Autopercezione
Come vediamo, sentiamo e giudichiamo noi stessi
Vedersi riflessi allo specchio o riascoltarsi nei vocali (o nei video) e pensare: “ma quella non è la mia voce, io non sono realmente così”. A chi non è capitato?
Ricordo che da bambina mi provocava spesso una sensazione di disagio, soprattutto la differenza tra ciò che la mia voce pronunciava e come le mie orecchie la udivano.
Recentemente ho partecipato ad un programma radiofonico e il primo impatto con la mia voce in cuffia è stato di smarrimento.
Ho chiesto ad amici e parenti un’opinione, poiché pensavo di aver parlato in fretta e in modo poco udibile, invece, come spesso accade, la loro reazione è stata differente.
Quella era per loro la mia voce, quella ero io che raccontavo le cose con calma e pacatezza.
Da lì è nata una riflessione: come ci vediamo noi? E come ci vedono gli altri? Quale delle due versioni è quella reale?
Rullo di tamburi… oggi parliamo di: autopercezione!
Autopercezione: vediamo cos’è…
In poche parole l’autopercezione è la visone che abbiamo di noi stessi e include, di conseguenza, il modo in cui ci giudichiamo.
Coinvolge la conoscenza che si ha di sé in molti aspetti: corporeo-sessuale, sociale e intellettuale, ma essenzialmente, passa prima per il riconoscimento dell’io interiore singolare, al di là dell’io-fisico e dell’io-sociale.
Secondo il dizionario Olivetti, l’autopercezione ha un significato psicologico legato proprio al come sentiamo i nostri stati mentali.
Queste percezioni sono ottenibili osservando i nostri comportamenti come se vi fosse un osservatore esterno, o per introspezione.
La percezione è un processo attivo e dinamico di elaborazione degli stimoli sensoriali che procede attraverso l’analisi, la selezione, il coordinamento e l’elaborazione delle informazioni.
L’autopercezione è fondamentale in molti contesti della vita, essa veicola il nostro atteggiamento nei confronti del mondo esterno e di quello interno, dei nostri valori, atteggiamenti e pensieri.
Autopercezione e il benessere psicologico
Avere una buona percezione di sé stessi è di vitale importanza per la qualità della nostra vita e soprattutto per il nostro benessere psicologico.
Carol Ryff, psicologa e docente presso l’University of Wisconsin-Madison, è una delle principali esperte internazionali nell’ambito del benessere psicologico.
Grazie a lei, sono stati identificati sei elementi essenziali connessi a questo importantissimo concetto. Vediamoli insieme:
- AUTONOMIA: la capacità di essere indipendenti, di auto-determinarsi, di sviluppare un pensiero autonomo rispetto alle pressioni sociali, di valutare sé stessi in base ai propri standard. O al contrario preoccuparsi eccessivamente delle aspettative e del giudizio degli altri, non essere autonomi nel prendere decisioni importanti, conformarsi alle pressioni sociali.
- PADRONANZA DEL CONTESTO: il riuscire a padroneggiare l’ambiente in cui si vive, cogliendo le opportunità e fronteggiando le avversità, in base ai propri valori. O al contrario avere difficoltà nel gestire gli eventi quotidiani, sentendosi impotenti e non riuscendo ad esplorare nuove opportunità.
- CRESCITA PERSONALE: il sentirsi in continuo sviluppo e in grado di esprimere il proprio potenziale, rimanendo aperti a nuove esperienze. O al contrario vivere una situazione di stagnazione, insoddisfazione, noia e costrizione, non sentendosi in grado di esprimersi in modo autentico.
- RELAZIONI POSITIVE CON GLI ALTRI: il saper costruire delle relazioni affettive e sociali basate sulla fiducia, sul calore, sull’intimità, sull’empatia e sulla reciprocità. O al contrario sentirsi chiusi, isolati, sfiduciati, poco aperti nei confronti degli altri.
- SCOPI DELLA VITA: il sentire di direzionare le proprie energie verso degli scopi definiti, che diano un senso alla propria vita, in continuità tra passato e presente (o al contrario percepire una mancanza di significato nella propria vita, non avere obiettivi o prospettive verso cui tendere, non riconoscendo il valore delle esperienze passate).
- ACCETTAZIONE DI SÉ: il saper mantenere un atteggiamento positivo verso sé stessi, riconoscendo e accettando pregi e difetti. O al contrario desiderare di essere diversi da come si è, non accettando aspetti di sé e percependo un senso di delusione e insoddisfazione.
Invito alla riflessione
Cosa ci insegna questa piccola riflessione?
Per prima cosa che il benessere psicologico può essere considerato una condizione fluida, che cambia nel corso del tempo e degli eventi di vita. E questo dipende principalmente da noi!
Ad esempio, può accadere di trovarci in una situazione in cui proviamo un senso di insoddisfazione o malessere.
