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Quando il silenzio è una risorsa

L’altra faccia del silenzio

Image by Shutterstock.com (ID: 499323460)


Se mi avessero chiesto qualche anno fa “qual è il tuo rapporto con il silenzio?” la mia risposta sarebbe stata immediata e sicura: “Il silenzio va riempito, è pesante e imbarazzante”.

Da persona estroversa e dalla “lingua sciolta” quale sono, non mi sono mai tirata indietro al momento di rispondere a “Avete Domande?”. Tanto che, piuttosto che lasciare spazio al silenzio, inserivo una considerazione o una battuta quando di domande proprio non ne avevo.

Quando mi sono trovata io a fare discorsi in pubblico seguiti dalla sezione domande… me le facevo anche da sola, se nessuno poneva domande. Facendo congetture su ipotetici dubbi o domande che sarebbero potute emergere. Come si suole dire “me la cantavo e me la suonavo”.

Adesso la mia risposta sarebbe molto diversa. Ho capito che nel silenzio si può celare molto. Cosa mi sono persa? L’altra faccia del silenzio, ovvero tutto ciò che il silenzio avrebbe potuto portare con sé.

Riassumo tutto ciò con due metafore con cui ho imparato a valorizzare il silenzio come:


Il silenzio come “spazio di ascolto”

Quando ho deciso di mettere in discussione il mio approccio al silenzio e la visione che ne avevo ho imparato tante cose.

Ho imparato che, lasciando spazio al silenzio, prima o poi qualcuno si fa avanti e questo silenzio viene riempito da considerazioni nuove di chi è meno estroverso e necessita di una riflessione in più prima di “mettersi sotto i riflettori”. Input preziosi che spostano il focus della conversazione spesso seguono il silenzio.

Ho imparato che, quando la domanda è “potente” e stimola riflessione e consapevolezze, c’è bisogno di spazio prima di rispondere. E il silenzio offre questo spazio.

Ho imparato che, silenzio è cruciale per l’ascolto attivo.

Ascoltare e sentire sono due cose molto diverse, per ascoltare serve il silenzio. 

 Il silenzio ci offre quello spazio cruciale per:

  • mettere in pausa il processo mentale che porta a pensare “io in quella stessa condizione farei in un altro modo”;
  • “morderci la lingua” quando ci viene da dire “è capitato anche a me” per poi cominciare a parlare di noi smettendo di ascoltare;
  • impedire alla mente di cercare la risposta o la “contromossa”;
  • evitare di interpretare in base a preconcetti, vissuti personali o idee radicate;
  • continuare ad ascoltare, senza dare per scontato;
  • non farsi sopraffare dalle emozioni e distorcere ciò che ascoltiamo in base a quello che pensiamo di sapere;
  • concentrarci esclusivamente su chi parla, senza fare altro contemporaneamente (come cedere al richiamo del “solo un’ultima email” o “un controllo veloce ai messaggi WhatsApp”).

Parlare è il modo di esprimere sé stesso agli altri. Ascoltare è il modo di accogliere gli altri in sé stesso,

ci spiega una massima Zen.

Ascoltiamo davvero quando abbiamo lo spazio per accogliere gli altri, sospendendo il giudizio, la voglia di replicare e di dare consigli.

Seek first to understand, then to be understood”,

scriveva Stephen Covey intendendo che per farsi capire prima bisogna entrare in empatia, comprendendo gli altri.

Ci vuole tempo per ascoltare con l’intento di capire il “detto” il “non detto” e “ciò che sta in mezzo”.


Il silenzio come “pausa mentale”

In un mondo che corre sempre più velocemente è importante ricavarsi lo spazio mentale utile alla riflessione.

Il silenzio offre questo spazio. Prendersi il tempo di pensare non è debolezza, non è “non sapere cosa dire”, non è disinteresse. Rispondere di getto può impedirci di prendere in considerazione tutti gli aspetti e commettere una leggerezza di cui, più tardi, potremmo pentirci.

Pensando alla metafora dell’Iceberg che ho letto in un bel libro di Biancamaria Cavallini (Come stanno i tuoi), ciò che emerge di noi stessi è solo una piccola parte del tutto.

Il silenzio offre l’opportunità di “scendere sotto il livello dell’acqua” cogliere i nostri pensieri più profondi.

Silenziose passeggiate in solitaria possono essere il contesto perfetto per “unire i puntini” di nuovi apprendimenti, creare ponti tra discipline, generare soluzioni creative, pensare a nuove idee

Concludo questo viaggio con due frasi che mi hanno aiutato a riflettere e vedere il silenzio da un’altra prospettiva, chissà che possano avere lo stesso effetto su alcuni di voi

Quando si impara a correre più lentamente si comincia a desiderare un ritmo più tranquillo e il silenzio diventa amico.  April Rinne- Flux

Correndo più piano spostiamo il focus di attenzione dall’esterno all’interno, con l’obiettivo di ascoltare davvero ciò che accade dentro di noi. April Rinne- Flux


Bibliografia

The 7 habits of highly effective people [Versione Italiana] – S. Covey
Flux – April rinne
Come stanno I tuoi – Biancamaria Cavallini


Simona Bargiacchi Autrice presso La Mente Pensante Magazine
Simona Bargiacchi
Internal Communication & University Relations Manager
Bio | Articoli | Video Intervista AIPP Marzo 2024
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