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Il Teatro come cura per la nostra psiche

Teatro Terapia


Immaginazione, azione, comunicazione, verità, disciplina, memoria, storia, emozione…

TEATRO!

Il Teatro rappresenta da sempre una forma unica di espressione, un insieme di elementi performativi nati per una comunicazione diretta e indiretta. Parola, corpo e silenzio sono solo alcuni degli strumenti utilizzati dagli attori per far luce sulla realtà. Il loro duro compito risiede nel voler dar voce a storie e personaggi, sottolineandone anche gli aspetti negativi, perché come diceva Goldoni

Il teatro è vita e la vita è teatro.


Teatro e psicologia: il concetto di catarsi

Sebbene vi siano ancora molti atteggiamenti scettici sul rapporto tra teatro e psicologia, numerose ricerche scientifiche hanno dimostrato come vi sia una linea davvero sottile. Entrambi condividono tecniche come la comunicazione e l’espressione fin dall’antichità.

Se da un lato nel mondo teatrale abbiamo l’immedesimazione dell’attore nel personaggio e le emozioni del pubblico, in campo psicologico la situazione è analoga. Vi sono una quantità infinita di aspetti recitativi messi in atto da psicologi e psicoterapeuti per analizzare le menti dei propri pazienti. Per comprendere appieno questo legame è necessario però tornare indietro nel tempo, fino al concetto di catarsi, termine introdotto da Aristotele per evidenziare l’effetto che il dramma greco aveva sugli spettatori.

Dal greco kátharsis, “purificare”, per catarsi si intende la liberazione dell’individuo da una contaminazione che danneggia o corrompe la sua natura.

L’obbiettivo del dramma è proprio quello di purificare gli spettatori eccitandoli artisticamente tramite alcune emozioni*: l’evento scenico “traumatico”, che rappresenta la messa in atto di un conflitto e delle sue conseguenze fino all’estrema lacerazione, inciterebbe il pubblico ad un’osservazione più consapevole. Coinvolgimento = presa di distanza, di posizione.

*psicologia: “reazione affettiva intensa determinata da uno stimolo ambientale o interno“.

*filosofia: “ogni stato, movimento, per il quale l’animale o l’uomo avverte il valore che una situazione determinata ha per la sua vita, i suoi bisogni, i suoi interessi“.

*neuroscienze: “attivazione del sistema nervoso autonomo e dei centri nervosi“.


Laboratori teatrali e Psicodramma

Il primo e vero incontro tra teatro e psicologia avvenne negli anni 60 con la nascita dei laboratori teatrali. Attori e registi lavoravano insieme sul training e sulla preparazione dello spettacolo, un intenso lavoro di sperimentazione grazie al quale si riuscì a focalizzare l’attenzione non più sul prodotto, ma bensì sul processo di creazione. Questo teatro di ricerca o meglio, “Teatro Laboratorio” istituito da Grotowski nel 1859, mirava ad un teatro “povero“.

In continua trasformazione ed azione, i laboratori teatrali con la loro missione trasformativa, non si limitarono unicamente a rispecchiare la società, ma anche a cambiarla, cominciando a partire dalle situazioni di margine.

Tra il 1740 e il 1800 cominciarono ad allestirsi lavori teatrali nei manicomi e negli ospedali, si presupponeva che se un malato recitasse un personaggio con un’idea completamente opposta alla propria, quest’ultimo fosse in grado di liberarsi e quindi guarire dall’idea “fissa” di origine.

Il precorritore di questo processo fu Jacob Levi Moreno, l’ideatore dello Psicodramma, una forma di psicoterapia di gruppo nella quale ciascun paziente rappresentava sé stesso donando una forma drammatica teatrale alle vicende personali interiori, passate o presenti. Durante la condivisione collettiva si realizzava la nostra famosa catarsi, che permetteva al paziente di alleggerire le tensioni superando blocchi e disagi.

Counseling: tra teatro e psicologia

Tutti i metodi che fondono tecniche teatrali e conoscenze di psicologia rientrano nella sfera del counseling, uno strumento in grado di favorire il benessere psicofisico aumentando la conoscenza di sé stessi.

La recitazione permette di entrare in contatto con il nostro mondo interiore, perché sperimentando emozioni inespresse o situazioni inconsuete, abbiamo la possibilità di acquisire maggiore consapevolezza e quindi ascoltarci.

