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Verso la promozione di un invecchiamento attivo

Gli effetti dell’attività fisica sul corpo, sulla mente e sulle funzioni cognitive in età avanzata


L’OMS definisce così il concetto di “invecchiamento attivo“:

“il processo di ottimizzazione delle opportunità di salute, partecipazione e sicurezza degli anziani”.

Se accanto ad “invecchiamento” aggiungiamo l’aggettivo “attivo” connotiamo questa parola in termini di mantenimento di un impegno sociale, economico, culturale e spirituale e di coinvolgimento in attività.

Dunque si evince che un elemento fondamentale per il raggiungimento di questo processo è di certo il mantenimento dell’indipendenza dell’anziano.

Sempre l’OMS include tra le determinanti dell’invecchiamento attivo sia fattori comportamentali che di personalità.

La letteratura inoltre ha confermato più volte la relazione positiva che esiste tra un’attività fisica regolare e l’invecchiamento di successo.

L’attività fisica infatti comporta effetti positivi non solo sulla salute fisica, ma anche sul benessere mentale, sulle funzioni emotive e cognitive, andando inoltre a contrastare ansia e depressione.


Cosa favorisce l’invecchiamento attivo?

La dieta mediterranea si associa ad una diminuzione significativa della mortalità, ad un minor rischio di sviluppare malattie cardiache, coronariche e tumori.

Il fumo è nocivo per la salute poiché si alza il rischio di mortalità.

Uso moderato di alcolici: l’OMS suggerisce che poche quantità possono fungere da fattori protettivi nell’insorgere di malattie coronariche e di infarto dai 45 anni in su.

La capacità di controllo e la percezione soggettiva della stessa: si associa ad un equilibrio emotivo e all’abilità di saper gestire gli eventi negativi.

La perdita della percezione del controllo, oltre ad alimentare una condizione di impotenza nell’individuo, lo renderà più vulnerabile a infezioni batteriche e virali.

A quest’ultimo punto si lega il concetto di autoefficacia percepita, ovvero la consapevolezza di essere capaci di svolgere determinati compiti per raggiungere obiettivi sia nel lavoro, che in tutti gli altri contesti. Essa ha un ruolo importantissimo anche nelle relazioni e nel modo di agire.

Bandura parla di due meccanismi tramite i quali la convinzione di auto efficacia influenza la salute:

  1. La convinzione di saper gestire in modo adeguato situazioni stressanti attiva i sistemi biologici che si trovano alla base dello stato di salute.
  2. Avere la consapevolezza di poter conformare la propria condotta e le proprie abitudini a stili favorevoli per il mantenimento della salute, influenzano gli effetti positivi dei trattamenti sanitari.

Molte ricerche si sono poi focalizzate sull’influenza che la percezione di autoefficacia ha sul mondo emotivo: se l’anziano è capace di esprimere le proprie emozioni positive e di contenere quelle negative, sarà più predisposto a comprendere gli altri e a gestire le relazioni interpersonali.

È vero dunque che la vecchiaia comporta un declino di diverse funzioni neuropsicologiche, ma è altrettanto vero che questo può essere rallentato, attenuato e compensato tramite le capacità di riserva e plasticità del cervello (Nolan, Blass, 1992; Wilson, Bennett, Swartzendruber, 1997).

Dunque è necessario sradicare i pregiudizi che vedono l’anziano come un peso per la società o come necessariamente malato.

Continuare ad avere una vita sociale attiva sostiene il buon funzionamento delle capacità cognitive ed emozionali: l’attività ha infatti un ruolo protettivo nei confronti di condizioni come la depressione, la solitudine, l’ansia e la tristezza.

Bisogna mantenere vive le proprie passioni e i propri interessi anche nell’invecchiamento!


L’attività fisica nell’invecchiamento

L’American College of Sports Medicine sostiene che un programma di attività fisica ben studiato è in grado di portare benefici che non possono essere ottenuti con altre modalità terapeutiche.

Ma cosa si intende per attività fisica?

Tutti i movimenti che comportano un dispendio energetico al di sopra del livello basale.

Dunque l’attività fisica è un concetto più ampio rispetto a quello di esercizio fisico, poiché sono inclusi anche i lavori fatti in casa, gli spostamenti a piedi, il giardinaggio…

Proprio per questo, indipendentemente dalla modalità con cui l’esercizio viene condotto, negli anziani ciò che conta è promuovere l’attività fisica, in qualunque forma a patto che venga svolta con regolarità (De Beni, Borella, 2015).

Tra le attività comprese troviamo per esempio quelle del tempo libero, che migliorano la qualità della vita e la soddisfazione nelle persone anziane; in questo contesto aumentano anche emozioni e sentimenti positivi e l’interazione sociale e culturale.


Gli effetti sulla salute fisica

Sono i vantaggi che si evidenziano per primi. Si previene il rischio di cadute poiché aumenta la solidità delle ossa. L’attività fisica infatti è la strategia preventiva per eccellenza per prevedere le disabilità e dunque mantenere l’indipendenza dell’anziano.

L’American Heart Association considera la mancanza di attività fisica il fattore di rischio principale per la comparsa di malattie coronariche e cardiache.

Un’attività fisica regolare è poi utile per la riduzione dell’insorgenza di neoplasie, di diabete, obesità (De Beni, Borella, 2015).


Gli effetti sulla salute mentale

Moltissimi studi confermano la relazione che esiste tra l’attività fisica e aspetti come la depressione, l’ansia, l’autostima e il tono dell’umore in generale.

Una metanalisi condotta su anziani senza disturbi cognitivi over 65 da Park, Han e Kang nel 2014 ha confermato una diminuzione rilevante dei sintomi depressivi, una migliore qualità di vita e di autostima negli anziani che partecipavano ai programmi di attività fisica.


Gli effetti sul funzionamento cognitivo

Prima di tutto è opportuno specificare che in quest’ultima parte descriverò gli effetti positivi dell’attività fisica sul funzionamento cognitivo normale di un anziano, nei prossimi articoli sarà interessante vedere cosa succede nel funzionamento cognitivo patologico.

Anche in questo caso, grazie a delle metanalisi condotte negli ultimi anni siamo arrivati a conclusioni chiare.

Kelly e colleghi nel 2014 hanno preso in considerazione 24 studi condotti su persone sane di almeno 50 anni di età.

I risultati hanno mostrato che i partecipanti che hanno preso parte ai training di resistenza sono migliorati nelle capacità di ragionamento, quelli che hanno praticato il Tai Chi presentavano maggiore attenzione e velocità di elaborazione delle informazioni rispetto a chi non aveva praticato alcuna attività.

Per concludere, a prescindere dalle diverse definizioni di invecchiamento di successo, l’individuo può invecchiare bene attraverso scelte consapevoli che prendano in considerazione il benessere, fisico, psicologico e cognitivo.


Bibliografia

DE BENI, R., BORELLA, E. (2015). Psicologia dell’invecchiamento e della longevità. Bologna: il Mulino.
NOLAN, K., BLASS, J. (1992). Preventing cognitive decline. National Library of Medicine, 1, 19-34.
WILSON, R. S., BENNET, D. A., SWARTZENDRUBER, A. (1997). Handbook of Neuropsychology and Aging. Paul David Nussbaum Editor.


Dott.ssa Beatrice Visco Autrice presso La Mente Pensante Magazine
Dott.ssa Beatrice Visco
Dott.ssa in Psicologia Clinica e di Comunità
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