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Fame d’Amore: un’esigenza emotiva insaziabile

Analisi della dipendenza affettiva: dalle origini alle proposte terapeutiche

Image by lance reis on Unsplash.com


La “fame d’amore” è una metafora usata in campo psicologico per descrivere un forte desiderio e bisogno emotivo di amore, affetto e riconoscimento da parte degli altri: una necessità insaziabile e vitale, una morsa allo stomaco simile alla fame fisiologica, provata quando abbiamo bisogno di cibo, che fa sentire la persona esasperatamente vuota. Così come qualsiasi alimento andrebbe bene purché possa saziarci, allo stesso modo consideriamo ogni persona che incontriamo come un potenziale partner capace di soddisfarci e riempire il nostro vuoto emotivo.

Tale condizione è vissuta come esperienza terribile e da evitare in ogni modo possibile poiché, sentire quel vuoto, significherebbe vedersi come una persona priva di significato e soddisfazione nella vita.

Ecco quindi come la fame d’amore possa essere vista come una reazione al vuoto emotivo, come antidoto che permette di anestetizzare questo lancinante tormento dell’anima.


La fame d’amore nell’ottica della dipendenza affettiva

La fame d’amore è una condizione, talvolta connotata da manifestazioni compulsive ed istintive, tipica della dipendenza affettiva. La dipendenza affettiva rientra come forma delle “new addictions“, ossia delle addictions comportamentali, dipendenze non causate da una sostanza ma, appunto, da un comportamento o un’attività molto spesso lecita e socialmente accettata. La dipendenza è una condizione che presuppone un’asimmetria: è insita, infatti nell’etimologia stessa della parola che proviene dal latino “addictus” (vocabolario utilizzato nell’Antica Roma per indicare lo schiavo o il servitore che diveniva tale per non pagare i propri debiti) ed è usata per descrivere la condizione di schiavitù che si instaura con l’oggetto della dipendenza.

Nella dipendenza affettiva l’oggetto della dipendenza è una persona con la quale si stabilisce una condizione psicologica di esclusività di legame, in grado di modificare temporaneamente lo stato di sofferenza psichica. Non si può pensare che tali caratteristiche siano osservabili in maniera statica, ma sono sempre considerate all’interno di un circolo relazionale in cui le caratteristiche dell’”amato” interagiscono con quelle dell’individuo dipendente e con la sua vulnerabilità. La persona che ne soffre vive nella convinzione assoluta che senza l’altro non sia possibile sopravvivere: quella relazione affettiva è indispensabile e necessaria. L’individuo dipendente fonda la propria autostima sull’approvazione e la rassicurazione altrui ed è all’altro cui si rivolge continuamente per essere aiutato, guidato, sostenuto al punto da annullare anche se stesso ed i propri bisogni. Le persone dipendenti, infatti, pur di essere ben voluti dall’altro, sono disposte a fare cose spiacevoli e degradati accettando anche situazioni intollerabili. Il dipendente è disposto a sottomettersi alle richieste del partner e fare di tutto pur di evitare di affrontare la paura più grande: la fine della relazione.


L’attaccamento: da dove nasce la dipendenza emotiva

Il concetto che abbiamo di noi stessi inizia a crearsi già dai primi mesi di vita, a partire dalle prime relazioni. La maggior parte delle teorie di orientamento psicoanalitico sostengono che la regolazione, il contenimento e lo sviluppo affettivo del bambino avvengano nel corso dei suoi primissimi anni di vita nel del rapporto diadico con il proprio caregiver. All’interno di questa cornice introduttiva, è possibile inserire la teoria dell’attaccamento formulata da J. Bowlby che definisce il fenomeno dell’attaccamento come quel comportamento attuato dalla persona per ottenere e mantenere la vicinanza ad un individuo di riferimento. Esso si sviluppa nella prima infanzia, dando vita ai MOI, i Modelli Operativi Interni, ossia rappresentazioni mentali di se stesso e della figura di attaccamento che il bambino interiorizza e che utilizza per gestire e garantirsi l’accudimento e la relazione con il proprio caregiver. Attraverso tali Modelli Operativi Interni è filtrato il senso del proprio sé, del mondo e del sé in relazione con l’altro ed essi rappresentano vere e proprie strategie adattive che l’individuo userà e che riproporrà in tutte le sue relazioni future, mettendo nuovamente in atto i modelli di relazioni interiorizzati nell’infanzia. Ad oggi, gli stili di attaccamento definiti dalle ricerche empiriche sono quello di tipo sicuro, insicuro – evitante, insicuro – ambivalente e disorganizzato. Giacché è emerso da diversi studi che gli stili d’attaccamento insicuro-timoroso ed insicuro-preoccupato sono risultati associati con una visione dell’amore come ossessivo e dipendente, è possibile perciò affermare che la dipendenza affettiva affonda le sue radici nell’infanzia, attraverso il rapporto con i propri caregivers, contribuendo nel determinare il modello relazionale che l’adulto metterà in atto nel rapporto con l’altro.


