I mille volti della violenza
Definizione, cause, conseguenze e l’importanza della psicoeducazione
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La parola “Violenza” deriva dal latino violentia, a sua volta derivato di violentus, ovvero «violento», la cui radice vis sta a significare «forza». Tale termine è sempre più di difficile definizione univoca, in quanto incorpora molteplici forme e significati ad esso attribuibili con i quali la violenza stessa si può esprimere.
La più manifesta ed antica è sicuramente la violenza in forma fisica, ed infatti l’Enciclopedia Treccani descrive così la violenza: “con riferimento a persona, la caratteristica, il fatto di essere violento, soprattutto come tendenza abituale a usare la forza fisica in modo brutale o irrazionale, facendo anche ricorso a mezzi di offesa, al fine di imporre la propria volontà e di costringere alla sottomissione, coartando la volontà altrui sia di azione sia di pensiero e di espressione, o anche soltanto come modo incontrollato di sfogare i propri moti istintivi e passionali“. Ed ancora “ogni atto o comportamento che faccia uso della forza fisica per recare danno ad altri nella persona o nei suoi beni o diritti, quindi anche per imprese delittuose […]. In senso più ampio, l’abuso della forza (anche attraverso parole, sevizie morali, minacce, ricatti), come mezzo di costrizione, di oppressione, per obbligare cioè altri ad agire o a cedere contro la propria volontà […] costringere altri con violenza o minaccia a fare, tollerare od omettere qualche cosa, ledendo così la libertà individuale del soggetto e condizionandone l’attività” (Treccani).
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS, 2002) definisce la violenza come “l’utilizzo intenzionale della forza fisica o del potere, minacciato o reale, contro se stessi, un’altra persona, o contro un gruppo o una comunità, che determini o che abbia un elevato grado di probabilità di determinare lesioni, morte, danno psicologico, cattivo sviluppo o privazione” .
L’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU, 2014) definisce invece la violenza come “qualsiasi atto che provoca, o può provocare, danno fisico, sessuale o psicologico, comprese le minacce di violenza, la coercizione e la deprivazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che privata“.
Dunque, elemento chiave della violenza sta proprio nell’utilizzo della forza, dell’eccesso, dell’intenzionalità, del ledere la propria o l’altrui libertà individuale in qualunque forma. Purtroppo, esistono ad oggi svariate forme di violenza, autodiretta, interpersonale e collettiva.
Di seguito vengono descritte le principali forme di violenza interpersonale, che possono insinuarsi sempre più silenziosamente nella vita del soggetto, le quali danneggiano in misura differente i generi, a discapito però nella maggior parte dei casi delle persone con organi genitali femminili, andando anche oltre il quadro bio-psico-sociale.
Per tale motivo con l’espressione unica violenza di genere ci si può ricondurre allo sfumato ventaglio delle principali forme di violenza di seguito riportate, le cui esatte prevalenze risultano abbastanza sommerse e sottaciute.
Violenza fisica: qualunque forma di aggressività, privazione di libertà, maltrattamento corporeo od oggettuale, che causi danno, lesioni, invalidità, morte. Tale violenza se eterodiretta è esercitata spesso con forza fisica illecita, con l’obiettivo di determinare un ruolo di sottomissione (5, 9).
Violenza verbale: forma di violenza facente uso della comunicazione verbale diretta, con l’obiettivo di attaccare dignità personale, mancare di rispetto, sottolineare insistentemente un livello di superiorità contro uno di subordinazione (4).
Violenza sessuale ed abuso: qualsiasi azione che comprenda tentativi o effettivi atti di stupro anche di gruppo con sconosciuti e/o conoscenti che non contemplano il rifiuto, schiavitù sessuale, prostituzione forzata, gravidanza forzata, sterilizzazione forzata o qualsiasi altra forma di violenza sessuale di analoga gravità che comporti quindi un’imposizione di coinvolgimento in attività e/o rapporti sessuali priva di un libero e conscio consenso (13, 5, 9, 17).
Violenza psicologica: qualsiasi atto verbale e non verbale che possa causare danno psicologico ad un soggetto con intenti manipolativi e di controllo, dunque aggressività espressiva, controllo coercitivo, minacce di violenza sessuale o fisica, controllo di salute riproduttiva e sessuale, sfruttamento di vulnerabilità della persona (in generale atti volti a minacciare, insultare, umiliare, diffamare, molestare, attaccare l’identità e l’autostima, isolare, impedire o controllare relazioni interpersonali, cacciare o rinchiudere in abitazione) (9).
Violenza assistita e neglect: il Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l’Abuso dell’Infanzia – CISMAI, definisce tale violenza come il fare esperienza da parte del minore di “qualsiasi forma di maltrattamento, compiuto attraverso atti di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica, su figure di riferimento o su altre figure affettivamente significative adulti e minori” (11).
