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Due suggerimenti per “sopravvivere” alla tua felicità

Che quella degli altri va pure bene…ma anche la nostra merita


Nel mio articolo ho lasciato 3 suggerimenti per sopravvivere alla felicità degli altri: articolo scritto nel mezzo di una marea di pubblicazioni dedicate al XmasBlue o al Blue Monday o all’Holyday Blues e chi più ne ha più ne metta; articoli che solo qualche settimana fa hanno letteralmente invaso le nostre bacheche social… impossibile non leggerne almeno uno.

Mi sembrava necessario parlarne, soprattutto per me, mentre cercavo di “sopravvivere” a post e repost e meme che attentavano alla mia glicemia.

Adesso invece voglio scrivere esattamente dell’opposto, dell’altra faccia della medaglia… un po’ come Alice che attraversa lo specchio… né più, né meno… voglio scrivere di come in questi giorni sto imparando a sopravvivere alla mia di felicità e della fatica che faccio a non mettere un vero proprio tetto, o limite, alla mia di felicità.

Inizio con una domanda: Hai mai avuto la sensazione, anche sottile e leggera, che visto che le “cose” ti stavano andando bene non sarebbe “durata” a lungo?

Se la risposta è SI, benvenutə nel gruppo, e se invece è NO, non vedo perché dovresti smettere di leggere questo articolo, chissà che tu non scopra qualcosa di interessante o abbia invece una solida conferma del tuo valore. Anche le conferme servono non credi?

Il mio invece è un SI grosso come una casa… tutte le volte che ottengo un successo, raggiungo un obiettivo o mi sento particolarmente grato di essere al mondo arrivava lo stronzissimo pensiero che non durerà a lungo e che arriverà qualcosa o qualcuno a rovinare tutto… perché è così che vanno le cose, a Nord come a Sud, ad Est come ad Ovest.

Niente di nuovo sotto il sole, siamo tutti bravissimi autosabotatori e non devo certo certificarlo io… credo che tutti i miei colleghi del magazine La Mente Pensante abbiamo pagine e pagine pronte con storie di autosabotaggi, e l’articolo della mia collega Silvia Merciadri sulle Profezie che si Autoavverano è davvero una lettura che ti consiglio.

Ma il punto non è la Profezia che si autoavvera o l’Effetto Pigmalione[1], o almeno non è proprio questo.

Il punto è: perché continuiamo ostinatamente a considerare normali tutti i problemi e le sfide che la quotidianità propone mentre le cose che vanno bene, la felicità, lo star bene ed il successo diventano l’eccezionalità, se non addirittura l’eccezione che conferma la regola e quindi qualcosa di ontologicamente non permanente, effimero o comunque destinato a “finire” ?


Eccezione vs Normalità

Già… perché? Perché continuiamo a ripetere questo schema quasi perfetto di auotsabotaggio che rende così difficile dire a noi stessi: ” Bravə! Te lo sei meritatə! Goditi gli applausi del pubblico e dilata questo momento nella tua mente più che puoi, hai tutto il tempo necessario per lasciar esplodere questa sensazione di benessere in ogni cellula del tuo corpo…”.

Non c’è una risposta univoca a questa domanda, ma qualunque sia il motivo per cui accade… accade, ed accade più spesso di quanto si possa immaginare: sono sicuro che se interrogassi con attenzione la tua vocina interiore sicuramente potrebbe farti un sacco di esempi in cui ti ha avvertito che eri troppo felice e che forse era meglio se ti schernivi e facevi un passo indietro per non sembrare troppo egocentratə o supponente.

Bene… è arrivato il momento di fare qualcosa e di sistemare questo cortocircuito del pensiero.

Iniziamo dalla base e distinguiamo quello che è normale da quello che è eccezionale nelle nostre esistenze, o almeno dovrebbe esserlo:

  1. È normale salutare quando si entra in un negozio o in un ufficio o in qualunque altro posto dove ci sono altre persone;
  2. È normale salutare quando si esce da un negozio o si lascia l’ufficio;
  3. È normale cedere il posto ad anziani e disabili sulla metro o sull’autobus;
  4. È normale ringraziare chi ci ha preparato il pranzo o la cena, fornito un servizio, aiutato in un lavoro, preparato il caffè, …
  5. È normale che ci cedano il posto in cosa alla cassa del supermercato se noi abbiamo poche cose e davanti a noi i rifornimenti di un bunker antiatomico per 15 persone;

E questo elenco potrebbe continuare quasi all’infinito… proprio questo elenco di piccoli gesti felici che ci fanno stupire e dire: “wow!”. Ma davvero ci stupiamo di persone gentili, educate e rispettose? Davvero qualcuno che ci aiuta a portare la spesa su per le scale è una mosca bianca in uno sciame di locuste assassine?

E se è normale questo è anche normale questo:

  1. È normale avere ragione (non è normale pretendere di avere sempre ragione);
  2. È normale non avere ragione;
  3. È normale avere successo in quello che si fa (non è normale pretendere o illudersi di avere successo in tutto quello che si fa; c’è sempre il rischio di sottovalutare o sopravalutare una situazione, un contesto o il valore di una risorsa);
  4. È normale fallire;
  5. È normale essere felici (non è normale fare finta di essere felici sempre o esserlo sempre, 24/24);
  6. È normale essere tristi o malinconici (non è normale esserlo sempre, in risposta a qualunque evento che anima le nostre giornate però);

E via discorrendo.