Come la dipendenza affettiva si declina nelle relazioni

La coppia è il terreno ideale in cui gli aspetti più positivi come quelli più distruttivi entrano in gioco e vengono agiti nei confronti del partner. Nella relazione genitori-figli ci possono essere delle ferite che s’insidieranno come codice di comportamento appreso circa le relazioni e che si ripresenteranno durante la costruzione del rapporto di coppia. C’è quindi la tendenza a riprodurre gli antichi modelli relazionali: un individuo “sicuro” cercherà un partner che sarà in grado di rispondere in modo adeguato ai suoi bisogni emotivi, stabilendo un legame basato sullo scambio, sulla disponibilità e reciprocità insieme alla capacità di negoziazione e di autonomia. Le persone con un attaccamento preoccupato e timoroso sono costantemente preoccupate delle loro relazioni, specie di quelle intime, ed hanno un’eccessiva paura della separazione, dell’abbandono, del rifiuto e di possibili tradimenti da parte del partner. In particolare, nel caso delle donne, la possessività e la dipendenza nei rapporti di coppia in età adulta è associata ad un rapporto con madri e padri scarsamente empatici durante la loro infanzia. Vi sono storie di maltrattamento fisico e psicologico durante l’infanzia che le donne tendono a rivivere, riproducendo le carenze o le violenze, nel tentativo illusorio di controllarle e di riscattarsi dal passato. Mentre per gli uomini lo sviluppo della dipendenza affettiva risulta altamente influenzato da scarse cure paterne e una madre iperprotettiva. Negli uomini è più comune la tendenza ad allontanare dalla mente il dolore vissuto, identificandosi con chi ha causato queste mancanze, oppure a manifestare il bisogno di essere dipendenti nel comportamento di abuso da sostanze.


Dipendenza Affettiva: un’indagine sulle sue forme ed espressioni

Talvolta, le persone si scelgono sulla base delle loro insicurezze e così, la dipendenza dall’amore si presenta in molteplici forme.

Alcuni dipendenti dall’amore, intimoriti dall’intimità, ricercano amori non corrisposti avvicinandosi consapevolmente a persone non disponibili. Altri dipendenti diventano ossessionati dal partner quando s’innamorano, nonostante l’altra persona possa avere comportamenti svalutanti, abusanti o controllanti. Vi sono poi i dipendenti dall’amore seduttori e rifiutanti che cercano la relazione solo per il sesso o la compagnia evitando una relazione al di fuori della sfera erotica. Oppure vi sono quelle persone dipendenti che non riescono ad abbandonare una relazione anche se sono infelici, non provano un sentimento d’amore e si sentono soli, trascurati o in pericolo. Esistono anche forme di co-dipendenza, all’interno delle quali gli individui scelgono partner “problematici” e portatori a loro volta di altri tipi di dipendenza (droghe, alcol, gioco d’azzardo ecc…) al fine di aiutarli: un aiuto “malato” in cui si rafforza la dipendenza dell’altro nella speranza di essere ricambiati e non abbandonati. Altri dipendenti, invece, sono narcisisti ed utilizzano il dominio o la seduzione per controllare il partner in maniera dispotica, ma se vengono lasciati possono esplodere in comportamenti violenti.


Sensibilizzazione e proposte terapeutiche

Quello della dipendenza affettiva costituisce un tema che si declina in tipi di forme di legame molto diffuse nella nostra società. La sensibilizzazione per la dipendenza affettiva può contribuire a una maggiore comprensione e al supporto delle persone dipendenti, migliorando la qualità delle loro vite e delle loro relazioni, riducendo il tabù associato a questi argomenti. Azioni di prevenzione e sensibilizzazione possono essere incrementate nelle scuole, ad esempio, come un’occasione per avviare un percorso di educazione all’affettività che sia motivo di riflessione sui temi della maturità emotiva e di quei comportamenti che vanno promossi e quelli che vanno scoraggiati, a partire dalla relazionalità con il gruppo dei pari.

Anche la pratica della Mindfulness può essere utile per la gestione dell’ansia, di quelle emozioni dirompenti e di quei pensieri assillanti legati alla dipendenza affettiva promuovendo la comprensione, un atteggiamento compassionevole e non giudicante verso se stessi.

Esistono inoltre diverse azioni terapeutiche capaci di fornire gli strumenti necessari per riconoscere e affrontare tale condizione, migliorare l’autostima e sviluppare relazioni più sane e soddisfacenti. Ad esempio:

  • Terapia cognitivo-comportamentale (CBT): La CBT si concentra sulla modifica dei modelli di pensiero e dei comportamenti disfunzionali. In terapia, una persona con dipendenza affettiva può imparare a riconoscere e cambiare i pensieri ei comportamenti che contribuiscono alla dipendenza, come l’ansia da abbandono o la ricerca costante di conferme. Si sono mostrati molto efficaci, nella pratica cognitiva-comportamentale, in particolare la Dialectical Behavior Therapy (DBT), in grado di fornire psico-educazione e training specifico, e la Schema Therapy, utile nel processo di ristrutturazione degli schemi disfunzionali dai quali attinge la dipendenza affettiva.
  • Modello umanistico e bioenergetico: Questa proposta di trattamento per la dipendenza affettiva è composta da otto “passi”, ognuno dei quali mira a raggiungere obiettivi specifici. Questi passi compongono un approccio terapeutico completo che mira a favorire la consapevolezza emotiva, la guarigione delle ferite emotive, lo sviluppo dell’autostima e la promozione di relazioni più sane. Il trattamento si basa su esercizi pratici e tecniche terapeutiche per affrontare in modo completo la dipendenza affettiva.
  • Terapia interpersonale: La terapia interpersonale si concentra sul miglioramento delle relazioni e sulla comprensione delle dinamiche relazionali. La terapia interpersonale può essere altamente efficace nel trattare la dipendenza emotiva, poiché affronta direttamente le dinamiche relazionali e le emozioni legate alle relazioni.
  • Terapia di gruppo: Partecipare a un gruppo di supporto o una terapia di gruppo con altre persone che affrontano la dipendenza affettiva può offrire una rete di sostegno, condivisione di esperienze e opportunità per imparare nuove strategie di coping.

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Dott.ssa Eleonora Scancamarra Autrice presso La Mente Pensante Magazine
Dott.ssa Eleonora Scancamarra
Psicologa Clinica
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