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Carriera e parità di genere

Scelte consapevoli e meritocrazia per l’uguaglianza dei generi


Cosa vuoi fare da grande?

Almeno una volta nella nostra vita è capitato di porre o di sentirci porre questa domanda…e le risposte sono spesso state le più disparate.

C’è chi vuole fare l’astronauta, chi il calciatore, chi la hostess di volo, chi la maestra.

Ognuno di noi è cresciuto cambiando molto la risposta, a volte grazie all’influenza del personaggio del momento o di una persona di cui sentivamo parlare bene da chi ci stava vicino.

C’è chi ha portato avanti con tenacia il sogno di una carriera e ha raggiunto la vetta più alta…ma davvero questo è sufficiente?


Una difficile mediazione

Per molti anni ho lavorato nella formazione professionale. Nello specifico mi sono occupata di formare giovani e adulti in merito alle competenze trasversali e alle pari opportunità.

Non finirò mai di stupirmi delle disuguaglianze ancora oggi presenti in ambito lavorativo tra uomini e donne, nonostante siamo ormai nel XXI° secolo, ma ricordo in particolare un episodio di quei tempi che mi ha fatto molto riflettere …ancora oggi un sorriso mi increspa le labbra quando ci penso.

Corso di operatore su personal computer, primi anni 2000.

Classe mista di giovani tra i 18 e i 30 anni circa. Chiedo di immaginarsi da lì a dieci-quindici anni, di pensare nello specifico ad un contesto di coppia.

Un ragazzo ad un certo punto esordisce dicendo: “Io lavorerò come programmatore in una grande azienda, mia moglie ovviamente resterà a casa ad occuparsi dei figli, a cucinare e rassettare mentre loro sono a scuola”. La vicina di banco si volta verso di lui con occhi sbarrati: “ Cosa?? Ma dove pensi di vivere, nel Medioevo?? Col cavolo che io starei a casa, voglio anche io lavorare e fare carriera!”.

Un pensiero diverso…

Non dimenticherò mai l’espressione di smarrimento sul volto del ragazzo: si era da poco trasferito con la famiglia da un piccolo paese del sud Italia e non riusciva davvero a capacitarsi di quanto stesse affermando la compagna: “Ma come…tu sei femmina, il tuo posto è a casa…”. Non l’aveva detto con tono impositivo, era piuttosto…disorientato. Per la prima volta ascoltava un pensiero diverso da quello cui era abituato e questo l’ha destabilizzato.

Ho incontrato quella classe per un paio di mesi e ho visto crescere e cambiare molti atteggiamenti e opinioni. Il ragazzo in questione ha avuto un’incredibile capacità: dopo lo smarrimento iniziale ha saputo mettersi in discussione, ha avuto l’intelligenza di voler capire, di andare oltre gli stereotipi con cui era cresciuto, di ascoltare veramente chi dissentiva dal suo pensiero.

È stato tutt’altro che semplice mediare posizioni tanto differenti, ma ricordo ancora le parole del ragazzo e della ragazza in questione a fine modulo: “Grazie prof, ci hai aperto gli occhi, io pensavo fosse scontata la parità tra uomo e donna, lui che fosse naturale il contrario…entrambi sbagliavamo e senza questo corso chissà se e quando l’avremmo capito!


Maschi? Femmine? Prima di tutto Persone

Nella mia crescita professionale ho più volte dovuto accantonare la docenza in aula, ma ho sempre a cuore la tematica delle parità di genere e osservo sempre con piacere i passi avanti, ma con forte dispiacere i passi indietro o comunque la stasi in talune situazioni.

Ho insegnato ai miei figli che, prima di essere maschi o femmine devono essere Persone e, in quanto tali, rispettare sia gli appartenenti al proprio sesso sia quelli di sesso opposto.

Fin da bambino mio figlio ha aiutato nelle faccende domestiche, senza mai vedere questo compito come una stranezza ma come consuetudine, in quanto ogni membro della famiglia partecipa attivamente alla gestione quotidiana.

Allo stesso modo mia figlia ha giocato con i lego e con le macchinine, ha aiutato mio marito ad imbiancare casa…insomma, ognuno si è reso partecipe, senza mai pensare: “ma questo non dovrebbe farlo lei in quanto femmina?” o viceversa.


Diverso da chi?

Lo stesso principio vale per l’approccio al diverso, inteso nel senso più ampio possibile, non necessariamente attinente alle sole diversità di genere, anche perché come il titolo del famoso film omonimo: “Diverso da chi?” (con Luca Argentero, Filippo Nigro e Claudia Gerini, 2009).

Siamo diversi gli uni dagli altri, non è proprio questo che ci rende unici e ci dà valore?

Classico discorso “da fermata dell’autobus”:

non puoi capire, nella mia azienda erano in due a correre per la posizione di responsabile d’area, un uomo e …non ci crederai, uno di quelli, sì insomma un gay…e chi avuto il posto? Quello diverso! Da non credere”.

Ecco…non voglio addentrarmi eccessivamente in queste sottigliezze ma concedetemi una variazione sul tema:

non puoi capire, nella mia azienda erano in due a correre per la posizione di responsabile d’area, uno davvero in gamba e uno …non ci crederai, uno di quelli, sì insomma quello che non si capisce come ci sia arrivato fino lì, che fa sempre pasticci…e chi avuto il posto? Quello che fa pasticci! Da non credere”

Cambia non poco…cosa ne dite?


Carriera: Meriti e Meritocrazia

Ognuno è meritevole di salire i gradini della scala impervia che conduce alla conquista del podio.

