Disturbi alimentari negli uomini
Tra stigma e pregiudizi
Riflessione storica
Molto spesso sentiamo parlare di problemi legati all’alimentazione e dei danni che questi comportano alle donne, senza mai considerare le conseguenze che possono avere sugli uomini, quasi come se non li riguardasse.
Capiamo insieme il perché.
I disturbi alimentari sono condizioni psicopatologiche caratterizzati da un’alterazione del comportamento alimentare che, a lungo andare, causa una compromissione del funzionamento personale, sociale e lavorativo del soggetto affetto.
Storicamente l’attenzione clinica, per questa classe di disturbi, era orientata allo studio di forme di Anoressia Nervosa (AN) rintracciate in soggetti maschili in evidente stato di malnutrizione, in assenza di cause organiche, e caratterizzati da un “consumo nervoso del cibo“.
Ciò di cui stiamo parlando è la prima descrizione medica risalente agli ultimi anni del 600’ refertata dal Dr Richard Morton che descrisse la condizione di un ragazzo di 16 anni: “cadde gradualmente in una totale mancanza di appetito provocata dal suo troppo studiare e dalle passioni della sua mente. Arrivò ad un’atrofia universale, struggendosi sempre di più di anno in anno, senza che ci fosse tosse, febbre o altri sintomi“.
Tale condizione fu definita come una consunzione di natura nervosa coinvolgente l’intero corpo.
Dopo l’analisi di questi primi casi chiave, i maschi con disturbi alimentari furono emarginati per molti secoli poiché considerati rari e infrequenti.
A causa della maggiore incidenza all’interno della popolazione femminile e dell’identificazione dei costi tangibili del disturbo come l’amenorrea (sintomo storicamente distintivo dell’AN che non ha un equivalente endocrino nei pazienti di sesso maschile), ha fatto sì che questa patologia fosse considerata come esclusiva delle donne.
Nel caso in cui gli uomini esprimessero preoccupazioni circa le proprie forme corporee, venivano additati come deboli, “non virili” e manchevoli di personalità.
Ciò non ha in alcun modo contribuito alla ricerca scientifica in ambito maschile non avendo a disposizione dati clinici dal quale partire.
Disturbi alimentari: problemi metodologici e clinici
Ad oggi gli studiosi si son resi conto che i disturbi alimentari, all’interno della popolazione maschile, rappresentato una percentuale consistente di casi e tale aumento desta preoccupazione dal momento in cui, di fatti, scarseggiano le valutazioni e le diagnosi precoci.
La mancanza di parametri specifici rende difficile la collocazione diagnostica dei casi maschili, che rischiano di essere ricondotti a condizioni secondarie o ad altre patologie psichiatriche (Biolcati, 2017).
Una delle caratteristiche distintive, trasversale a tutti i DCA, è la valutazione del peso e delle forme del corpo che contribuisce all’alterazione del comportamento alimentare e ne causa, in modo variabile, la compromissione del metabolismo e dell’omeostasi interna dell’organismo.
Gli sforzi tesi all’identificazione precoce dei comportamenti alimentari si basano, ancora oggi, su una sintomatologia tutta al femminile, trascurando aspetti che variano da donne a uomini, come il criterio dell’immagine corporea.
Uomini: rappresentazioni corporee a confronto
Oggi sappiamo che il corpo ideale per i maschi è incentrato sulla muscolatura (a differenza di quello femminile che è rappresentato da un corpo snello), uno standard che oggi si tenta di raggiungere tramite esercizio fisico, routine alimentare e farmaci come gli steroidi anabolizzanti che aumentano la prestazione dell’individuo.
Lo sviluppo della massa muscolare, infatti, viene comunemente intesa come indice di mascolinità, virilità e dominanza (Demarest et al., 2000).
Nella cultura occidentale, la magrezza, assume importanza per la donna come indice di desiderabilità, mentre per l’uomo sono più importanti l’altezza e la muscolosità.
Gli uomini ritengono, infatti, che le donne li preferiscano più muscolosi, mentre le donne credono che gli uomini le preferiscano più magre. (Ricciardelli, 2005).