Con il passare degli anni le tecniche teatrali hanno influenzato la nascita della psicologia moderna, nuovi studi empirici infatti vengono condotti dalla psicologia cognitiva e dalle neuroscienze: neuroni specchio, acting imaging, tutti concetti che rinnovano questo legame antico nato per salvaguardare le nostre anime.

Il teatro, grazie alla tecnica dell’attore, quest’arte in cui un organismo vivo lotta per motivi superiori, presenta una occasione di quel che potremmo definire integrazione, il rifiuto delle maschere, il palesamento della vera essenza: una totalità di reazioni fisico-mentali. Questa possibilità deve essere utilizzata in maniera disciplinata, con una piena consapevolezza delle responsabilità che essa implica. È in questo che possiamo scorgere la funzione terapeutica del teatro per l’umanità nella civiltà attuale.
– Grotowski, 1968. 


Teatro e terapia: l’auto-osservazione

Ogni fantasma, ogni creatura d’arte, per essere, deve avere il suo dramma, cioè un dramma di cui esso sia personaggio e per cui è personaggio. Il dramma è la ragion d’essere del personaggio; è la sua funzione vitale: necessaria per esistere.
– Luigi Pirandello.

In campo psicologico vi sono studi che pongono l’attenzione sui vissuti qui-ed-ora e sulla dimensione consapevole dell’esperienza.

Bertolt Brecht riteneva che la consapevolezza si potesse raggiungere attraverso l’auto-osservazione, con una distanza e una non identificazione con i contenuti mentali. La distanza critica dell’attore nei confronti del personaggio e del testo è fondamentale perché implica la distinzione tra l’azione e il riflettere sull’azione stessa. In altre parole, la separazione tra il ruolo e l’attore.

Psicosi delle 4:48

Stiamo parlando di una delle tante teorie aventi a che fare con la figura attoriale, ma se si trattasse di un paziente con un disturbo invece? Muterebbe questo ragionamento e dunque questo distacco?

Non è colpa tua, è l’unica cosa che sento dire, non è colpa tua, è una malattia, non è colpa tua, lo so che non è colpa mia. Me l’avete detto tante di quelle volte che comincio a pensare che sia colpa mia.

La risposta al nostro quesito la troviamo nel caso unico di Sarah Kane.

Scrittrice e drammaturga britannica degli anni 90, la Kane lottò a lungo contro la sua depressione. Temi difficili quelli affrontati dalle sue opere: cannibalismo, violenza, stupri.

L’opera che andremo ad analizzare più da vicino però sarà l’ultima “Psicosi delle 4:48“. Definirla una nuova onda teatrale sarebbe riduttivo, si tratta di un monologo senza pause dedicato a destinatari diversi, un flusso di coscienza, una sfilza di sentimenti di rabbia ormai passivi grazie ai quali Sarah decide di assecondare le sue paure, camminandoci fianco a fianco, come se in qualche modo avesse cominciato a percepire la fine del suo tempo.

Qui la scrittura dell’autrice non si limita a rivelare un malessere per uno scopo terapeutico, bensì è essa stessa il mezzo attraverso il quale intende portare a galla i propri incubi, un’auto-osservazione consapevole.

Ancora oggi il suo teatro è in grado di arrivare in maniera diretta al pubblico, passando attraverso emozioni, stati d’animo, di cui non si ha il coraggio di parlare. L’obbiettivo è quello di riuscire a trasformare un sentimento “negativo” in eterna e dannata bellezza come la conclusione della sua opera:

Una me che non ho mai conosciuto, il volto impresso sul rovescio della mia mente: per favore, aprite le tende!


Conclusione

Nonostante vi sia ancora una grande diffidenza per quanto riguarda il rapporto tra teatro e psicologia, quello che posso permettermi di affermare con sicurezza è che entrambi rappresentano una forma importantissima di comunicazione.

Permettere di lenire la sofferenza della nostra anima attraverso l’ascolto dovrebbe essere una vittoria, un patrimonio per l’essere umano. Mi auguro che ben presto tutto questo possa rivelarsi agli occhi di tutti consuetudine.


Athena Libanore Autrice de La Mente Pensante   Athena Libanore – Diplomata in Arti Performative | Email

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