C’è chi questo merito lo porta avanti per tutto il percorso, senza mai perdere di vista il rispetto e la correttezza verso gli altri, ma c’è anche chi purtroppo vuole saltare più gradini per volta, senza curarsi di calpestare o far cadere chi incontrano nel cammino.

Se cerchiamo la parola meritocrazia sul vocabolario troviamo: “sistema di valutazione e valorizzazione degli individui, basato esclusivamente sul loro merito”.

Andiamo più a fondo: dare valore alle persone considerando solo il merito.

Non è casuale il ricorso all’avverbio “esclusivamente”, poiché di proposito si vogliono escludere tutte quelle scorciatoie che consentono di eludere gli ostacoli del percorso.

Perché? Perché in quel caso non si parla più di meritocrazia, bensì di favoritismi.

Anche in questa occasione porto un parallelismo con la scuola:

mamma, uffa ho preso 5, eppure ce l’ho messa tutta…ma sai cosa? Preferisco il mio 5 onesto, farina del mio sacco, al 7 di chi ha copiato tutto senza ritegno”.

In più di un’occasione ci saremo imbattuti in situazioni simili: chi non ha mai copiato scagli la prima pietra (e anche chi non si è mai preso una meritata ramanzina per un votaccio…), ma allo stesso tempo farlo ripetutamente implica una mancanza di rispetto nei confronti di chi si impegna onestamente, verso il docente e verso sé stessi, perché non ci si dà modo di mettersi alla prova ad armi pari.

È  tanto diverso in ambito lavorativo?

Non sempre chi fa carriera, chi raggiunge l’apice della piramide, lo fa giocando pulito, ma chi ci riesce ha raggiunto due traguardi in contemporanea: quello professionale e quello personale.


Carriera interna e carriera esterna

Il concetto di carriera ha molte sfaccettature.

Mi faccio aiutare ancora una volta dal vocabolario: carriera è “la via scelta e l’eventuale progresso compiuto, specialmente da un punto di vista sociale ed economico, nel campo di un’attività gerarchicamente organizzata”.

Se avete letto i miei articoli precedenti vi sarete accorti dell’importanza che ha per me la parola scelta.

La via scelta, non la via imposta, proprio quella che io volevo! C’è una bella differenza, non credete?

Oggi capita molto meno di un tempo il vedersi obbligati ad intraprendere una certa strada: “tu diventerai avvocato, perché lo sono io e lo è stato mio padre prima di me”…chi di voi non ha mai sentito qualcosa del genere?

Le conquiste portate avanti dalle ultime generazioni nell’ambito dell’autonomia decisionale ci hanno condotti al poter scegliere che scuola frequentare e spesso che lavoro intraprendere.

Tornando alla nostra definizione di carriera mi colpisce l’uso della parola eventuale: non è detto infatti che se scegliamo di diventare amministratori delegati ce la facciamo sicuramente, solo una piccola percentuale di coloro che ci provano raggiungono l’ambito vertice.

E qui ritorno come per magia al primo paragrafo di questo articolo: ma davvero è sufficiente? Conosco persone che hanno rinunciato a molto (se non a tutto…) per la carriera e che, una volta “arrivati” si sono sentiti…vuoti.

E adesso? E ora che sono qui? Ho perso i miei amici perché non avevo mai tempo per loro, ho perso mio marito perché non ero mai a casa e si sentiva trascurato”.

Carriera Interna

Questa è la cosiddetta “carriera esterna” che contrappongo ad un concetto ben diverso, ovvero quello di “carriera interna”: magari non si riesce ad arrivare proprio in cima, si sceglie (ancora!!) di fermarsi prima, perché la crescita professionale è importante ma anche gli affetti lo sono, anche noi stessi lo siamo.

È vero, ho visto persone meno meritevoli fare passi da gigante, salire i gradini due a due, ma non li invidio né li temo”.

Cosa cambia rispetto alla considerazione precedente?

In una parola sola cambia l’equilibrio: nel primo esempio l’abbiamo smarrito, accecati da qualcosa di impalpabile, dalla mera ricchezza, nel secondo l’abbiamo raggiunto, grazie ad una piena consapevolezza di dove ci si voleva fermare.


Soffitto di cristallo

Forse avrete già sentito parlare di “glass ceiling”: si tratta di una sorta di barriera che impedisce alle donne di raggiungere i livelli più alti della scala sociale e gerarchica.

Lo si vede, quel livello ulteriore, ma non ci si può arrivare o se ci si arriva è talmente fragile che basta un passo falso per far sì che si infranga, insieme alle fatiche compiute per raggiungerlo.

Mi auguro che questa barriera si dissolva come neve al sole…affinché ci siano sempre più leader autorevoli, illuminati, consapevoli e soprattutto meritevoli, indipendentemente dal sesso.

Esistono, fidatevi, e ho la fortuna di conoscerne più di uno!

Quando seleziono una Persona non bado che sia uomo o donna, alto o basso, di bello aspetto o meno, mi preoccupo che sia la persona giusta per quel determinato ruolo non solo dal punto di vista delle competenze professionali ma, soprattutto, di quelle personali e sociali, che sia educata, rispettosa, che abbia voglia di imparare.

Le competenze tecniche si possono imparare con un buon affiancamento, per le competenze trasversali…c’è parecchio di più da lavorare, ma non mi arrendo. Mai.


Simona Battistella Autrice presso La Mente Pensante Magazine
Simona Battistella
HR Manager | Trainer
Bio | Articoli | AIIP Dicembre 2023
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