Padre occidentale. L’ineffabile origine dello yoga

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Conflitti generazionali, aspirazioni personali, precariato e ricerca spirituale: nel romanzo di Simone Lisi sembrano esserci tutti gli ingredienti per rappresentare una generazione in crisi, quella di chi oggi si aggira attorno ai quarant’anni.
Il protagonista del racconto è Silvio, che lavora per un’azienda di spedizioni ma insegue la sua vocazione di scrittore barcamenandosi tra una presentazione e l’altra in giro per l’Italia e il rapporto di sudditanza con i suoi editori. Vive la sua relazione sentimentale (che non si capisce bene quanto sia stabile e quanto, invece, stantia) in una convivenza senza scossoni di sorta; ha appuntamento settimanale per pranzo con il padre, insegnante di yoga nostalgico fricchettone, e il nonno, la cui autorevolezza nel romanzo è affidata alla sua sola tenace silenziosa resistenza alla morte-nonostante-l’età.
Attorno a lui si snoda un gruppo di amici che ciondola per la città senza cercare troppi stimoli, neanche nel modo in cui vengono descritti a consumare alcolici e stupefacenti. Una vita routinaria piuttosto noiosa, insomma, che viene contaminata (ma non particolarmente animate) dalla bizzarra proposta paterna di ricercare l’origine dello yoga in Italia, ovvero di rintracciare chi per primo abbia iniziato ad insegnare questa disciplina nella nostra penisola.
Comprendere le ragioni di questa richiesta, da parte del lettore, è operazione piuttosto complessa, soprattutto perché i protagonisti della vicenda non sono connotati sul piano psicologico. Si può ipotizzare che sia espediente narrativo per creare un punto di svolta (quello in cui Silvio inizia effettivamente a praticare yoga o in cui capisce di essere semplicemente stato investito dal padre di un riscatto personale) e avrebbe senso pensarlo, se poi le due tematiche venissero effettivamente indagate e approfondite nello svolgersi della trama. Silvio inizia davvero a ricercare insegnanti di yoga, ad indagare a ritroso come scorrendo a ritroso in una genealogia di docenti chi fosse stato il maestro del maestro del maestro, ma non ha una evoluzione personale derivante da questa ricerca né dall’essersi avvicinato a una pratica così complessa e intimamente volta al benessere e all’arricchimento spirituale.
Allo stesso modo, il protagonista realizza in un paio di passaggi del testo (o per lo meno si fa venire il dubbio) di essere vittima di un desiderio generazionale, investito e incaricato – come capita spesso ai figli – di realizzare o portare a termine ciò che padri e madri non sono riusciti a compiere. Eppure anche questo tema così delicato, così ricco di potenziale narrativo e di tensione emotiva, non viene sfruttato debitamente dall’autore.
E sembra essere un po’ questo stare in superficie la vera cifra stilistica di tutto il romanzo: si parla di yoga, tantissimo, ma senza dirne mai davvero nulla. Si traccia la tematica del conflitto tra genitori e figli, tra aspettative e delusioni, tra sogni e realtà, ma non ci si permette di sondare l’emotività, i sentimenti, la psiche dei personaggi. Peccato, perché lo stile di scrittura è piacevole.
Lisi, ad ogni modo – e pur sempre con l’attitudine di chi galleggia anziché immergersi – affida a un personaggio secondario una frase che ha trovato risonanza in me e su cui intendo soffermarmi un momento. “Lo yoga è guerra”, si legge a un certo punto del romanzo, con un riferimento approssimato alla Bhagavad Gita[1]. Questo mi impone una riflessione. La guerra divide, fa scontrare, frappone e sembra impossibile accostare questo termine a una filosofia che punta all’unione e che porta con sé l’immagine di uomini e donne in serena meditazione o in posture del corpo complesse che affrontano con un sorriso da Gioconda. Eppure la frase, per me, è giusta. Ho dovuto chiedermi perché. Che cosa c’è di corretto? Perché mi sembra così tutto sommato lineare che qualcosa che pratico e insegno cercando benessere, pace, equilibrio, equanimità possa avere a che fare con un termine che porta con sé il senso di distruzione, separazione, violenza?
Penso si tratti di accogliere la dualità. Se assumo che esiste il bianco è perché intuisco, riconosco, capisco e integro la necessità ontologica del suo opposto. Se accetto la pace, accetto la guerra. Se dichiaro di star cercando la mia pace e l’unità delle parti (anima, mente e corpo) come durante la pratica dello yoga e un vivere yogico, sto altresì dichiarando guerra alla loro divisione in me (e alle cause di questa separazione: ego, pigrizia, distrazione, incapacità nel quotidiano di vivere l’eterno momento lasciandosi trascinare in respiri inconsapevoli tra turbini di pensieri).
Se colgo in me il desiderio e la spinta a “stare meglio”, devo riconoscere che questo implica la pulsione a combattere e distruggere qualcosa di me che bene non sta. E in questo modo, probabilmente, sto assumendo un atteggiamento yogico anche fuori dal tappetino, cogliendo l’unità del tutto proprio accettandone la sua scissione.
Non so dire se l’autore di Padre occidentale volesse esprimere qualcosa di simile o il suo opposto, però sono soddisfatta di aver avuto qualche sinapsi chiamata in causa anche da un romanzo che, come credo si sia capito, non mi ha entusiasmato sul piano della fiction. Spero, comunque, che vi venga curiosità di passare per le pagine scritte da Simone Lisi e che vi concediate qualche pensiero – che male non fa.
Note
[1] Poema epico scritto in sanscrito, ormai assurto a testo di riferimento spirituale per l’Induismo poiché tratta tematiche importanti relative al tempo, all’universo con le sue leggi fondamentali, all’umanità, alla vita, alla morte e al karma. Come tutte le opere del suo genere – e del suo tempo – contiene anche cruente scene di battaglia, riflette valori sociali, etici e morali di una società profondamente arcaica ai nostri occhi (moderni e occidentali) e che oggi riusciamo ad accettare solo nel loro significato allegorico e con la debita contestualizzazione.
Buona lettura!
Marialuisa Ferraro
Padre occidentale. L’ineffabile origine dello yoga
Autore: Simone Lisi
Editore: effequ
Genere: Romanzo
Anno: 2021
Pagine: 312
ISBN: 979-1280263070
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Marialuisa Ferraro
Insegnante di yoga, chitarrista, docente di musica
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