Violenza economica: forma più sottile di violenza, diretta o indiretta, che consiste nel rendere il soggetto economicamente dipendente dal coniuge o ex coniuge o dal partner o ex partner, e che racchiude in sé ogni forma di privazione e controllo che limiti la sua indipendenza economica: fare liberi acquisti, avere un proprio lavoro, disporre di denaro. In tal senso gli intenti riguardano causare danni alla proprietà, limitare l’accesso alle risorse finanziarie, all’istruzione o al mercato del lavoro, causare un mancato rispetto delle responsabilità economiche, come gli alimenti (13, 5, 2).
Violenza fisica sessuale, psicologica, economica ed assistita possono concentrarsi tutte nella forma di violenza domestica, compiuta all’interno delle mura di casa da parte del partner o di un familiare (OMS, 1996) è, tra le diverse forme di violenza, quella che si verifica più frequentemente e con maggiori tragiche ripercussioni sulla salute psicofisica della vittima (12, 4, 3).
Stalking (=appostarsi): forma di violenza perpetrata da sconosciuti e conoscenti mossi da paura della perdita o risentimenti, composta da assillanti, pesanti molestie e persecuzioni con l’obiettivo di causare nell’altra persona uno stato di allerta, emergenza, un vero e proprio stress psicologico (12, 15).
Mobbing: forma di violenza agita a lungo termine da un singolo o un gruppo verso una vittima composta da una serie di atti plurioffensivi (vessazioni, umiliazioni, maldicenze, ostracizzazioni, emarginazione, angherie, abusi psicologici, demansionamento) con l’obiettivo di ledere la dignità personale, professionale, la salute psicofisica, anche e nonostante la reale assenza di un vero reato o simili. Tale forma di violenza sistematica è tipicamente riferita a quanto può emergere sul posto di lavoro da parte di uno o più persone ripetutamente e direttamente verso un singolo ed in un certo arco di tempo, attraverso aggressività e molestie verbali, calunnie, sarcasmo, isolamento sociale, tutte situazioni che la vittima in questione percepisce come ingestibili e deleterie (16).
Violenza ostetrica: definita per la prima volta nel 2007 nella “Legge Organica sul diritto delle donne a una vita libera dalla violenza“, emanata in Venezuela, per violenza ostetrica si intende “l’appropriazione del corpo e dei processi riproduttivi della donna da parte del personale sanitario, che si esprime in trattamenti disumani, abuso di medicalizzazione e nella patologizzazione di processi naturali, avente come conseguenza la perdita di autonomia e delle capacità di decidere liberamente del proprio corpo e della propria sessualità, impattando negativamente sulla qualità della vita della donna”.
L’OMS nel 2014, con il documento “La prevenzione ed eliminazione dell’abuso e della mancanza di rispetto durante l’assistenza al parto presso le strutture ospedaliere“, ha descritto le principali tipologie di abusi che possono avvenire nelle struttura ospedaliere in occasione del parto, come: abuso verbale, umiliazione o aggressione fisica; mancanza di riservatezza, violazioni della privacy e di un consenso realmente informato; qualsiasi forma di discriminazione culturale, economica, religiosa ed etnica; interventi di routine, ridondanti, con eccessiva medicalizzazione, eseguiti sulla madre e/o sul bambino; insufficiente disponibilità di attrezzature mediche, rifiuto di offrire un’adeguata terapia per il dolore e strutture inadatte; trascuratezza dell’assistenza al parto, con possibili pericoli per la vita della donna e del bambino (7).
Violenza ginecologica: forma di violenza che avviene “nell’ambito privato della consultazione medica in cui vengono messe in atto pratiche violente o che possono essere percepite come tali – inclusi gli atti inappropriati e non acconsentiti, come le episiotomie e le palpazioni vaginali realizzate senza consenso, pressione sul fondo dell’utero o interventi dolorosi eseguiti senza anestesia. Sono stati riferiti anche comportamenti sessisti durante le visite mediche.” Questo quanto emerge dal documento “La Risoluzione (2306/2019)”, promosso dalla deputata francese Maryvonne Blondin, ed approvato dal Consiglio d’Europa (8).
Violenza giovanile, bullismo, cyberbullismo: l’insieme di azioni violente, persecutorie, prepotenti, intimidatorie, perpetrate con intenzione e ripetizione da un singolo o un gruppo verso una vittima anche in rete, ripetutamente ed intenzionalmente. Tali azioni sono composte da aggressioni e molestie verbali e fisiche molto pesanti ed evidenziano una inaccettabile e scarsa tolleranza verso la diversità in termini di etnia, religione, caratteristiche psicofisiche, genere, identità di genere, orientamento sessuale o realtà familiari eccezionali o singolari (10).
