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Abbuffate: che nome ha la tua fame?

Quando nei disturbi alimentari, il cibo è solo la punta dell’iceberg


Che c’entra il cibo con le mie abbuffate?

È opinione comune che se ci abbuffiamo regolarmente, allora il problema è il cibo.

Partendo da questo presupposto, per risolvere il problema delle abbuffate, l’attenzione va tutta sulle porzioni del cibo a tavola o sulle calorie bruciate attraverso l’esercizio fisico.

E se invece il cibo fosse solo la punta dell’iceberg?

Mi spiego meglio.

Quando mangi in maniera incontrollata, ti abbuffi in maniera regolare, sentendo di non riuscire a controllare la quantità di cibo ingerita, il tuo corpo ti sta inviando un messaggio che è bene ascoltare, ed è spesso non correlato al cibo stesso, o almeno non in maniera così diretta.

Infatti, se ci pensi bene, quando ti sei concentrato/a sul cibo e sull’esercizio fisico in passato, molto probabilmente hai sì ottenuto risultati, ma non sono durati nel tempo.

Se il problema non è il cibo, usare la forza di volontà per non mangiare quando sei veramente affamato/a, o sfinirti in palestra per bruciare calorie non funziona. Non certo a lungo termine.

Se il problema non è il cibo, allora qual è?

Le ragioni per cui una persona si abbuffa e mangia in maniera incontrollata possono essere molto diverse per ciascuno/a.

Potrei passare ore a scrivere un elenco di triggers, ovvero di situazioni o agenti che innescano l’abbuffata. Ma per semplicità qui ti voglio parlare dei due fattori scatenanti principali, che sono poi quelli più comuni.


Stare a dieta e/o avere regole troppo ferree riguardo il cibo

Controllare l’assunzione di cibo (ovvero sia, stare a dieta) è uno dei fattori scatenanti principali delle abbuffate.

Allo stesso tempo, la dieta è anche una risposta alle abbuffate.

Il fatto che la restrizione del cibo sia allo stesso tempo un fattore scatenante e una risposta alle abbuffate fa sì che la si possa descrivere come un ciclo, un processo fatto di passi che si ripetono in sequenza, per più volte.

È il “ciclo di restrizione/abbuffate” che si ripete in maniera spesso inconsapevole e che può generare un forte disagio sia a livello fisico che psicologico ed emotivo.

Voglio descriverti questo ciclo qui nel dettaglio:
  1. Sei a dieta, o anche se ufficialmente non lo sei, stai seguendo delle regole ferree sui tipi e la quantità di cibo che puoi mangiare. Non ti piaci e desideri perdere peso perché ritieni che sia uno dei metodi migliori per stare meglio con te stessa/o e apparire meglio anche agli occhi degli altri.
  2. Dopo un periodo in cui ti sembra di riuscire ad avere uno stretto controllo su ciò che mangi, ottenendo dei risultati, accade che inizi a perdere quel controllo. Senti sempre più spesso l’urgenza di mangiare quelli stessi cibi che non ti sei dato/a la possibilità di mangiare da settimane. Finisci così col mangiare più di quanto il tuo corpo trovi confortevole ingerire.
  3. Dopo che l’abbuffata finisce molto spesso sopraggiungono senso di colpa e vergogna per l’azione stessa di aver mangiato in questo modo. Ti senti sbagliato/a e pensi che ci sia qualcosa in te che non va, pensi di avere un problema o di “essere un problema”, per il fatto di non riuscire ad evitare queste situazioni.
  4. La vergogna e il senso di colpa ti spingono a trovare un rimedio per sentirti meglio, che è solitamente quello di riportare il controllo su quello che mangi. Quindi riprendi la dieta, pensi di dover compensare aumentando la durata e/o l’intensità dell’esercizio fisico. E così il ciclo di restrizione/abbuffate ricomincia.

Il problema è la dieta, non tu

Per alcuni/e questo ciclo è incessante, può durare anche molti anni, senza che ci si renda contro della dinamica sottostante e del fatto che il problema non stia in una mancanza da parte della persona interessata (per esempio, in una scarsa forza di volontà), ma nella dieta e nelle regole ferree in sé.

Non sei tu che stai al centro di questo ciclo ad essere il problema, ad aver fallito.

Piuttosto è la dieta o la restrizione in sé che sono soluzioni fallimentari.

Non possono essere una soluzione quando la vera ragione dietro la tua fame non viene ascoltata, quando la fame fisiologica (quella fisica, bisogno fondamentale) viene regolarmente ignorata per paura di perdere il controllo o quando hai paura di andare più a fondo e scoprire cosa realmente si cela dietro quella fame.

Il che ci porta al secondo fattore scatenante più comune di cui voglio parlarti qui.


La paura di vivere le proprie emozioni

In questo senso l’abbuffata ci riporta all’uso del cibo come meccanismo per far fronte ai problemi, per non provare qualcosa di doloroso, per convivere con ciò che ci sembra difficile da affrontare.

Con il cibo probabilmente riesci per un momento a sentirti meno sola/o, fai fronte alla delusione per il fatto di sentire che dai tanto senza ricevere mai, o mettere a tacere temporaneamente la vocina che ti fa sentire non all’altezza nel lavoro o nella tua relazione.

Mangiare ti dà sollievo da tutto questo. Ma non trattandosi di fame fisica, essendo il problema un altro, questo sollievo è purtroppo solo temporaneo.

Geneen Roth, un’autrice che ha scritto numerosi libri sul rapporto tra fame ed emozioni, nel suo libro “Feeding the hungry heart” dice “There’s no amount of food that can feed a hungry heart.”, che tradotto significa: Non c’è cibo che possa saziare un cuore affamato.

Se soffri di abbuffate in maniera più o meno ricorrente, il mio consiglio è questo.

Inizia a prestare più attenzione e portare più consapevolezza, guardando dentro, invece che verso le diete per una soluzione.

Chiediti: Se il problema non è cibo, quale potrebbe essere? Di che cosa ho veramente fame in questo momento della mia vita?

Ti lascio con questo estratto dal libro della dott.ssa Anita Johnston, Eating in the light of the moon, che dice:

Per conoscere il nome della sua fame, [una persona] deve viaggiare indietro nel passato da dove è venuta, attraversare le gigantesche pianure vuote della sua vita, viaggiare in profondità nella giungla della sua mente, trovare il posto vicino al fiume dei sentimenti dove regna la sua autorità interiore e chiedersi: “Qual è il nome della mia fame?

Ti auguro un buon viaggio di esplorazione della tua fame.


Dott.ssa Donatella Porceddu Autrice de La Mente Pensante
Dott.ssa Donatella Porceddu
Psicologa | Binge-Eating Coach
Bio | Articoli
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