circuiti cerebrali deputati al movimento dei nostri occhi.

Questi circuiti ci permetto di spostare gli occhi in determinate aree del nostro spazio visivo, governando il nostro raggio di attenzione.

L’attenzione per i prestigiatori

Per i prestigiatori risulta, dunque, fondamentale, capire come dirigere lo sguardo dello spettatore e come rendere qualcosa immeditatamente degno di avere la sua attenzione, come vedremo.

Come abbiamo, siamo in grado di esercitare un’attenzione congiunta.

Possiamo fissare una persona e poi, fissando un altro oggetto, possiamo dirigere esplicitamente lo sguardo e l’attenzione di questa verso ciò che stiamo guardando.

Questo ha contribuito, nell’effetto della pallina, mostrato da Khun, a creare l’illusione della sparizione, in quanto il prestigiatore alzava la testa per seguire la traiettoria dell’oggetto, anche quando il lancio era solo simulato, portandoci a fissare il vuoto convinti di essere profondamente concentrati su un oggetto in movimento.

Alcuni studi hanno dimostrato come i neonati di 9 mesi e alcuni animali, in particolare il cane, volgano lo sguardo nella direzione in cui viene puntato il dito, mentre altri come gli scimpanzé non lo facciano.

L’attenzione è legata alla memoria a breve termine (che approfondiremo nei prossimi articoli) e alla nostra capacità di sintonizzarci sugli eventi intorno a noi.

Come abbiamo visto può fluire dal basso verso l’alto con la cattura sensoriale (bottom up) da stimoli intensi, oppure può essere diretta intorno a noi dall’alto verso il basso (top down).

Questa è orientata quindi al raggiungimento di un obiettivo e collegata alla messa a fuoco (le persone che non dispongono di meccanismi di questo tipo di attenzione efficienti sono ad alto rischio di sviluppare un disturbo da deficit dell’attenzione).

I neuroscienziati negli ultimi anni hanno iniziato a studiare i correlati neuronali, evidenziando come le prime aree che si attivino siano la retina, il talamo e la corteccia visiva primaria.

Quando noi scegliamo di focalizzare l’attenzione in un punto preciso, i neuroni dei livelli superiori del sistema visivo intensificano l’attività dei circuiti di livello inferiore aumentando la sensibilità al segnale sensoriale e inibendo l’attività neuronale nelle regioni circostanti.

Jose-Manuel-Alonso della State University of New York non solo ha dimostrato, insieme a Mackink e Martinez-Conde, quanto appena visto, ma anche come ci sia un progressivo grado di attivazione neuronale correlato allo sforzo nel portare a termine uno specifico compito.

In particolare emerse che i neuroni con un’attività intensa nel fuoco attentivo ne inibivano altri cruciali per determinare la direzione degli oggetti in movimento, indicando come il ruolo dell’attenzione top-down nei primissimi stadi di visione sia quello di inibire aspetti che possano distrarre la nostra attenzione, evitando di dirigerla in oggetti in movimento attorno al punto a cui stiamo prestando attenzione.


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Edoardo Ares Autore presso La Mente Pensante Magazine
Edoardo Ares
Formatore Aziendale | Esperto di Processi Percettivi | TEDx Speaker
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