Cause, conseguenze e risvolti: l’importanza della psicoeducazione
Rilevare specifici ed univoci fattori che spieghino l’eziologia delle violenze risulta complesso ed infatti sarebbe più corretto affermare che alla base delle violenze nel loro espletamento e mantenimento possono esserci cause multifattoriali, che tutt’oggi meritano approfondimenti.
Elementi connessi alla cultura ed alla società d’appartenenza (sessismo e società patriarcale), status socio-economico, disoccupazione, povertà, difficoltà sociali ed economiche possono essere i principali fattori ambientali, mentre fattori più intimi possono riguardare caratteristiche di personalità e psicologiche, l’essere stato vittima in passato di violenze e traumi o il vivere a livello familiare in un ambiente violento, ed in aggiunta a tutto questo il possibile abuso di alcol o sostanze stupefacenti in certe situazioni sembrerebbe possa aggravare il quadro, riducendo inibizioni e capacità di giudizio (1, 17, 6, 13).
Ogni tipo di violenza porta potenzialmente con sé un trauma (fisico e/o psicologico) ed una conseguente modifica del comportamento, con un insieme di scarsa autostima, senso di colpa e vergogna che risultano gravi, che portano ad isolamento sociale e che a lungo termine possono sfociare in vere e proprie patologie mentali e mediche come: disturbi correlati ad eventi traumatici e stressanti, disturbi d’ansia, disturbo depressivo maggiore e rischio suicidario, comportamenti autolesionistici e rischiosi, disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, disturbi del sonno, disturbi psicosomatici, disturbi dissociativi, dolore cronico, disturbi correlati a sostanze, disturbi gastrointestinali, disfunzioni sessuali, disturbi ginecologici per le donne e della salute riproduttiva, sindrome dell’intestino irritabile.
Tali situazioni aggravate anche da successive conseguenze e difficoltà economiche, sociali, familiari, abitative, all’interno di un contesto nel quale sono inseriti minori, comportano ulteriori e serie problematiche, le quali è importante non sottovalutare essendo a loro volta fattore di rischio per lo sviluppo o l’esacerbazione di disagi e disturbi, dunque per il manifestarsi di un continuo circolo vizioso e cronico (1, 17, 6, 14, 2, 15).
In una cornice così complessa risulta essenziale evidenziare l’importanza della sensibilizzazione a tali tematiche, partendo da una corretta, completa e specifica psicoeducazione in cui investire e che prenda avvio proprio negli istituti scolastici, per proseguire in famiglia, con il gruppo dei pari, successivamente nei contesti lavorativi e verso e per le generazioni future.
Bibliografia
1. American Psychiatric Association (2013). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth Edition. Arlington, VA, American Psychiatric Association.
2. Fawole, O. I. (2008). Economic Violence To Women and Girls: Is It Receiving the Necessary Attention? Trauma, Violence, & Abuse, 9(3), 167–177.
3. Filocamo G., Mencacci C., Bramante A., (2009). La violenza domestica nei confronti delle donne. Quaderni Italiani di Psichiatria, 28, 2
4. Definizione e forme Di Violenza (pdf)
5. Forms of Violence
6. Violenza: caratteristiche e tipologie
7. Cos’è la violenza ostetrica
8. Violenza ostetrica e ginecologica. Consiglio d’Europa approva risoluzione. Previste sanzioni contro il personale sanitario
9. What is Violence
10. Bullismo e Cyberbullismo, Ministero della Salute
11. Violenza sui bambini, Savethechildren
12. Dossier “La violenza intrafamiliare” (pdf)
13. Merli A., 2015. Violenza di Genere E Femminicidio. Diritto Penale Contemporaneo, 1.
14. Rivara F., Adhia A., Lyons V., Massey A., Mills B., Morgan E., et al. (2019). The Effects Of Violence On Health. Health Affairs, 38 (10).
15. Sheridan, L. P., Blaauw, E., & Davies, G. M. (2003). Stalking: Knowns and Unknowns. Trauma, Violence, & Abuse, 4(2), 148–162.
16. Tatar Z.B., Yüksel Ş., (2019). Mobbing at Workplace. Psychological Trauma and Documentation of Psychiatric Symptoms. Noro Psikiyatr Ars, 56(1), 57-62.
17. Tavara L. (2006). Sexual violence. Best Practice & Research Clinical Obstetrics & Gynaecology, 20 (3), 395-408.
Dott.ssa Vanessa Nardelli
Psicologa, specializzanda in Consulenza Sessuale e Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale
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