Primo suggerimento: rendi l’eccezionale normale

Le eccezionalità, quelle potenti che ti cambiano e ribaltano l’esistenza dall’oggi al domani sono ben altra cosa… non ne convieni?

Il primo suggerimento per godersi la nostra felicità senza esserne travolti o senza considerarla così eccezionale da spaventarci a tal punto da farla fuggire in fretta e furia è questo: Rendi l’eccezionale normale.

Normalizzare i piccoli gesti felici di ogni giorno non fa altro che inserire felicità, soddisfazione e benessere fra le ” cose” che ci possono succedere ogni giorno… senza “se” e senza “ma”:

  1. Augurate buon lavoro ai commessi del negozio in cui siete appena stati;
  2. Salutate l’autista dell’autobus quando scendete alla fermata, o gli altri passeggeri ed augurate loro buona giornata e buon lavoro a tutti;
  3. Ringraziate il vostro compagno o la vostra compagna che vi ha preparato la cena, anche se la cena è un piatto di sofficini ed una insalata… voi manco quello avete fatto;
  4. Salutate quasi ostinatamente i vostri colleghi appena arrivati in ufficio anche se questi sono troppo concentrati su altro: fatelo per voi, per ricordavi che voi non siete come loro e siate costanti in questo.

Piccoli gesti felici, piccole cose dal grande potere vi aiuteranno piano piano ad abituarvi “al bello” come parte normale delle vostre giornate e non come evento da segnare sul calendario. Un paio di margherite pratoline in un prato uniformemente verde quanto sono belle?

Chiedetevi: quante pratoline voglio nel mio prato? Davvero me ne bastano solo due? Oddio… oggi sì, sono davvero belle… ma se domani fossero quattro? Cambierebbe qualcosa nella ” storia del mondo fuori da me”? Se mi assentassi dal “mondo fuori da me” per concentrarmi sulla mia felicità, solo per me stessə e lasciarla fluire in ogni cellula del mio corpo, questo ” mondo” come lo ritroverei? Ti svelo un segreto: lo troverai uguale a prima, con tutte le sue bellezze e tutte le sue brutture.

E se ancora non ti ho convintə ad “allenare” la tua felicità, forse ci può riuscire l’amica Giulia Rota Biasetti con i suoi articoli dedicati e con il suo programma di allenamento alla felicità… la prima lezione? Clicca qui!


Secondo suggerimento: saluti, applausi… sipario

Torniamo invece al teatro, con un segreto del mestiere che ti voglio rivelare: i saluti, quelli a fine spettacolo, quelli sotto gli applausi, non sono un momento spontaneo di liberazione dalla tensione degli attori… sono anch’essi parte dello stesso spettacolo che hai appena visto. Sono parte dello spettacolo, sono atto scenico pieno e completo.

È il momento in cui gli attori, i tecnici e tutte le maestranze sono più concentrate e focalizzate che mai; è il momento in cui godiamo al massimo della nostra felicità per un successo appena raggiungo: 5 minuti cinque in cui siamo tutt’uno gli uni con gli altri, con il pubblico… è il momento di massima felicità.

E poi… fine saluti, fine applausi, sipario… fine… e si è pronti a ricominciare.

E quindi? E quindi fai come noi in teatro:

  1. Se ti fanno un complimento è perché vogliono fartelo… non rifiutarlo, accoglilo nella sua pienezza.
  2. Se ti fanno un complimento o ti ringraziano per qualcosa che hai fatto, non giudicarlo… è un ” grazie” che comunque ti hanno regalato… è una bella parola ed ha un bel suono… apprezzala per quello che è e basta… non per quello che ci sta dietro.
  3. E se proprio ti vuoi giocare la carta della modestia e pensi di non meritare un complimento, e pensi che la celebrazione di un obiettivo raggiungo non sia poi così importante (in fondo hai fatto solo il tuo dovere), ricordati che i pensieri sono soltanto pensieri… easy come and easy go. E ricordati che a forza di fare il modesto potresti ottenere l’effetto opposto ed essere tacciato di fishing for compliments[2].
  4. Ricordati che il tempo degli applausi, dei complimenti e del successo è un tempo definito, breve, e come abbiamo detto prima ” easy come and easy go” … tanto vale dargli dignità ed usarlo per fondamenta solide di un prossimo cammino o progetto o…

Questo è davvero un piccolo cambiamento per te: piccolo e sottile, ma non per questo meno reale e vero e concreto.

Buon viaggio verso la tua felicità allora!


Per approfondire…

[1] Se vuoi approfondire ulteriormente sulla Profezia che si Autoavvera o Effetto Pigmalione puoi leggere questo articolo qui comparso sul magazine State of Mindi grandi esperimenti di psicologia – n. 4
[2] Eccoti un articolo di approfondimento sul fishing for compliments


Massimo Chionetti Autore presso La Mente Pensante Magazine
Massimo Chionetti
HR Trainer | Consultant | Attore
Bio | Articoli | Video Intervista
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