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Disturbo Ossessivo-Compulsivo

Rituali e dintorni: una storia “DOC”


Hai sonno. Le palpebre pesanti, metti a fuoco con fatica, ceni, mangiando lo stretto necessario.

Saluti i commensali e vai verso il desiderato letto. Non hai nemmeno voglia di metterti il pigiama, troppa è la stanchezza di una giornata passata tra studio e lavoro.

Ma, appena la testa tocca il cuscino, senti nascere in te un’inquietudine che non ti fa stare sereno. Senti di doverti alzare, di tornare al bordo del letto, e rifare i movimenti che ti hanno portato lì, a coricarti.

Lo fai, e nuovamente questa sensazione ti avvolge: torni ancora a ripetere il gesto, e la scena si ripete.

Fino a quando non crolli sul giaciglio, spossato. E con qualche lacrima che ti scende sulle gote.

È uno dei tanti momenti di chi è affetto da un particolare disturbo, chiamato “Disturbo Ossessivo-Compulsivo“, abbreviato in italiano con l’acronimo “DOC”.

Riguarda una particolare manifestazione di ansia che coinvolge il soggetto facendo fare lui dei rituali e di ripetere parole o frasi, pena un aumento di pensieri e sensazioni altamente negative. Sensazioni, attenzione, non pensieri razionali: se la persona non fa quei comportamenti, qualcuno della famiglia potrebbe morire, o la persona stessa.

Sensazioni che s’ingigantiscono facendo tremare il corpo, e scatenando momenti di terrore in chi le vive.

Generalmente questo disturbo si manifesta nei primi anni di età: i rituali ed i pensieri intrusivi fanno parte, tuttavia, dello stadio evolutivo di una persona, e in gran parte della popolazione si risolvono da soli. Ma il 2-3% della popolazione mondiale (fonte: Wikipedia) ne soffre anche in età adulta, non liberandosi mai di questi comportamenti grotteschi e fortemente debilitanti.

Spesso, però, non se ne parla col proprio medico, in quanto la vergogna di sentirsi etichettare come pazzi o strani fa desistere dal chiedere aiuto.


Convivere con un Disturbo Ossessivo-Compulsivo

In realtà questo è un disturbo con il quale ci si può convivere, anche senza ricorrere a farmaci o calmanti: già il fatto di non sentirsi soli aiuta.

Aiuta molto sapere che, quando quelle sensazioni strane compaiono, è segno che ci stiamo preoccupando su qualche situazione, parola detta, ricordo, ecc., in questo caso, la presa di coscienza e un’analisi dei motivi di questa preoccupazione può far ridurre la tensione ed i pensieri intrusivi.

Ci sono ovviamente diverse forme di gravità del DOC, ma in linea generale grazie anche al supporto di un professionista sanitario può servire a farci condurre un’esperienza alla pari di tutti gli altri.

Si impara a convivere con questi momenti, e trarre a nostro vantaggio gli episodi dove pensieri e rituali compaiono più frequentemente: può essere un progetto al quale stiamo pensando da settimane (un finanziamento, il lavoro che non ci piace più, ecc.), e focalizzandosi su di esso alla fine possiamo arrivare ad una soluzione.

Per esempio: riusciamo a capire dove ottenere i soldi che ci occorrono, pianifichiamo più colloqui di lavoro e lo stato d’ansia – rituali inclusi – viene meno.

Quando siamo troppo carichi di tensione, pensiamoci un attimo, cosa facciamo? Ci dedichiamo ad un’attività che ci piace, facciamo una camminata, andiamo in bicicletta, ascoltiamo della musica.

In altre persone, invece, compaiono nella propria testa delle frasi da ripetere, dei passi da fare in un certo modo, dal guardare il muro in quel determinato punto mentre si compie il gesto di lavarsi il viso…

È una modalità che la nostra psiche ha scelto per far fronte alle quotidiane sfide della vita.

Comprendere vuol dire risolvere.


Dott. Bruno Marzemin Autore presso La Mente Pensante Magazine
Dott. Bruno Marzemin
Psicologo | Psicoterapeuta
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