Da ciò si può capire perché gli uomini desiderino soprattutto aumentare la loro massa muscolare, mentre le donne desiderino perdere peso.
L’inizio di una relazione sentimentale, o sessuale, molte volte rappresenta un fattore scatenante in grado di generare insicurezze, tendenza a ricercare conferme del proprio valore così come il bisogno di raggiungere un ideale estetico e virile.
La tendenza a vedersi magri e piccoli, nonostante si sia adeguatamente grandi e muscolosi, accresce il senso di malessere personale.
Uno stile di vita di questo tipo, a lungo andare, accresce lo stress e l’esperienza di emozioni negative come l’imbarazzo e l’ansia di un’immagine corporea non corrispondente ai canoni di bellezza odierni.
Ciò, a sua volta, aumenta le abbuffate compulsive e i concomitanti comportamenti restrittivi, aumenta l’esercizio fisico che compensa l’eccesso calorico ingerito, placando i momentanei sensi di colpa, fino al culmine di costi personali e sociali non indifferenti.
Possibili fattori di innesco
Sulla base degli studi disponibili ci sono diversi fattori che giocano un ruolo chiave nell’insorgenza dei disturbi alimentari:
- La famiglia: una familiarità a questo tipo di disturbi, così come un clima conflittuale e/o giudicante, contribuisce e mantiene i problemi di autostima e la messa in atto di comportamenti disfunzionali;
- Rete sociale: gli amici sono da sempre una fonte di apprendimento e ispirazione; grazie ad essi, facciamo nostri i valori del gruppo che riteniamo essere funzionali al mantenimento dell’autostima e del nostro funzionamento interpersonale. Quando divengono un problema? Quando diventano esempi di condotte malsane come quello della dieta ferrea;
- Condizioni di salute mentale: ansia e depressione o la presenza di traumi durante lo sviluppo, aggravano una vulnerabilità già preesistente;
- Orientamento sessuale: è stato riscontrato che una percentuale consistente di uomini omosessuali presentino una maggiore insoddisfazione corporea, un’immagine di sé negativa, con una maggiore facilità a sviluppare disturbi alimentari rispetto agli uomini eterosessuali sia rispetto alla popolazione femminile (Bagliacca, 2012).
- Social media: sappiamo tutti quanto l’uso improprio di Facebook e Instagram possa essere determinante nella popolazione giovanile; la ricerca estenuante di contenuti estetici aumenta il peso dei pensieri ossessivi relativi al peso e all’immagine corporea, enfatizzando l’assenza di grasso nelle femmine e la prestanza fisica nei maschi (Mitchison et al., 2015).
Sono tutti fattori, questi, da tenere in considerazione nel momento in cui si effettua una presa in carico di un paziente con disturbi alimentari.
Tuttavia, nella pratica clinica ciò che succede è che si lavori sul sintomo nutrizionale trascurando la vulnerabilità e le caratteristiche psicologiche del soggetto affetto con un rischio altissimo che il paziente abbia una recidiva.
Conclusioni
Come accennato sopra, ad oggi, lo screening è molto limitato a causa di strumenti poco sensibili e adatti alla popolazione maschile.
Se poi si aggiungono fattori emotivi come negazione, ansia e vergogna, è facile comprendere il perché, di fatti, ci sia una bassa tendenza a ricercare aiuto.
Tutti questi fattori, che ostacolano o ritardano la richiesta di aiuto, da parte del paziente, giustifica il perché si giunga all’osservazione clinica in avanzato stato di malnutrizione.
Perché si riduca lo stigma è necessario che la ricerca offra un suo valido contributo.
Inoltre, credo che scuola e famiglia possano lavorare sinergicamente e fare un ottimo lavoro di squadra a 360 gradi: educare ai cambiamenti corporei vissuti durante la pubertà, sostenere l’importanza di una dieta alimentare sana ma anche, e soprattutto, insegnare ad accettare il proprio corpo in tutte le sue sfaccettature; questo, tanto per cominciare.
Dott.ssa Valeria Pecoraro
Psicologa | Specializzanda in Psicoterapia Cognitiva
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