
L’arte della comunicazione non violenta secondo Marshall Rosenberg
Dal linguaggio sciacallo al linguaggio giraffa
Cosa si intende per linguaggio giraffa?
Questa espressione è stata coniata dallo psicologo statunitense Marshall Bertram Rosenberg per riferirsi alla cosiddetta comunicazione non violenta (CNV), ovvero a quel modo di rapportarsi agli altri basato su un’attenta osservazione dell’interlocutore e sulla capacità di approcciarci a questo in maniera empatica.
Questo tipo di atteggiamento consiste, in buona sostanza, nel sospendere ogni giudizio nei confronti della persona con cui stiamo comunicando e nel provare a comprendere le possibili ragioni che stanno alla base di un certo comportamento.
La giraffa è, tra i mammiferi, quella dal cuore più grande e quella che, con il suo lungo collo, riesce a vedere dove altri non arrivano.
Ha una visione lunga, uno sguardo che va oltre ciò che è immediatamente visibile.
Osservare il mondo come una giraffa significa quindi riuscire a guardare le cose da più punti di vista, aumentare la complessità dello sguardo per avere una visione nitida dell’ambiente circostante.
È vero che, nel valutare una situazione, è molto più facile farci guidare dai pregiudizi, secondo quel meccanismo di economia cognitiva che limita i nostri sforzi per comprenderla davvero.
Ma se ci alleniamo a portare avanti un tipo di comunicazione non violenta ma basata sul profondo rispetto dell’altro, sul desiderio di conoscerlo realmente, col tempo ci accorgeremo che le nostre relazioni saranno sempre più semplici e maggiormente in grado di portare un valore aggiunto alla nostra vita.
Comunicare come uno sciacallo significa invece analizzare i fatti esprimendo un giudizio.
Quando infarciamo la nostra comunicazione con parole come “giusto” o “sbagliato“, “troppo” o “troppo poco“, stiamo dando una valutazione che ci porta a non vedere la realtà per quella che è.
Secondo Rosenberg questo modo di pensare “crea” Il Nemico, dal quale poi facciamo di tutto per difenderci, sia esso un individuo o una nazione.
Comunicare in maniera non violenta con noi stessi
Alla base del rispetto per gli altri ci deve essere però un profondo rispetto per noi stessi.
La giraffa è quell’animale che ha sì un cuore grande, ma allo stesso tempo è anche incredibilmente forte e si sa difendere bene dalle aggressioni degli altri abitanti della savana.
Rosenberg è stato conduttore di diversi seminari, nonché autore di molti libri (uno di questi è Le parole sono finestre, oppure muri, edito da Esserci) focalizzati sulla divulgazione dei principi alla base della CNV.
Uno dei capisaldi della sua teoria consiste nel fatto che comunicare in maniera non violenta significa anche non permettere aggressioni da parte dei nostri interlocutori.
Se per esempio qualcuno ha verso di noi un atteggiamento giudicante, proviamo a chiederci prima di tutto come questo ci fa sentire, quali corde profonde va a toccare.
Forse siamo noi stessi i primi ad avere una cattiva opinione della nostra persona? E forse anche l’altro, in fondo, giudica sé stesso e proietta su di noi le imperfezioni che sente su di sé?
Essere empatici prima di tutto nei nostri confronti e, successivamente, fare delle richieste esplicite alla persona con cui ci rapportiamo, fargli capire come ci sentiamo quando qualcuno ci parla in un certo modo è il primo passo per tutelarci, ma è anche un modo per proteggere l’altro.
Invece di dirgli “mi stai giudicando“, potremmo per esempio fargli presente che determinate parole ci fanno sentire delle persone di poco valore, condividendo con lui o con lei il nostro bisogno di stima e amore.
Questo tipo di atteggiamento salva noi e la relazione, perché anche l’altro si sente accolto.
Non lo stiamo criticando: stiamo solo chiedendo in maniera chiara ciò di cui abbiamo bisogno.
La nostra autenticità priva di accuse porterà l’interlocutore a essere altrettanto onesto, determinando una connessione sincera e ricca di significato.
Vivere in pace come le giraffe
La progressiva acquisizione di questa abilità ci permetterà di disinnescare sempre più frequentemente la miccia della rabbia, quella faticosa emozione che porta ad aggredire l’altro o, al contrario, a chiuderci in noi stessi, impermalositi dal suo comportamento.
Inoltre, con una buona pratica saremo in grado di esporre le nostre ragioni senza sperticarci per dimostrarne la validità, salvaguardando quindi il nostro equilibrio emotivo.
Per fornire degli esempi concreti di CNV, Rosemberg amava inscenare degli sketch che avevano come protagonisti due marionette, una giraffa e uno sciacallo.
In uno di essi, tratto da un seminario tenuto a San Francisco nel 2000, i due animali espongono le loro opinioni sulla complessità del sentimento amoroso.
In maniera ironica e divertente si fa luce sul modo profondamente diverso che lo sciacallo e la giraffa hanno di considerare l’amore: il primo, poco in contatto con i propri bisogni, fa fatica a esprimerli e pretende che l’altra capisca; la seconda, invece, pone una serie di domande per scoprire cosa vuole realmente lo sciacallo e se è in grado di soddisfare le sue esigenze, dando comunque sempre priorità alle proprie.
Se due interlocutori riescono a mettersi sulla stessa lunghezza d’onda, entrambi ne otterranno beneficio.
In caso contrario, comunicazione non violenta significa anche non rimanere in una relazione che non ci soddisfa.
L’importante è partire da noi: se accogliamo davvero la persona con cui entriamo in contatto, anche quella apparentemente più lontana dal nostro modo di essere, ci saranno maggiori probabilità di instaurare con lei un rapporto che farà bene a entrambi.
Se però l’altro non è disponibile, proviamo a farcene una ragione.
Comunicazione non violenta vuol dire anche non forzare nessuno a soddisfare i nostri bisogni, ma metterci in contatto con noi stessi per capire cos’è che ci manca e come possiamo fare per ottenerlo, sempre nel rispetto di noi stessi e degli altri.
Giulia Adamo
Autrice
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