In questo caso può essere utile prendersi del tempo per riflettere su quali siano i nostri bisogni, le nostre finalità e le difficoltà principali e, allo stesso, tempo può essere utile individuare le risorse che si possiamo mettere in campo per affrontare le diverse situazioni.
È possibile trasformare un momento di crisi in un’opportunità di resilienza e crescita personale.
Noi e gli altri
Avere una autopercezione significa avere una buona autostima ed un’autoimmagine positiva.
L’autoimmagine è la rappresentazione visiva che ognuno ha di sé stesso, ed è costruita nel tempo, fin dall’infanzia, proprio grazie al confronto con gli altri.
Essa, infatti, viene formata principalmente dagli aggettivi con cui venivamo riconosciuti da bambini (come bello/brutto, buono/cattivo, asino/intelligente, timido/estroverso…) e dalle affermazioni che ci venivano proposte per definirci (come ad esempio: “non sei capace di fare niente”, “sei proprio un bambino cattivo” oppure “sei bellissimo”, “sei molto bravo”).
Tutte le frasi o i commenti sul nostro conto hanno formato l’immagine soggettiva che abbiamo oggi di noi stessi. Non preoccupatevi però, l’autoimmagine per fortuna si può migliorare e cambiare!
È utile sapere che essa non corrisponde alla realtà ma al vissuto soggettivo rispetto a diversi parametri sociali, personali ed esperienziali.
Sicuramente è capitato a tutti, almeno una volta, di non riconoscersi nella descrizione che altri fanno di noi. Questo perché spesso le persone costruiscono una rappresentazione di chi siamo in relazione a come ci comportiamo nei loro confronti o in loro presenza.
Ad influire sul loro giudizio confluiscono anche una serie di convinzioni personali ed alcuni pregiudizi. Talvolta questo può essere un vantaggio: immaginate quando vi vedete con qualche chilo in più, mentre il rimando autentico di chi ci sta di fronte è che invece siete in forma.
Questo è un semplice esempio di come la nostra prospettiva non sia la stessa degli altri.
Una ricerca interessante…
Secondo una ricerca dell’Università del New South Wales (Australia), inoltre, siamo talmente poco abili nel riconoscere quale foto del nostro volto è più vicina all’originale, che persino uno sconosciuto farebbe meglio di noi.
Siamo abituati a vedere i nostri corpi allo specchio, da una distanza ravvicinata, con i loro difetti e asimmetrie capovolti.
Nelle fotografie invece il nostro cervello ci vede in un modo a cui non siamo abituati.
Allo stesso modo, sentire la nostra voce da un registratore, così diversa dal solito, ci mette a disagio. Siamo talmente abituati a sentirla rimbombare nella nostra testa, che quando la riascoltiamo in una registrazione, sembra non appartenerci.
Da un punto di vista scientifico, le onde sonore assumono frequenze diverse attraversando l’aria o un mezzo solido e quindi la voce ha un timbro diverso.
Inoltre, un registratore altera la voce, anche se in maniera minima. Durante la registrazione, infatti, il suono viene “tradotto” da onde sonore meccano-elastiche (cioè vibrazioni) a onde elettromagnetiche (cioè segnali elettrici), mentre per l’ascolto avviene il processo inverso: così la voce che esce da questi passaggi non è mai perfettamente identica all’originale.
Da un punto di vista psicologico invece, è molto probabile che la voce registrata non piaccia affatto perché, una volta posti davanti alla “cruda realtà“, percepiamo la nostra voce come estranea, non familiare.
La correlazione tra familiarità e piacere in psicologia viene spiegata da Robert Zajonic con l’effetto della “mera esposizione”.
Parliamo del fenomeno per cui gli individui tendono a sviluppare una preferenza per le cose semplicemente perché le sentono familiari.
Ecco spiegato perché spesso ci iniziano a piacere cose che inizialmente abbiamo giudicato male. Può accadere con alcuni regali, le nuove hit dell’estate o gli abiti stravaganti sfoggiati sulle passerelle. Succede anche con le persone: i nostri amici ci appaiono più belli di quanto potrebbe giudicare un estraneo e, come abbiamo visto poco fa, accade anche con il nostro aspetto e la nostra voce.
Conclusione e spunti di riflessione
In conclusione, la nostra capacità di elaborare le informazioni che ci arrivano sia da dentro che da fuori noi stessi, è la base per migliorare il nostro benessere psicologico
È necessario per prima cosa, accettare chi siamo, la nostra persona è il frutto delle nostre esperienze ma non in maniera passiva.
Noi siamo responsabili attivamente delle nostre reazioni.
Possiamo scegliere se farci influenzare in maniera negativa da un ostacolo o affrontarlo come una sfida e trarne un gran beneficio per la nostra autostima.
In questo modo, saremo noi stessi a dirci “Bravo ce l’hai fatta”.
Giulia Rota Biasetti
Life Coach
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